Crisi Sino-Indiana: uno scontro tra imperialismi
Nella notte tra il 15 e il 16 giugno un violento scontro a fuoco, avvenuto sul confine conteso tra Cina e India, nella Valle del Galwan, ha provocato la morte di 20 soldati indiani. Era dal 1975 che in quest’area non avvenivano scontri così gravi tra i due paesi, la zona infatti è da decenni contesa tra le due superpotenze e negli ultimi mesi il confronto si è nuovamente acuito.
Inizialmente si era parlato di soli 3 morti indiani e nessun caduto per l’esercito cinese, tuttavia già le prime reazioni hanno messo in luce una situazione ben diversa. Un portavoce dell’esercito indiano ha affermato che “17 soldati indiani che erano stati gravemente feriti durante lo scontro e sottoposti a temperature sotto zero dovute alla elevata altitudine sono morti inseguito alle ferite, portando il totale dei morti a 20”.
Sui motivi dello scontro il portavoce del Ministro degli affari esteri indiano ha dichiarato:
“Un violento scontro è avvenuto come risultato del tentativo dell’esercito cinese di cambiare lo status quo della regione, ambedue gli schieramenti hanno avuto vittime che si sarebbero potute evitare se la Cina avesse scrupolosamente seguito gli accordi presi”
Diversa l’opinione del portavoce del China’s Western Theatre Command, Zhang Shuili il quale ha affermato in un comunicato ufficiale che
“le truppe indiane hanno fallito il tentativo di attraversare illegalmente, ancora una volta, il confine stabilito ed hanno deliberatamente provocato gli attacchi che hanno portato ad uno scontro fisico risolto in morti e feriti.”
Nella giornata di mercoledì, 17 giugno, la tensione non è scemata e le dichiarazioni politiche si sono succedute freneticamente: “L’India vuole la pace, ma è in grado di dare una risposta adeguata, se provocata” – così il primo ministro indiano, Narendra Modi. I cinesi d’altro canto hanno mantenuto il punto con fermezza, Zhao Lijian, il portavoce del ministro degli esteri cinese, ha dichiarato ai giornalisti presenti a Beijing che “allo stato attuale la situazione lungo il confine tra Cina e India è generalmente stabile e sotto controllo, inoltre la Cina è impegnata a difendere la sicurezza e la sovranità del proprio territorio così come la pace e la stabilita dei confini indo-cinesi.”
Nella mattinata del 18 giugno, il ministro degli esteri con una dichiarazione distensiva ha abbassato la tensione: “La Cina e l’India ridurranno il prima possibile le tensioni alla frontiera per ripristinare e proteggere la pace e la tranquillità nelle regioni di confine”.
L’inasprimento dello scontro tra le due potenze è la diretta conseguenza dei fatti avvenuti circa un mese fa nella stessa area ma più a sud, nei pressi del lago Pangong Tso, quando in seguito ad un cospicuo spostamento di truppe cinesi nell’area e del rilevamento, da parte indiana, della costruzione di un aeroporto vicino alla linea di confine, il governo di Nuova Delhi ha deciso l’invio di alcuni battaglioni nella zona provocando un vero e proprio corpo a corpo tra i due eserciti e ottenendo come risultato un centinaio di feriti.
La disputa di confine tra India e Cina viene da lontano, il confine, lungo 3500 km, fu disegnato dai Britannici durante il periodo coloniale e non è mai stato interamente accettato dalla Cina.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale e l’indipendenza, l’india rivendicò alcuni territori mai abbandonati dai cinesi come, appunto, l’Aksai Chin (al cui interno ricadono il Pangong Lake e la Galwan Valley). Da allora cominciarono una serie di scaramucce tra i due eserciti culminate nel 1962 con la guerra sino-indiana.
Nell’ottobre del 1962 l’esercito della Repubblica Popolare Cinese conquistò l’Aksai-Chin sconfiggendo facilmente il disorganizzato esercito indiano e annettendo de facto l’intera area stabilendo il confine che ancora oggi è il teatro di scontri mai realmente cessati.
Dal 1981 le delegazioni dei due paesi si incontrano regolarmente nel tentativo di stabilire definitivamente i confini ma senza mai giungere ad una soluzione.
