La rimozione della statua di Konev ennesimo atto di anticomunismo e revisionismo storico in Europa
Lo scorso 3 aprile, nel sesto distretto di Praga, capitale della Repubblica Ceca, per decisione dell’amministrazione locale è stato rimosso il monumento al maresciallo sovietico Ivan Stepanovich Konev, che ebbe un ruolo centrale nella liberazione dell’Europa orientale e guidò le forze dell’Armata Rossa nell’offensiva di Praga, grazie alla quale, tra il 5 e 12 maggio del 1945, fu liberata gran parte della Cecoslovacchia dopo anni di occupazione nazista seguiti alla Conferenza di Monaco del 1938. Il monumento fu eretto nel 1980 in occasione del 35° anniversario dall’ingresso delle truppe del 1° Fronte ucraino nella capitale cecoslovacca il 9 maggio 1945, mettendo fine ad una occupazione che causò la morte di circa 360.000 cecoslovacchi. Un evento passato alla storia come l’ultimo grande scontro della seconda guerra mondiale in Europa, che sigillò la grande Vittoria Antifascista dei Popoli insieme alla contemporanea presa di Berlino e la capitolazione incondizionata dei nazisti.
La decisione dell’amministrazione locale guidata dal partito di destra TOP09 (in cui una delle maggiori influenze è del nobile Schwarzenberg, la cui casa fu collaborazionista con gli occupanti nazisti), non arriva all’improvviso ma segue una serie di tentativi che in passato furono bloccati dalle proteste, come nel settembre scorso.
L’amministrazione locale ha anche posizionato dei pannelli dispregiativi che, dietro il pretesto di “correggere i fatti storici”, oscuravano il ruolo del maresciallo Konev e dell’Armata Rossa nella liberazione di Praga. Inoltre, la statua è stata anche completamente ricoperta con dei teli con il pretesto di “proteggerla” dagli “atti di vandalismo” da parte di gruppi neonazisti che agiscono mano nella mano con l’amministrazione. Con diverse azioni di protesta e incontri commemorativi di fronte al monumento, centinaia di cittadini hanno espresso più volte il loro dissenso verso questi atti di revisionismo storico, rimuovendo pubblicamente la copertura alla statua del maresciallo, che rappresenta uno dei luoghi simbolici di ritrovo del movimento antifascista, per la pace e comunista ceco, come dimostra la notevole partecipazione popolare al raduno dello scorso 27 gennaio in occasione dell’anniversario della liberazione del campo di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa e l’omaggio di migliaia di persone che il 9 maggio di ogni anno giungono da ogni parte del paese per portare un fiore.
Approfittando della situazione creatasi con la diffusione della pandemia del Covid-19, l’amministrazione comunale ha portato adesso a termine i suoi meschini intenti in un momento in cui non c’è la possibilità di opporsi da parte di cittadini e organizzazioni antifasciste e comuniste a causa dei divieti di raduni ed eventi pubblici.
Nella sua dichiarazione di protesta l’Unione della Gioventù Comunista (KSM) parla di «un altro passo verso la riscrittura della storia, che è anche un passo verso la riabilitazione del nazismo» insieme con «la politica dell’UE che ha intensificato la campagna per riscrivere la storia della seconda guerra mondiale con l’obiettivo di cancellare le vittorie progressiste dalla memoria dei popoli». La segreteria dell’Iniziativa Comunista Europea ha espresso una dura condanna di un’azione giudicata come «provocatoria e abominevole», chiedendo la revoca della decisione e il riposizionamento della statua al suo posto. «È incredibile e vergognoso – si legge nella dichiarazione della ICE – che le autorità governative, in circostanze così straordinarie e nonostante la loro responsabilità dovrebbe esser concentrata tutto il giorno ad occuparsi della pandemia del coronavirus, stanno dedicando il loro tempo e le loro forze per tali azioni che distorcono la Storia».
«Si tratta – prosegue – di un altro atto incentivato dall’anticomunismo dell’UE e dalla recente oltraggiosa risoluzione del Parlamento europeo. È un insulto al popolo ceco e al suo contributo alla lotta antifascista, così come alla memoria dei 140.000 soldati dell’Armata Rossa caduti in Cecoslovacchia. Si sbagliano – conclude – se credono che con tale oscenità, agendo come un ladro di nascosto dalla gente, possono riscrivere la Storia che è stata irrevocabilmente scritta con il sangue dei popoli».
Tra le diverse organizzazioni che hanno mostrato la propria indignazione e opposizione, anche il Consiglio Mondiale della Pace (WPC) che ha fermamente condannato «la vergognosa distruzione del memoriale» qualificando l’azione del comune di Praga come un atto «di vendetta e anticomunismo che costituisce un ulteriore sforzo per far dimenticare la storia e riscriverla». «Questa azione codarda – prosegue – non sarà tollerata dalla gente amante della pace e dalla mentalità antifascista di Praga e della Repubblica Ceca. Né le forze antimperialiste che amano la pace nel mondo accettano azioni che denunciamo fermamente. La falsificazione della storia e dei fatti non può e non prevarrà!».
