Hegel e Marx: dall’Idealismo al Materialismo storico. Una risposta a Fusaro e Gentile 1/3
Mandare in soffitta Marx è un’ambizione che ha accomunato, nel tempo, reazionari e progressisti, revisionisti e sedicenti “marxisti”. In anni recenti si è andato rafforzando il velenoso tentativo di liquidare Marx adagiandolo sul letto di Procuste di Hegel, con il duplice scopo di dimostrare che Marx è inferiore al maestro e il Marx che si professa non hegeliano è, invece, un metafisico che, applicando la dialettica hegeliana alla materia della vita, approda a tutta una serie di contraddizioni inestricabili. In conclusione, Marx sarebbe un filosofo da strapazzo che oscillerebbe tra “autofraintendimenti ed equivoci di varia natura”[1] frutto di “un’ambiguità che perseguiterà Marx”[2] nel corso della sua vita intellettuale.
Nel fiorente campo del revisionismo filosofico antimarxista spicca Fusaro, autore di Marx idealista. La chiave di lettura di Fusaro è, per sua stessa ammissione, la medesima che adottò Giovanni Gentile a fine Ottocento, per il quale Marx era un hegeliano comunista e la critica ad Hegel era una critica aporetica.[3]
Ci occuperemo, quindi, di Fusaro, esaminando, oltre che la copia sbiadita, anche l’originale, prodotto da Gentile con la sua Filosofia di Marx. L’intento, apertamente dichiarato da Gentile, è quello di colpire Marx, la teoria del materialismo storico, “da lui messa a leva d’una gravissima dottrina sociale”,[4] e “tutto lo scheletro insomma di quella filosofia, che si vuole insita nella concezione materialistica della storia, posta a fondamento della dottrina comunista”.[5]
L’interpretazione gentiliana di Marx, come hegeliano comunista, è viziata dalla incapacità teoretica del Gentile di cogliere ed analizzare i motivi teoretici che spingono Marx a liberare la ricerca, durante il periodo giovanile, da ogni limite dogmatico-metafisico, dalle barriere del metafisicismo. A partire dalla filosofia marxiana la metafisica diventa il caput mortuum, l’asilum ignorantiae di ogni ragione ipostatizzante.
Questa incapacità di leggere Marx, o il vizio di origine di leggerlo come hegeliano comunista, culmina nella prefazione del Gentile all’opera La filosofia di Marx allorché definisce il pensiero di Marx come una “metafisica o intuizione del mondo”,[6] come un “materialismo metafisico”.[7]
Anche l’allievo di Gentile, Fusaro, prigioniero degli schemi malcompresi del suo maestro, non comprende la filosofia di Marx e la trasforma in metafisica, a dispetto dell’evidenza teoretica dell’elaborazione del filosofo di Treviri. Marx non sarebbe altro che un un “idealista nato”.[8]
L’ontologia materialistica
Per Gentile, gli “hegeliani comunisti” (e quindi Marx) non capiscono che la realtà nella sua autonomia, è un accidens, l’accidentalità, il non essere, e che ha il suo significato in quanto si inscrive nell’Assoluto; l’aver capito ciò sarebbe merito di Hegel.
Osserva Gentile: “L’Idea, lungi di essere opposta alla realtà, è, per Hegel l’essenza del reale. […] E la materia del materialismo storico, lungi dall’essere esterna ed opposta alla Idea di Hegel, vi è dentro compresa, anzi è una cosa medesima con essa, poiché, […] lo stesso relativo (ché esso è la materia di cui si parla) non solo non è fuori dall’assoluto, ma è identico ad esso”.[9]
Fusaro ripete senza particolari originalità: “L’identità soggettivo-oggettiva messa a tema da Hegel resta il fundamentum anche della filosofia di Marx”.[10] Entrambi i filosofi “esprimono la negazione dell’indipendenza dell’oggetto dal soggetto”.[11]
Grave errore degli “hegeliani comunisti” – insiste Gentile – è quello di considerare il “relativo […] da una parte, qui, giù […] e l’assoluto lassù […] l’uno insomma di fronte all’altro in due campi nemici”,[12] ”di aver buttato all’aria l’assoluto […] per tenersi al fatto, al dato dell’esperienza cioè al relativo”[13] e di costringere il relativo “a far le parti dell’assoluto. […] Immanente l’assoluto; […] immanente il relativo. L’assoluto si sviluppa dialetticamente; quindi […] si sviluppa dialetticamente il relativo. Il processo dell’assoluto si determina a priori; e però determinabile pure a priori […] il relativo”.[14]
In Fusaro, così come in Gentile e in Hegel, il materialismo – in quanto irrimediabilmente colpevole di attribuire al finito, in quanto tale, un vero essere – non merita di appartenere alla filosofia.
