Marcinelle e la tragedia del lavoro in Italia
Ricorre quest’anno, nella giornata dell’8 agosto, il 64° anniversario della tragedia di Marcinelle, quando un incendio divampato nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, in Belgio, provocò la morte di 262 minatori, di cui 136 immigrati italiani. Una strage senza colpevoli.
Gli accordi europei per lo sfruttamento del territorio erano culminati con l’istituzione della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) nel 1951. La tragedia di Marcinelle costituisce quindi il manifesto dello sfruttamento del lavoro nelle miniere in tutta Europa.
Senza soffermarci sulla cronaca giudiziaria dell’epoca, tutti gli imputati del processo che venne istruito dopo il disastro vennero assolti, con una unica condanna a 6 mesi, sospesa con la condizionale.
Dal 2001 le autorità italiane commemorano con la “Giornata del Sacrificio del Lavoro nel Mondo” tutti gli italiani scomparsi sul lavoro.
Anche quest’anno i rappresentanti delle istituzioni dello Stato, Presidente della Repubblica Mattarella, Presidente del Senato della Repubblica Casellati su tutti, si sono precipitati ad intervenire in una corsa alle celebrazioni, mentre l’opposizione (Meloni, FdI) non ha perso l’occasione per rinfocolare la solita polemica sui migranti in Italia, operando un pretestuoso distinguo con la questione degli emigranti italiani nel mondo.
Come Redazione de “L’Ordine Nuovo” riteniamo invece utile compiere una riflessione sul tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, riproponendolo nel contesto storico attuale. La materia in Italia è stata regolamentata dal D.Lgs. 81/08, Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, legge che ha riformato le disposizioni fino allora vigenti, (in particolare il Decreto Legislativo 626/94 e il Decreto Legislativo 494/96). Questo il quadro normativo.
Mentre il quadro degli eventi degli ultimi anni risulta particolarmente drammatico.
Andiamo ad analizzare i dati diffusi dall’INAIL e scopriamo che nel corso del 2019 sono stati denunciati 405.500 infortuni sui luoghi di lavoro di cui 1.156 relativi a infortuni mortali. Tre morti bianche al giorno e 1.700 infortuni. Queste le denunce. Che ci sentiamo di dire hanno un valore parziale, considerata la piaga del lavoro nero che non consente la registrazione di dati effettivi completi.[i]
Volendo soffermarci sulle principali cause legate alle morti sul lavoro, le più frequenti risultano essere la caduta dall’alto, il ribaltamento dei mezzi meccanici, lo schiacciamento (oltre agli incidenti avvenuti sui mezzi di trasporto per recarsi al lavoro e tornare alla propria abitazione, cosiddetti “incidenti in itinere”).
Tutto questo può significare solamente una cosa: le aziende, (per lo più imprese private del settore edilizio) nell’espletamento delle loro attività lavorative, non provvedono a equipaggiare i lavoratori dei principali Dispositivi di Protezione Individuale (caschi, imbracature a norma, scarpe antinfortunistiche, etc.), mezzi di prevenzione, che andrebbero ascritti tra i costi della sicurezza. Senza contare la mancata somministrazione degli obbligatori corsi di formazione, l’accelerazione dei ritmi di lavoro (in particolare tra i riders), l’aumento dell’età pensionabile (sovente sui ponteggi lavorano operai ultra-sessantenni).
Passando all’anno corrente, le denunce totali con esito mortale sono 570, (1° gennaio 2020 -30 giugno 2020) + 88 rispetto ad analogo periodo del 2019, 244. 896 denunce di incidenti – 28% (sostenuto calo tra marzo e giugno) Questo a causa del lockdown che ha fatto registrare una flessione delle morti sul lavoro tra marzo e aprile di quest’anno del 34.5%, considerata in quel periodo l’interruzione delle attività non essenziali per il contenimento dell’epidemia COVID-19. In contro tendenza il settore ATECO “Sanità e Assistenza sociale” che ha visto aumentare le denunce del 171% su base semestrale (da 13mila a 35mila casi)[ii].
Volendo dettagliare i dati, e distinguendo tra categorie di infortunio rileviamo che tra aprile e giugno sono 5 i report redatti dall’INAIL che riportano i dati relativi alle infezioni sui luoghi di lavoro da COVID-19 e precisamente:
alla data del 21 aprile sono stati rilevati 28.000 contagi ; alla data del 4 maggio vengono rilevai 37.000 contagi; al 15 maggio 43.000 casi; al 31 maggio 47.000 casi ; e al 1 giugno 49.000 casi ; con la seguente distribuzione per mese: marzo 53,1% (26.025 casi) , aprile 36,8% (18.054 casi), maggio 7,6% (3.730 casi) prima quindicina di giugno 0,8% (410 casi) e infine 1,6% di casi nel mese di febbraio. Per le denunce con esito mortale causa COVID-19 la distribuzione nei mesi è la seguente: marzo 89 (37%), aprile 146 (57%), maggio 10 (4,2%), prima quindicina di giugno 1[iii].
Preme sottolineare il dato delle denunce totali con esito mortale avvenute quest’anno (gennaio-giugno 2020), che nonostante il dichiarato fermo delle principali attività non essenziali, ha visto registrare un consistente aumento rispetto al corrispondente periodo dell’anno passato (gennaio-giugno 2019).
570 tragedie umane e sociali, che non possono considerarsi fatalità. Questo bollettino di morte grida riscatto: la sua causa si chiama sfruttamento. Quello di un sistema capitalistico che non ha mai pagato. E che concede ai responsabili delle stragi sul lavoro di godere di libertà inimmaginabili in un mondo in cui regni la giustizia.
Per concludere, corre l’obbligo di ricordare ancora l’incidente avvenuto a Torino il 6 dicembre 2007 negli stabilimenti della Thyssenkrupp, nel quale morirono sette operai coinvolti nell’esplosione. I colpevoli non passeranno nemmeno un giorno in cella.
Daniela Giannini
[i] https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-relazione-annuale-anno-2019.pdf
[ii] https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/sala-stampa/comunicati-stampa/com-stampa-open-data-giugno-2020.html
[iii] https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-dati-inail-2020-giugno.pdf