MES: gli interessi dei padroni attraversano i partiti
Da giorni infuria la polemica sul MES recentemente approvato dall’Eurogruppo[1] come strumento per fronteggiare la crisi economica scatenata dalla pandemia di COVID-19.
Quello che in particolare emerge dalle dichiarazioni dei principali attori politici coinvolti nella querelle è il rimpallarsi la paternità del Meccanismo Europeo di Stabilità e del coinvolgimento del nostro paese in esso. Dalle dichiarazioni di Salvini e Meloni alle repliche di Conte, il frastuono mediatico sul tema è notevole e uno sguardo più da vicino può aiutare a fare un po’ di chiarezza.
Sulla natura dell’Unione Europea e degli strumenti economici e finanziari adottati da questa istituzione del tutto conseguente agli interessi della borghesia abbiamo già avuto modo di esprimerci. Quello che emerge plasticamente andando a guardare al processo di approvazione della “modifica [all’] articolo 136 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l’euro”[2] è la trasversalità di questi interessi rispetto ai differenti schieramenti politici.
Già facendo attenzione a quelli che nel 2011, in una situazione difficile a causa dei contraccolpi della crisi economica, furono i relatori della proposta presentata al Parlamento Europeo per l’istituzione del MES se ne può avere un sentore. Si parla infatti di Roberto Gualtieri, attuale ministro dell’Economia che ha partecipato alle recenti riunioni dell’Eurogruppo, al tempo eletto eurodeputato fra le file del PD e naturalmente iscritto al gruppo del PSE: il centro-sinistra nello scacchiere europeo, ed Elmar Brok, eurodeputato tedesco eletto nelle file della CDU e iscritto al gruppo del PPE: il centro-destra della politica europea.
Andando a guardare i voti[3] a favore della risoluzione si possono trovare ovviamente i gruppi del PSE e del PPE ma anche i centristi dell’ALDE[4], membri dell’ECR[5] e dell’EFD[6], entrambi gruppi di destra di cui il secondo si attestava e si attesta su posizioni più marcatamente “euroscettiche”, e il gruppo dei Verdi. Insomma quando la crisi economica mette a repentaglio gli interessi dei capitalisti la comunanza di intenti fra i diversi esponenti politici travalica schieramenti, partiti e ostilità.
Uno sguardo alla situazione politica italiana può aiutare a comprendere fino a che punto ciò che oggi il centrosinistra e il Movimento 5 Stelle accettano per il nostro paese sia il frutto di scelte politiche fatte in precedenza dal centrodestra, checché ne dicano Salvini e Meloni, ad ulteriore riprova della trasversalità di rappresentanza politica di cui godono gli interessi della borghesia. Difatti quando nel 2011 si arrivò alla formulazione del MES al governo in Italia c’era il quarto esecutivo guidato da Silvio Berlusconi sorretto da una maggioranza di centrodestra costituita dal Popolo delle Libertà e dalla Lega Nord. A rappresentare l’Italia all’eurogruppo e a dare l’approvazione all’istituzione del MES c’era l’allora ministro Tremonti[7]. In questa fase la Lega quindi sosteneva il governo alla Camera e al Senato e Giorgia Meloni ricopriva il ruolo di ministro della Gioventù. Dopo le fasi di trattiva e il passaggio attraverso le istituzioni europee il governo nella riunione del Consiglio dei Ministri del 3 agosto 2011, su proposta dell’allora ministro degli Esteri Frattini, approvò il disegno di legge per la ratifica della istituzione del MES che sarebbe stata poi votata l’anno seguente da Camera e Senato.
L’anno seguente l’Italia veniva guidata da un governo di larghe intese il cui presidente del Consiglio era Mario Monti sostenuto dal centro-destra e dal centro-sinistra. Le camere si riunirono a luglio e una larga maggioranza votò favorevolmente.
A Matteo Salvini, eurodeputato ma assente il giorno in cui nel 2011 il Parlamento Europeo votava sul MES, andrebbe chiesto perché la Lega votò contrariamente solo nel 2012 alla Camera e al Senato, quando c’era un’amplissima maggioranza pronta a ratificare il MES, e non si oppose l’anno precedente togliendo il sostegno al governo italiano che conduceva le trattative per l’istituzione del meccanismo stesso.
A Giorgia Meloni, che grida al tradimento, andrebbe chiesto come mai fosse assente nel 2012 il giorno in cui si votava alla camera per la ratifica del MES; inoltre andrebbe chiesto come mai fosse rimasta nel 2011 a fare il ministro del governo che aveva dato parere favorevole alla istituzione del MES e che aveva proceduto in sede di consiglio dei ministri a renderlo un disegno di legge.
La breve cronistoria alla quale ci siamo dedicati restituisce la fotografia degli interessi che muovono la politica nel nostro paese e in Europa, sono gli interessi delle banche e dei padroni che devono tutelare i loro profitti a danno delle condizioni di vita di lavoratori e classi popolari, soprattutto nei periodi di crisi.
Sono interessi che hanno rappresentanti in tutti gli schieramenti politici al di là del teatrino mediatico che spesso ci offrono i partiti e i leader. A tutto questo la risposta non può che essere politica, ma un diverso tipo di politica: il protagonismo dei lavoratori e delle classi popolari, la presa di coscienza di poter e dover lottare per tutelare i propri interessi contro quelli dei padroni.
[1] l’insieme dei ministri dell’Economia dei paesi dell’Eurozona.
[2] Il dettaglio qui.
[3] Ibid.
[4] Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa.
[5] European Conservatives and Reformists.
[6] Europe of Freedom and Democracy.
[7] L’ironia della sorte vuole che nella puntata della rubrica Tg2Post del 31 marzo Tremonti con una battuta sulla durezza degli olandesi nelle trattive si trovi per caso ad anticipare l’esito della riunione dell’Eurogruppo che pochi giorni fa ha approvato l’introduzione del MES, min. 11 http://www.tg2.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-a359f535-1ce7-47c9-8590-d22bd05adfa6-tg2.html#p=0.