COVID-19 tra movida, turismo e interessi economici
Per quanto non sia più il centro della pandemia e vi siano paesi (come gli Stati Uniti o il Brasile) dove il contagio rimane tuttora molto alto, l’Europa non ha passato un bel Ferragosto. Se Francia e Spagna si ritrovano con circa 3000 casi COVID giornalieri a testa e la Germania oscilla fra sopra o sotto i mille casi negli ultimi giorni, l’Italia si ritrova in una situazione migliore, ma quanto per molto ancora non si sa. Se in luglio i contagi giornalieri oscillavano sulla cifra di 200, da inizio agosto si è visto un graduale aumento che ha portato il livello giornaliero oscillante sui 500 contagiati (solo a Ferragosto, in particolare, si sono contati 629 nuovi casi, col picco in Veneto con +120[1]). Di fronte al pericolo di un nuovo picco pandemico, il governo ha deciso di varare nuove misure, fra cui la chiusura delle discoteche al chiuso o all’aperto e l’obbligo di mascherina, dalle 18 alle 6, anche nei luoghi all’aperto dove è più facile il crearsi di assembramenti – un chiaro riferimento alle zone della movida[2]. Tutto questo avviene a non molte settimane dalla prevista riapertura delle scuole, su cui ora vengono posti dubbi e paure: come afferma Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’OMS distaccato a Roma, vi è il rischio di «arrivare a ridosso della riapertura delle scuole con un numero di casi che la renderebbero pericolosissima. Perché è matematico che la curva col ritorno in aula salirebbe ancora. Allora o azioniamo il freno o andiamo a sbattere. L’Italia per incidenza di nuovi casi è ancora in coda rispetto ai grandi Paesi europei. Guardiamo cosa succede in Francia e Spagna. Però rispetto a qualche settimana fa il nostro Paese mostra una sequenza di tanti, troppi piccoli focolai che tengono alta la circolazione del virus»[3].
Andrea Crisanti, professore di microbiologia dell’Università di Padova, noto per il suo ruolo nella gestione della pandemia in Veneto, non si astiene, come molti altri, dall’evidenziare le sue preoccupazioni: «Non sono ottimista, mi pare evidente che nel giro di 10-20 giorni arriveremo ad almeno mille casi positivi giornalieri. Quello che non si riesce a spiegare è che più i nuovi positivi aumentano, più crescono le possibilità di avere pazienti in terapia intensiva. E di vedere un incremento dei decessi, purtroppo». Ciò che preferisce non fare, però, è addossare la colpa sui singoli che vanno in discoteca – come spesso fatto da svariati media[4]: le discoteche non andavano semplicemente aperte, essendo luoghi che impossibilitano un reale distanziamento sociale e dove sono facilitate le infezioni, causando il ballo un aumento della respirazione. Aprirle significava in automatico dare il via libera pubblicamente ad un’attività che avrebbe favorito il diffondersi dei contagi; motivo per cui addossare la colpa esclusivamente sugli individui significa letteralmente non evidenziare quelle scelte politiche che hanno promosso determinati comportamenti. Ciò che andava fatto per Crisanti, invece, era spingere per raggiungere entro l’estate il numero di zero contagi, tramite anche azioni come un maggiore controllo sui rientri: «non parlo degli immigrati, che sono una parte molto marginale, penso a chi torna ad esempio dalle vacanze in altri paesi d’Europa. Bisognava attivare i controlli prima, predisporre dei protocolli»[5]. Anche a livello aeroportuale, invece, ci si è trovati di fronte a ritardi e alla mancata preparazione ottimale per i principali scali italiani per l’effettuazione dei tamponi[6].
In conclusione, Crisanti afferma: «è stato sbagliato non prevedere riaperture graduali, differenti da regione a regione. Inoltre, ci si è calati le braghe di fronte alle esigenze dell’industria turistica». C’è stata, da parte del governo e delle regioni, un’eccessiva permissività alle richieste del mondo del turismo, la realtà economicamente più colpita dalla crisi sanitaria, vivendo questa proprio sugli spostamenti sia nazionali che internazionali. Una permissività non esclusivamente presente verso questo settore lavorativo – basti pensare alle tantissime deroghe alla chiusura a complessi aziendali pure nei momenti peggiori della pandemia in Italia[7] –, ma che aumenta ancora di più i rischi in questo caso: senza dimenticare i numerosi focolai dei mesi scorsi avvenuti nelle fabbriche[8], un’enorme apertura allo spostamento e agli assembramenti, con regole di sicurezza troppo lasche, nelle differenti zone del Paese e in Stati esteri dove la situazione è anche più grave, può portare e sta portando ad una situazione che causerebbe un secondo picco pandemico, con esiti sanitari ed economici disastrosi. L’apertura sconsiderata del settore turistico potrebbe causare, poi, una chiusura e nuovi lockdown, parziali o meno, anche di altri settori economici.
Insomma, il calo di contagi, che dopo maggio ha toccato il minimo fra giugno e luglio, ha spinto il governo ad accettare fin troppo le richieste del comparto turistico, quando ora ci si ritrova con un aumento di contagi che preoccupa e che porta, ormai in ritardo, a prendere caute misure precauzionali, nella speranza che l’aumento dei casi non continui.