In altre città ceche, come ad Ostrava e Brno, memoriali dedicati alla lotta antifascista sono oggetto di attacchi simili da parte di forze di destra e neonaziste. In Polonia nel 2017 è stato abbattuto il Mausoleo dell’Armata Rossa a Trzcianka e nel marzo del 2019 quello dedicato al comunista greco Nikos Beloyannis, nella città di Wroclaw (Breslavia), per citare solo due degli atti più deplorevoli della distruzione di molti altri memoriali degli eroi della resistenza antifascista e del movimento operaio a seguito della cosiddetta legge di decomunistizzazione, mentre prosegue la persecuzione giudiziaria verso membri del Partito Comunista Polacco (KPP) come parte della campagna delle autorità statali per bandirlo, dopo la modifica del codice penale che introduce il divieto di propaganda, azione e simboli comunisti. In Ucraina il nuovo codice elettorale entrato in vigore a gennaio vieta definitivamente ogni partecipazione elettorale alle organizzazioni comuniste mentre si glorificano i collaboratori del nazismo. Un altro recente attacco anticomunista è avvenuto in Georgia, dove il presidente del Partito Comunista Unificato di Georgia, Temur Pipia, è stato arrestato di ritorno dalla Russia perché in possesso di 300 medaglie commemorative per il 75° anniversario della vittoria sul fascismo, sulla base della legislazione anticomunista che proibisce i simboli comunisti, equiparandoli ai simboli nazisti. Non sono da meno nemmeno le autorità russe che nel mese di febbraio hanno bandito l’organizzazione comunista Rot Front, raggruppamento di classe di cui fa parte anche lo storico Partito Comunista Operaio Russo (RKRP) che aveva subito già la stessa sorte nel 2007 ed oggi si trova privo di qualsiasi registrazione legale con la conseguenza di dover affrontare grossi ostacoli per la sua attività pubblica.
Ci fermiamo solo agli ultimi fatti in ordine di tempo di un elenco che potremmo continuare a lungo in numerosi paesi europei, nei paesi baltici, i ripetuti arresti di militanti, i processi e le detenzioni di comunisti e altri militanti. Per questo la rimozione della statua del maresciallo Konev assume particolare rilevanza a pochi giorni dal 75° anniversario della Grande Vittoria Antifascista dei Popoli, inserendosi nella campagna di revisionismo storico e isteria anticomunista portata avanti dalle classi dominanti dei paesi capitalisti e dall’UE, che l’ha adottata come sua ideologia ufficiale, come dimostra la recente vergognosa risoluzione di equiparazione tra il mostro fascista generato dal capitalismo e la sua negazione, il comunismo, che richiede l’ulteriore assunzione e generalizzazione in tutta Europa di misure anticomuniste, con il divieto di simboli, monumenti e rafforzamento della repressione dei partiti comunisti.
L’incessante attività degli apologeti del capitalismo vuol riscrivere e falsificare la storia per adattarla agli obiettivi e strategie dei capitalisti nella odierna lotta di classe attraverso la distorsione del ruolo dell’URSS e dei movimenti popolari resistenziali, la manipolazione della memoria collettiva dei popoli sugli eventi della seconda guerra mondiale e la negazione del ruolo del movimento comunista e operaio internazionale nella lotta contro il nazifascismo.
In questo modo mirano a rimuovere le responsabilità dei capitalisti e del loro sistema nel generare il mostro nazifascista e la seconda guerra mondiale che, come la prima, fu conseguenza del forte acuirsi delle contraddizioni interimperialistiche e della lotta per la spartizione del mondo, per risolvere a proprio vantaggio le crisi economiche, le competizioni internazionali e schiacciare il movimento operaio e il suo faro rappresentato dall’URSS. Ieri come oggi, dove l’anticomunismo va infatti di pari passo con la promozione di piani e politiche antipopolari, la riabilitazione del fascismo, la promozione del nazionalismo e del razzismo, l’assalto ai diritti sociali, democratici, sindacali, alle conquiste che sono state conseguite attraverso le dure lotte della classe operaia e degli strati popolari (anche grazie all’influenza delle conquiste sociali nei paesi socialisti) e il dispiegarsi di sempre più pericolosi piani di guerra del capitale con il rischio di una nuova conflagrazione mondiale.
Tutti questi sforzi da parte delle classi dominanti mirano a cancellare la memoria delle conquiste del socialismo, l’esperienza storica e prevenire la messa in discussione del sistema di sfruttamento capitalistico. Ma si scontrano con la realtà proprio in un momento in cui il capitalismo mostra il suo vero barbaro volto e i suoi limiti storici mentre si affaccia una nuova crisi economica di una portata senza precedenti. La difesa della verità e memoria storica nel 75° anniversario della vittoria antifascista dei popoli, dei principi dell’internazionalismo proletario, della rivoluzione e prima edificazione socialista, assume la sua forza nella lotta per i diritti, gli interessi e le necessità contemporanee della classe operaia e degli strati popolari per tornare a scrivere le nuove pagine della storia della lotta per l’emancipazione dell’umanità dalla barbarie.