La “vera” filosofia è l’idealismo, è la “filosofia del concreto”, mentre la scienza e il materialismo, che pongono l’oggetto fuori dal soggetto,[15] sono accusati, proprio per questo, di essere dogmatici. Gentile ritiene che il pensiero critico si fondi su una ampia schiera di ipostasi (Dio, l’anima, l’Idea, ecc.).
Non a caso: il finito – per Gentile, sulla scia di Hegel – non ha realtà in sé ( non ha “presenza a se stante”, scrive Fusaro)[16] ma ha per sua essenza e fondamento l’infinito, e quindi tutto ciò che esso non è. Ne consegue la concezione negativa della sensibilità, dell’esperienza empirica perché essa riposa sull’altro da sé cioè sul pensiero.
La materia nella sua autonomia è il non-essere, cioè è sprovvista di significato ontologico e deontologico e per acquistare tale significato deve avere a suo fondamento una realtà ontologica assoluta. La materia pertanto sottintende una concezione unitario-metafisica della realtà.
“La materia del materialismo storico – scrive Fusaro citando Gentile – lungi dall’essere esterna ed opposta alla Idea di Hegel, vi è dentro compresa, anzi è una cosa medesima con essa”.[17]
Il finito esiste solo come negazione che serve allo sviluppo dell’infinito; il finito non è la vera realtà, ma un che di “posto” o creato dal concetto stesso: “la proposizione che il finito è ideale – scrive Hegel – costituisce l’idealismo [che] consiste soltanto in questo, nel non riconoscere il finito come vero essere”.[18]
Ne consegue che la logica del finito è, per Gentile. “la logica dell’astratto” e la logica dell’infinito è “la logica del concreto”. [19]
A questo punto ecco la sentenza di Fusaro che, trionfante, afferma, citando Hegel: “il vero è l’intero”,[20] cioè l’Assoluto, mentre il mondo empirico, fuori dall’Assoluto non esiste, non ha né significato né vita autonoma. Il guaio – che rivela un profondo dilettantismo ed una grave pigrizia intellettuale – è che sovrappone queste considerazioni, tutte hegeliane, al pensiero di Marx[21] non avvedendosi che Marx teorizza esattamente l’opposto.
Infatti il concetto di materia in senso critico esprime, in Marx, una concezione pluralistico-dialettica della realtà. La materia – cioè l’attività, l’azione materiale dell’uomo – è, per Marx, il piano di intelligibilità del reale; essa esprime il carattere di concretezza, di differenziazione, di obiettività teorica e pragmatica del reale quale ci è positivamente dato, pertanto essa è la forma del mondo in cui vive e opera l’umanità.
La concezione negativa della materia verrà criticata da Marx sulla base di una concezione positiva della materia secondo la quale la materia empirica, nella sua empiricità, è un positivo, ha una sua razionalità senza avere il suo fondamento in una ipostasi, in una realtà assoluta, come lo spirito di Hegel.
Tale concetto positivo della materia è espresso da Marx, ad esempio, nell’Ideologia tedesca, allorché fissa come punto di partenza per istituire un processo d’indagine critica o scientifica i dati materiali cioè i “presupposti reali”.
“Il primo presupposto di tutta la storia umana è naturalmente l’esistenza di individui umani viventi. […] Ogni storiografia deve prendere le mosse da queste basi naturali e dalle modifiche da esse subite nel corso della storia per l’azione degli uomini. Si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per tutto ciò che si vuole; ma essi cominciano a distinguersi dagli animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza, un progresso che è condizionato dalla loro organizzazione fisica. Producendo i loro mezzi di sussistenza gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale”.[22]
Per Marx, la materia è il positivo perché la “realtà empirica […] è razionale per sua propria razionalità […] perché il fatto empirico ha, nella sua empirica esistenza […] una propria universalità”,[23] un proprio valore ontologico.
Questa concezione della positività della materia da Marx sarà ribadita più avanti quando scriverà: “Fondamentalmente, il mio metodo non è solo differente da quello hegeliano, ma ne è anche direttamente l’opposto. Per Hegel il processo del pensiero, che egli trasforma addirittura in soggetto indipendente con il nome di Idea, è il demiurgo del reale, che costituisce a sua volta solo il fenomeno esterno dell’idea o processo del pensiero. Per me viceversa, l’elemento ideale non è altro che l’elemento materiale trasferito e tradotto nel cervello degli uomini”.[24]
La concezione positiva della materia è la costante che accompagna Marx dalla giovinezza alla maturità.