Ci si ritrova così in una situazione di evidente scontro fra interessi economici di differenti settori – che possono finire per cozzare anche fra di loro o per provocare disastri a lungo termine a causa della ricerca immediata di profitti – e la necessità di un programma di sicurezza e prevenzione che tuteli da un nuovo aumento dei casi COVID. A livello statale e regionale si vedono così forze politiche e di governo che, pressate da realtà come Confindustria, non hanno mai praticato pienamente e in tempo quelle misure sanitarie necessarie per evitare il più possibile l’emergenza sanitaria – fra cui la reale chiusura delle attività aziendali non fondamentali durante il lockdown e un utilizzo diffuso dei tamponi, oltre a problematiche di lungo termine fra cui i continui tagli alla sanità che ora si fanno sentire[9]. Una situazione che fa riflettere, specie se paragonata ad altri Stati come il Vietnam, il quale si ritrova, fino ad ora, ad aver avuto solo 964 casi di infetti, 456 ricoveri e 24 morti dopo 7 mesi dal primo caso riscontrato, a fronte di una popolazione di circa 95 milioni di abitanti. Senza entrare ora in un’analisi approfondita sul sistema politico e sociale vietnamita, è curioso concentrarsi su quanto è stato fatto a livello sanitario: innanzitutto è stata proclamata l’emergenza sanitaria al sesto caso riscontrato nel Paese. L’approccio immediatamente successivo è stato quello di creare un contesto d’azione pubblica e diffusa efficiente: un alto numero di test tramite tamponi a livello nazionale e per tutti quelli che tornavano dall’estero, forti campagne pubblicitarie di sensibilizzazione tramite cartelloni e via social, sistemi di igienizzazione e decontaminazione in luoghi pubblici, la garanzia della consegna a domicilio dei beni essenziali alle persone in quarantena, la distribuzione nei luoghi pubblici di riso gratuitamente a chiunque ne necessitava[10]. Non è mancato tra l’altro l’invio di forniture sanitarie e mascherine in vari Paesi, fra cui l’Italia e gli stessi Stati Uniti. Al contempo, dato il contesto d’azione preventiva promosso, è stata fondamentale la partecipazione attiva e consapevole dei singoli, che informati dei pericoli della pandemia in corso hanno mostrato consenso e partecipazione attiva alle linee guida promosse a livello statale. L’immediata risposta vietnamita – che ha ottenuto il plauso dell’ONU e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – ha permesso di avere fra fine maggio e fine luglio un livello quasi pari a 0 di nuovi casi, salvo poi avere una ripresa a fine luglio/inizio agosto per un focolaio nella città di Danang, che è stato subito affrontato, evitando così lo svilupparsi di un picco epidemico[11] (se il 31 luglio c’è stato il picco di 82 casi, il numero giornaliero si è gradualmente abbassato fino a 12 casi il 16 agosto).
In conclusione, la situazione italiana ed esempi come il Vietnam fanno ragionare su come vada affrontata con cautela la questione dell’emergenza sanitaria. Soprattutto, quanto la colpevolizzazione individuale, spesso spinta dai media nostrani, presenti forti lacune, fra cui l’incapacità di comprendere quanto il modo d’agire di un singolo sia influenzato dal contesto sociale, politico ed economico in cui si trova. Più si è in balia di una società che invia messaggi contraddittori, a seconda del crescere della crisi pandemica o delle pressioni di Confindustria, più inevitabilmente i singoli saranno spinti ad agire in modo problematico. Col rischio che, a forza di non muoversi adeguatamente a livello collettivo, si ritorni ad un secondo picco pandemico.
Francesco Pietrobelli
Note
[1] https://www.ilmessaggero.it/salute/focus/coronavirus_italia_bollettino_oggi_15_agosto_2020-5407029.html.
[2] https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2020/08/17/discoteche-movida-mascherine-nuove-regole_o8myTVHXYWOYOrISSaxqJN.html.
[3] https://www.orizzontescuola.it/coronavirus-per-loms-laumento-dei-casi-e-un-pericolo-per-la-scuola/.
[4] Si veda ad esempio il caso del TG1 che ha cercato con un servizio di mostrare l’irrazionalità di giovani che si lanciano nelle discoteche, incuranti di tutto: https://www.youtube.com/watch?v=gS-n2RI6LCw. Oltre al ragionamento errato per cui si intervista una persona e quella dovrebbe rappresentare i giovani presenti nel loro complesso, è interessate come la risposta palesemente goliardica della ragazza sull’assenza di Covid (che è una citazione presa da un video che girava sui social) venga recepita e trasmessa a livello televisivo dalla giornalista come una risposta seria, trascurando così in toto il contesto in cui viene detta.
[5] https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Coronavirus-Crisanti-Crescita-contagi-costante-non-ci-sara-alternativa-ai-lockdown-locali-5fa8b26c-54b7-4031-bf40-06e1eecce612.html?refresh_ce.
[6] https://www.lastampa.it/cronaca/2020/08/16/news/caos-sui-tamponi-negli-aeroporti-al-rientro-nessun-controllo-atterrati-in-lombardia-1.39200053.
[7] Per approfondire: https://www.lordinenuovo.it/2020/04/06/potere-alle-deroghe-migliaia-di-imprese-riaprono/.
[8] Per avere un esempio di focolai scoppiati a livello aziendale, tanto in Italia quanto all’estero, si veda: https://www.lordinenuovo.it/2020/07/05/dagli-usa-alla-bartolini-bologna-profitto-prima-di-tutto/.
[9] Per approfondire: https://www.lordinenuovo.it/2020/04/06/covid-19-cronaca-di-un-disastro-sanitario-annunciato/.