Negli anni ‘90 furono firmati vari accordi che tuttavia portarono a un nulla di fatto; infine tra il 2010 e il 2018 sono stati moltissimi gli sconfinamenti, più o meno gravi, segnalati da ambedue i governi che hanno ad oggi portato all’inasprimento della situazione.
Tutto ciò potrebbe sembrare un semplice scontro per il controllo territoriale e così probabilmente era tra gli anni ‘60 e ‘80 quando le due potenze erano di fatto equiparabili; nel 1988, infatti, il PIL dei due paesi era molto simile ($297 miliardi di dollari per l’India e $312 miliardi per la Cina) ed anche le spese militari si aggiravano sulle medesime cifre (circa 11 miliardi di dollari).
Oggi invece, secondo i dati della “World Bank”, il PIL della Cina supera cinque volte quello indiano (13.600 miliardi di dollari contro 2.700 miliardi di dollari) mentre le spese per la difesa cinesi sono di 4 volte superiori (261 miliardi contro 71 miliardi). È facile capire dai numeri che, nonostante l’attuale inferiorità economica, l’India sia una potenza (con capacità nucleare) fortemente in ascesa con un rapido e costante sviluppo dei monopoli capitalistici indiani in espansione e integrati nel sistema imperialista internazionale, divenendo probabilmente l’unico vero competitor economico nell’area asiatica della Cina. A questo sviluppo sono connesse le mire espansionistiche della borghesia indiana le cui ambizioni non solo si estendono alla Valle Galwan ma a tutta la regione del Kashmir in cui i venti di guerra soffiano forte col Pakistan per il controllo del Jammu-Kashmir.
Tali mire si basano sull’idea nazionalista della Grande India, ossia uno Stato Indù altamente militarizzato e modernizzato che si proietta come una grande potenza economica e militare in grado di competere e confrontarsi con i suoi “avversari regionali” come il Pakistan ma soprattutto la Cina. Tale competizione si estende fino al controllo dell’Oceano Indiano e al Mar Cinese Meridionale, un’area strategica ricca sia di giacimenti sotterranei di idrocarburi – petrolio e gas naturale – sia di risorse idriche e fondamentale per il controllo delle linee di comunicazione marittima in termini commerciali. Due terzi del commercio marittimo mondiale infatti transitano da qui dove insistono diverse contese territoriali, una crescente militarizzazione e provocazioni degli imperialisti statunitensi.
Si tratta quindi di uno scontro tra due imperialismi fortemente in crescita a livello regionale e globale.
India e Cina fanno entrambe parte dei cosiddetti BRICST, una alleanza economica tra Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e Turchia che hanno avviato una serie di collaborazioni finanziarie fino a creare una banca di finanziamento per lo sviluppo alternativa al FMI. Nonostante questo, non hanno mai risolto le varie controversie territoriali, alimentate dalle rivalità e competizioni, il che rappresenta una ulteriore dimostrazione della natura di questa alleanza.
L’India, inoltre, negli ultimi anni ha costruito forti partnership economiche e militari con alcuni dei paesi maggiormente in concorrenza con la Cina specialmente con gli USA e il Giappone, dall’altro lato il governo cinese, stabilizzati i rapporti con la Russia di Putin, oltre alla cooperazione economica con la maggior parte degli stati africani e lo sviluppo del progetto della Nuova Via della Seta con il quale accresce notevolmente il suo peso, influenza e ruolo internazionale, sta muovendo, rafforzando e modernizzando la propria flotta nel sud-est asiatico, in risposta al dispiegamento di forze militari a un passo dalle acque territoriali cinesi da parte degli USA, i quali stanno spostando alcune produzioni e numerosi investimenti proprio dalla Cina all’India.
Questi pericolosi eventi, che possono dar luogo a nuovi livelli di negoziato o ad una escalation di tensioni militari nella regione, sono caratteristici del grumolo di contraddizioni nel sistema imperialista, in cui si acuiscono le competizioni legate ai processi di rimescolamento nella piramide imperialista globale.
Fonti:
https://www.ilpost.it/2020/06/16/india-cina-confine-disputa/
https://foreignpolicy.com/2020/05/23/india-china-border-skirmishes/