Diamo ancora la parola a Marx: la materia è “il mondo esterno sensibile. La natura è il materiale su cui il suo lavoro [cioè dell’operaio] si realizza, in cui esso è attivo, da cui e mediante cui esso produce. Ma come la natura fornisce l’alimento del lavoro, nel senso che il lavoro non può sussistere senza oggetti, sui quali esercitarsi, così essa fornisce d’altra parte gli elementi in senso stretto cioè i mezzi per la sussistenza fisica dell’operaio stesso.”[25]
Inoltre, nell’Introduzione a Per la critica dell’economia politica Marx ci ricorda che l’“elaborazione in concetti” non è possibile “al di fuori e al di sopra dell’intuizione e della rappresentazione”,[26] concetto sottolineato, sempre nell’Introduzione, con il riconoscimento che “il soggetto, la società deve essere presente alla mente come presupposto” e che “il concreto è concreto perché è sintesi di molteplici determinazioni ed unità, quindi, del molteplice [… ed è] il punto di partenza dell’intuizione e della rappresentazione”.[27]
È, quindi del tutto infondato quanto asserito da Fusaro, secondo cui “quello di Marx è un materialismo senza materia, ossia un idealismo in cui la materia appare soltanto come metafora”.[28]
Ma l’opera di Fusaro su Marx è infarcita di errori grossolani. Ne proseguiremo l’esame nella seconda parte di questo saggio.
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[1] D. Fusaro, Marx idealista, Mimesis, Milano, 2018, p. 98.
[2] Ivi.
[3] Aporia: difficoltà di fronte alla quale viene a trovarsi il pensiero nella sua ricerca, sia che di tale difficoltà si ritenga raggiungibile la soluzione, sia che essa appaia intrinseca alla natura stessa della cosa, e quindi ineliminabile.
[4] G. Gentile, La filosofia di Marx, Sansoni, Firenze, 1974, p. 63.
[5] Ibidem, p. 71. Questa affermazione d’intenti è la prova che è falso il tentativo, in sede filosofica, di voler valutare il pensiero gentiliano al di fuori della sua partecipazione organica al regime dittatoriale, autoritario, poliziesco, repressivo fascista, dalla riforma della scuola alla elaborazione della prima parte della Dottrina del Fascismo, all’appello all’unità degli italiani attorno alla R.S.I.
Il fascismo per Gentile non è stato un accidens ma il sito naturale del suo feroce anticomunismo, del suo conservatorismo borghese.
[6] G. Gentile, La filosofia di Marx, cit., p. 6.
[7] Ibidem, p. 4.
[8] D. Fusaro, Marx idealista, cit., p. 18. Qui Fusaro riprende alla lettera il giudizio di Gentile (cfr. La filosofia di Marx, già citata, p. 164).
[9] G. Gentile, La filosofia di Marx, cit., pp. 54-5.
[10] D. Fusaro, Marx idealista, cit., p. 12.
[11] Fusaro, Il futuro è nostro. Filosofia dell’azione, Bompiani, Milano, 2016, p. 286.
[12] G. Gentile, La filosofia di Marx, cit., p. 55.
[13] Ibidem, p. 56.
[14] Ibid. pp. 56-7.
[15] Il metodo della scienza – scrive Gentile – è “implicito tutto in quel principio del presupporre dogmaticamente il proprio oggetto” (in G. Gentile, Sistema di logica, Sansoni, Firenze, 1940, I, p. 30).
[16] D. Fusaro, Il futuro è nostro. Filosofia dell’azione, Bompiani, Milano, 2016, p. 279.
[17] D. Fusaro, Marx idealista, cit., 27.
[18] G.G.F. Hegel, Scienza della logica, Laterza, Bari, 1925, I, pp. 169-70.
[19] “La filosofia greca, naturalistica prima di Socrate, idealistica da Socrate ad Aristotele, e naturalmente idealistica dopo, a chi guardi a questo suo costante carattere, onde sempre cercò lo spirito nell’antecedente dello spirito (natura) è tutta quanta propriamente naturalistica; e, come tale, non filosofica, ma partecipante della natura propria delle scienze particolari” in G. Gentile, Sistema di logica, cit., p. 30.
[20] D. Fusaro, Marx idealista, cit., p. 150.
[21] Citiamo, a titolo meramente esemplificativo: “Nel senso della hegeliana Scienza della logica quella sviluppata da Das kapital si configura come una scienza filosofica dell’identità delle categorie di essere e pensiero (D. Fusaro, Marx idealista, cit., 54)
[22] K. Marx – F. Engels, L’ideologia tedesca, in Opere complete, Editori Riuniti, Roma, 1972, p. 17.
[23] K. Marx, Manoscritti economico-filosofici, in Opere filosofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma, 1963, p. 19.
[24] K. Marx, Il capitale, ed. Rinascita, Roma, 1955, pp. 27-8.
[25] K. Marx, Manoscritti economico-filosofici, cit., p. 195.
[26] K. Marx, Introduzione alla critica dell’economia politica, in Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma, 1957, pp 188-9.
[27] Ivi.
[28] D. Fusaro, Marx idealista, cit., p. 102