F35? Parliamone
Quello del velivolo F35 è soltanto l’ultimo capitolo di una storia che comincia subito dopo la seconda guerra mondiale. Fin da allora il nostro paese ha acquistato dagli Stati Uniti tutta una serie di velivoli militari con criteri che definire incomprensibili sarebbe un eufemismo. Velivoli obsoleti, spesso dismessi dall’aeronautica americana, in alcuni casi in chiara concorrenza con velivoli di produzione nazionale o addirittura doppioni senza alcuna giustificazione.
Abbiamo assistito in questi anni ad un susseguirsi di “scelte” discutibili da cui si sono ricavati, ma pagandoli a peso d’oro, livelli occupazionali modesti, scarsa crescita di conoscenza tecnica e nessun avanzamento delle capacità progettuali di cui pure il nostro Paese era ricco.
Dopo la fine della guerra, fin da subito, la nostra industria aeronautica diede prova di vitalità e di grande capacità di progettazione e di realizzazione riprendendo la sua grande tradizione. La Fiat Aviazione, l’Aermacchi e l’Aerfer produssero progetti molto interessanti e qualificati. In Fiat nacque il G80, in Aermacchi il velivolo MB 326 e l’Aerfer Costruì il Sagittario1. Fu il prologo di una rinascita prepotente che vide nel velivolo Fiat G91 la sua migliore espressione.
Nel 1953 il Fiat G91 fu presentato al concorso della NATO per un aeroplano che avrebbe dovuto equipaggiare alcune nazioni europee. Il progetto fu approvato e la Fiat passò alla costruzione degli esemplari pre-serie, il primo dei quali volò nel 1956.
L’esame dell’aeroplano, in confronto con i diretti concorrenti francesi, portò alla vittoria del G91 che quindi aveva tutte le carte in regola per diventare non soltanto il nuovo caccia italiano, ma addirittura il nuovo caccia europeo.
Il successo fu enorme e, tra le tante altre nazioni, la Germania ne acquistò 50 esemplari ed ottenne la licenza per costruirne altre centinaia. Contemporaneamente l’Aermacchi sviluppava il velivolo MB 336 mentre l’Aerfer realizzava il Sagittario2, primo velivolo supersonico italiano. Sarebbe stato il momento giusto per sostenere e rilanciare l’industria aeronautica nazionale. Invece si scelse di dotare l’Aeronautica militare di velivoli, ovviamente americani, che erano stati usati durante la guerra e che non erano certo quanto di più moderno sullo scenario aeronautico.
Per la verità arrivò anche qualche velivolo più moderno come il Locheed F104. Però questo aereo dalle prestazioni “da missile” si rivelò scarsamente affidabile e, a causa degli innumerevoli incidenti, si guadagnò l’appellativo di “bara volante” o “creatore di vedove”. Non è un caso dunque se nel 1975 fu radiato dall’aeronautica statunitense, così come non è un caso, purtroppo che in Italia rimase in servizio fino al 2004. Come spesso avviene, in questa triste storia, non sono mancati scandali clamorosi e casi di corruzione. Basti pensare allo scandalo Locheed che coinvolse la politica italiana fino alle sfere più alte. E tutto per acquistare il velivolo Hercules C 130 che era, per finalità operative, praticamente un duplicato del G222 interamente progettato e prodotto in un Italia in cui, nonostante tutto, il comparto aeronautico continuava a progettare e produrre velivoli di altissimo livello. Vennero infatti l’AMX, destinato a sostituire il G91, e l’Aermacchi MB 339 che sarebbe stato adottato in seguito dalla pattuglia acrobatica; oltre alle collaborazioni europee che generarono velivoli splendidi come il Tornado, ma soprattutto l’ Eurofighter, un aeroplano con caratteristiche paragonabili all’F35, ma che i politici italiani si affrettarono a dire che era “molto più costoso”. Non era vero: costava la metà.
Ma veniamo adesso al nostro F35.
Nome : Lockheed Martin F 35 Lightning II
Costruttore: Lockheed Martin
Costo unitario: 103 milioni di dollari
Peso a vuoto: 13000 Kg
Peso massimo al decollo: 31800 kg
Capacità carburante: 8383 Kg
Questi ultimi 3 numeri hanno un significato preciso: questo velivolo può portare, per ogni missione, 10400 kg di bombe. Una spaventosa macchina da guerra, quindi. Ma la domanda è: a noi serve? La risposta è certamente e decisamente no perché non è sicuramente un’arma di difesa. E allora perché la compriamo? È il nostro contributo all’imperialismo americano che della guerra si nutre e che della guerra non può fare a meno, il nostro contributo al mantenimento dello status quo,”dell’ordine mondiale” basato su spaventose disuguaglianze ed insopportabili sopraffazioni. All’inizio ne avevamo addirittura opzionati 130 per una spesa di circa 14 miliardi. Ora pare che ne compreremo “soltanto” 90. Quanto spenderemo? Soltanto per l’acquisto spenderemo 9 miliardi a cui bisogna aggiungere le spese accessorie e di gestione e manutenzione [basti pensare che ad esempio il casco speciale costa 400.000 dollari mentre un’ora di volo costa 40.000 dollari]. Sui costi di mantenimento (ricambi, sistemazioni, addestramento piloti, gestione ordinaria a terra), naturalmente i politici ed i militari sono estremamente “abbottonati”.
Secondo fonti qualificate il costo per l’intera vita operativa dei velivoli sarà di 50 miliardi a fronte dei quali, sempre secondo le stesse fonti, ci sarà un ritorno in posti di lavoro estremamente limitato. La storia dunque si ripete!
Ma con questa massa enorme di denaro quante scuole, quanta ricerca, quanta sanità pubblica si potrebbero finanziare? La domanda è retorica e la risposta è scontata. Solo che c’è una necessità prevalente, prioritaria, quasi un obbligo assoluto: le gabelle al sovrano vanno pagate, da buoni sudditi. Il tutto per continuare a mantenere il mondo così come è stato costruito. Un mondo fatto per
pochi privilegiati a spese di miliardi di persone che non hanno neanche di che sfamarsi. Dalla nostra non ci rassegniamo e continuiamo a credere che un altro mondo è possibile e non è certo un mondo “sconfitto dalla storia” come qualcuno ama dire: il mondo in cui crediamo e per cui lottiamo è l’unica speranza per l’intera umanità.
Contributo del Fronte militante per la ricostruzione del partito comunista