72 anni dopo la “Nakba” Israele si prepara ad annettere i territori della Cisgiordania occupata
Il 72esimo anniversario della Nakba, in cui si ricorda la “catastrofe” con l’uccisione di 15mila palestinesi e la deportazione di altri 750mila, è contrassegnato dai piani dello Stato d’Israele di annettere unilateralmente i Territori Palestinesi Occupati della Valle del Giordano e delle porzioni di Cisgiordania dove sono situati gli insediamenti coloniali, sulla base del “piano Trump” dello scorso 28 gennaio.
La visita del segretario di stato Usa, Mike Pompeo, del 13 maggio per suggellare la nascita del nuovo governo israeliano di “unità nazionale” fondato sull’alleanza tra il leader della destra Netanyahu e il centrista già capo di stato maggiore Gantz (con rotazione tra i due tra 18 mesi), è stata carica di simbolismo e significato, alla vigilia del giorno della proclamazione dello Stato d’Israele (14 maggio 1948), del secondo anniversario del trasferimento dell’ambasciata Usa in Israele a Gerusalemme occupata e dell’anniversario della Nakba.
Nel suo primo viaggio all’estero nel periodo di pandemia, Pompeo ha dato il via libera de facto ai piani di annessione di Israele a partire dal 1° luglio. Secondo il progetto concordato con gli USA, la sovranità israeliana potrebbe estendersi per circa il 30-40% della Cisgiordania, comprendendo la Valle del Giordano (ad eccezione dell’enclave Gerico), la zona nord del Mar Morto e gli insediamenti illegali sionisti di oltre 620.000 coloni, in palese violazione delle convenzioni internazionali dato che si tratta di territori considerati sotto occupazione militare a seguito della Guerra dei Sei Giorni del 1967.
Da allora l’occupante sionista controlla i confini della Cisgiordania e la maggioranza dei Territori palestinesi, con gli Accordi di Oslo del 1993 che suddividono la Cisgiordania in 3 settori amministrativi: l’area A, circa il 18% del territorio, sotto il controllo e amministrazione dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP); l’area B, circa il 22%, sotto amministrazione dell’ANP ma sotto controllo di Israele; infine, l’area C, che copre circa il 62% sotto il pieno controllo e amministrazione di Israele, all’interno della quale si trova gran parte della Valle del Giordano che ora si appresta ad annettere. Quest’area C è divisa in sette grandi blocchi disconnessi, che sono essi stessi frammentati, in cui vivono circa 300.000 palestinesi (un numero quasi equivalente è stato espulso negli ultimi vent’anni) e 390.000 coloni, quasi il 90% del totale degli israeliani che vivono in Cisgiordania (senza contare i 250.000 che vivono a Gerusalemme Est).
La Valle del Giordano, considerata il “granaio della Palestina” prima dell’occupazione del ’67, è una regione di terre fertili, ricca di risorse idriche, con un grande potenziale agricolo, energetico e minerario e ricopre un’importanza geostrategica, in quanto permette di controllare sia l’accesso al Mar Morto sia il confine con la Giordania.
Già il 95% del territorio è sotto il diretto controllo israeliano e il 44% è dichiarata “Military Firing Zone”, zona adibita esclusivamente all’addestramento militare. Più del 50% del territorio, invece, è occupato dalle colonie, mentre ai palestinesi rimane circa il 6%.
Con il sostegno dell’amministrazione Trump, che ha già riconosciuto l’annessione del Golan siriano e dichiarato come “non illegali” le colonie sioniste in Cisgiordania, lo stato d’Israele continua a dispiegare i suoi barbari piani di aggressione ed estensione contro i palestinesi e i popoli della regione, come testa di ponte dei piani promossi dall’imperialismo USA e UE nel contesto di famelica competizione interimperialista per la riconfigurazione della spartizione dell’area mediorientale basata sugli interessi dei monopoli e con un ruolo sempre più prevalente di potenze regionali con interessi propri e contrastanti di loro.
In questo scenario vediamo borghesie arabe (Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Oman, ecc.) stringere relazioni con la borghesia israeliana sulla base di interessi economici e geostrategici condivisi e si rafforzano i cosiddetti processi di “normalizzazione” delle relazioni arabo-israeliane in chiave anti-Iran.
Sfruttando questi rapporti di forza il processo di annessione andrà a intensificare ulteriormente i criminali piani di segregazione ed espulsione dei palestinesi dalle loro case e terre, assestando un altro micidiale colpo al diritto di istituire uno stato palestinese entro i confini del ‘67 secondo quanto prevederebbero gli accordi internazionali e al diritto al ritorno di circa 400mila palestinesi rifugiati in Libano, 500mila in Siria, un milione e mezzo in Giordania, oltre 800mila in Cisgiordania e Gaza; per un totale che nel mondo si avvicina ai cinque milioni.
Sancisce quella che era già una realtà consolidata da tempo: la fine degli accordi di Oslo che si sono confermati esser un cavallo di Troia per, dapprima, mutare e disarticolare, e poi, far capitolare, le giuste aspirazioni e obiettivi del popolo palestinese mediati dal collaborazionismo della borghesia palestinese e dell’ANP.
Commemorare l’anniversario della Nakba, quando vennero distrutti 530 villaggi e l’80% degli abitanti della Palestina storica furono cacciati dalle proprie case e terre, vuol dire affermare che dal 1948 il popolo palestinese subisce una vera e propria pulizia etnica, oppressioni, massacri, saccheggi, privazioni, demolizioni, espulsioni e regime di apartheid. Tutto ciò avviene in una linea di continuità che passa per la Naksa del 1967, con la guerra contro l’Egitto, la Giordania, l’Iraq e la Siria prendendo il controllo di quelle porzioni della Palestina che non aveva occupato 19 anni prima, per arrivare fino ai nostri giorni. Infatti il cosiddetto “Piano di Pace” e la conseguente annessione, si prospettano come soluzione finale di annientamento delle giuste aspirazioni del popolo palestinese e affermazione dei progetti sionisti, in marcia dalla dichiarazione Balfour del 1917 e le attività di terrorismo genocida iniziate nel 1939 da parte delle milizie coloniali sioniste, con la complicità dell’amministrazione coloniale britannica e successivamente dell’imperialismo statunitense.
Su queste basi il giorno della Nakba di quest’anno deve esser occasione di rilancio della solidarietà e azione internazionalista per condannare i piani imperialisti che intensificano l’occupazione, lo sfruttamento, lo strangolamento economico e i crimini contro il popolo palestinese e le loro terre.
Come comunisti de L’Ordine Nuovo ribadiamo la nostra solidarietà internazionalista con la giusta causa del popolo e dei lavoratori palestinesi, il nostro sostegno alla Resistenza palestinese e alle sue componenti comuniste e progressiste nella lotta contro la strategia dello Stato d’Israele e dei suoi alleati, il collaborazionismo (interno ed esterno), gli interessi e disegni delle borghesie nella regione. Per riaffermare il diritto all’autodeterminazione in uno stato palestinese indipendente, laico e democratico con capitale Gerusalemme est, l’evacuazione di tutti gli insediamenti israeliani all’interno dei territori palestinesi, la demolizione del muro che divide e rende la Palestina una prigione, il ritorno nelle loro terre dei milioni di palestinesi sradicati e l’immediata liberazione di prigionieri politici nelle prigioni israeliane. Per una società socialista in grado di liberare il popolo e i lavoratori da ogni tipo di sfruttamento, razzismo, oppressione, divisioni religiose, per una vera pace e giustizia in cui si eliminano le cause che stanno alla base delle guerre e partizioni imperialiste.