La “crisi degli sfratti” : un’altra arma in mano ai padroni
Il 25 Luglio, in circa trenta Stati degli USA è terminata la moratoria federale sugli sfratti per inquilini con mutui ed affitti garantiti dal governo federale, in perfetta concomitanza con la fine dell’erogazione dell’assegno di disoccupazione di $600 dollari settimanali, destinati a sostenere il reddito dei cittadini che hanno perso il lavoro, così come previsto dal CARES act. Considerando che, all’inizio di Luglio, circa 17 milioni di statunitensi facevano ricorso alla disoccupazione, mentre altre 14 milioni sono le richieste al PUA (Pandemic Unemployment Assistance, Assistenza alla Disoccupazione dovuta alla Pandemia), ovvero al fondo di sostegno al reddito per lavoratori in proprio, freelance, e in generale lavoratori non selezionabili per ricevere aiuti di stato, e che i posti di lavoro negli Stati Uniti sono già calati di due milioni e mezzo di unità, la fine dei sostegni economici segnerà per milioni di statunitensi il rischio concreto di essere sfrattati dalle proprie abitazioni.
Vanno ovviamente aggiunti al novero i milioni di cittadini che, per una serie di motivazioni (burocratiche, legali, o per semplice farraginosità del sistema assistenziale americano), non hanno ancora ricevuto un dollaro dei 600 previsti dal CARES negli scorsi mesi, e che stanno dunque dando fondo ai propri risparmi per far fronte ad affitti e rate del mutuo.
Lo sfratto, un’esperienza già di per sé traumatica da un punto di vista fisico, emotivo e psicologico in tempi normali, rischia di essere devastante sotto l’aspetto sanitario in un contesto pandemico, dato che il contagio da Covid-19 non sembra affatto rallentare la sua corsa:
gettare milioni di persone in strada potrebbe essere il perfetto detonatore sia per un aggravarsi irreversibile della pandemia, data l’inapplicabilità della norma di base “Stay home”, sia per una vera e propria bomba sociale di disagio, disoccupazione, vagabondaggio e povertà nelle strade delle metropoli statunitensi, già teatro di fenomeni devastanti di homelessness già prima della pandemia e delle mobilitazioni Black Lives Matter
basti pensare che, prima del Covid-19, i senzatetto negli Stati Uniti si aggiravano attorno alle 600.000 persone, perlopiù concentrate negli Stati dove il costo degli affitti incide di più sul reddito personale, di queste, il 40% era di etnia afroamericana, percentuale etnica che si riflette sul numero di affittuari negli USA, dato che gli affittuari, in generale, tendono ad avere un reddito inferiore rispetto ai proprietari di casa. Le famiglie nere e ispaniche, statisticamente più deboli dal punto di vista salariale, hanno il doppio delle probabilità di prendere una casa in affitto, invece di possederne una, rispetto alle famiglie bianche, secondo uno studio di Pew Research. Secondo l’American Civil Liberties Union, in media, gli affittuari neri hanno ricevuto quasi il doppio di notifiche di sfratto rispetto agli affittuari bianchi.
Dei circa 43 milioni di affittuari d’America, circa 20,8 milioni – quasi la metà – erano considerati come “gravati dai costi”, il che significa che oltre il 30 percento delle loro entrate andava a coprire i costi delle abitazioni, secondo il Joint Center for Housing Studies dell’Università di Harvard. Di questi, circa 10,9 milioni di famiglie sono considerate “gravemente oberate”, spendendo oltre il 50% del loro reddito per l’affitto.
Non è quindi un mistero che circa il 43% degli affittuari statunitensi, trovandosi senza lavoro e con la prospettiva di perdere il sussidio di disoccupazione, ha dichiarato di non poter far fronte all’affitto (che, ovviamente, include le mensilità arretrate, finora coperte dalla moratoria): si tratta, appunto, di circa 17 milioni di cittadini, di cui 12 ad alto rischio di sfratto nei prossimi 4 mesi, per un totale di arretrati stimato 21 miliardi e mezzo di dollari. Si tratta di una cifra astronomica cui le grandi finanziarie non intendono ovviamente rinunciare: società proprietarie di miliardi di dollari in immobili, spesso colossi finanziari, nonostante abbiano largamente beneficiato delle iniezioni di liquidità che la Federal Reserve ha immesso nel mercato azionario, per cui risultano addirittura in attivo, sono ora sul piede di guerra per liberare gli immobili il prima possibile dai locatari insolventi e, al contempo, strappare allo stato una compensazione danni per i mesi coperti dalla moratoria e fare pressione sul Congresso per evitare proroghe al CARES Act, in modo che gli americani tornino quanto prima a lavorare per permettersi un affitto.
Non si deve dunque assecondare la narrazione per cui l’imminente crisi degli sfratti sarebbe da prendersi come l’esito di una catastrofe naturale, parlando di una “valanga”, “uno tsunami”, “un diluvio”, come se fosse sancito da un ordine naturale che gli affittuari che hanno perso reddito a causa della pandemia, e che quindi non possono più pagare l’affitto, saranno necessariamente sfrattati: la doppia minaccia dello sfratto e della cessata erogazione del sussidio di disoccupazione sono le carte con cui il grande padronato Statunitense sta giocando la sua partita, per cui o si torna a lavorare alle nuove condizioni stabilite dalle grandi aziende (non che prima fossero ideali: il fatto che molte persone, nella retorica dei Repubblicani contro i “mantenuti”, preferiscano i seicento dollari settimanali rispetto a tornare al lavoro, la dice lunga sul livello salariale medio statunitense), previo abbattimento dei residui diritti sul lavoro, o non ci sarà modo per milioni di lavoratori e famiglie di permettersi un tetto sopra alla testa, mentre la pandemia continua a esigere il suo tributo in vite e vittime della crisi economica.