Lenin, le biblioteche pubbliche come istituto di democrazia
Vladimir I. Ulianov in esilio era un assiduo frequentatore di biblioteche (soprattutto a Londra, Parigi e Zurigo) in cui passava la maggior parte del tempo e dove elabor il suo grande lavoro di studio politico.
In particolare R. Clark, nella sua biografia “Lenin, l’uomo oltre la maschera” edita da Bompiani, riporta una testimonianza di un impiegato della British Library dopo l’Ottobre, che ricordava come Lenin apprezzasse il servizio bibliotecario inglese e di come restasse a lavorare fino alla chiusura.
Con l’instaurazione del governo sovietico, Lenin si impegnò a trasformare il sistema bibliotecario vecchio ed elitario dell’Impero zarista: nel 1918 si istituì il Narkompros (comitato all’istruzione) e Lenin chiarì le direttive del governo con l’opuscolo I compiti della Biblioteca pubblica di Pietrogrado, dove chiedeva di creare un sistema bibliotecario centralizzato basato sul modello americano e svizzero (secondo lui più efficienti). Affermava il leader della Rivoluzione negli Atti del convegno panrusso sul sistema extrascolastico del 1919:
«Dobbiamo utilizzare i libri che abbiamo e lavorare alla creazione di una rete organizzata di biblioteche, che possa aiutare il popolo a servirsi di ogni libro che possediamo, senza istituire delle organizzazioni parallele, ma creando un’unica organizzazione pianificata».
L’obiettivo era quello di modernizzare il Paese che vedeva le classi proletarie senza un’istruzione minima o adeguata e che invece aveva una massiccia intelligencija liberal-democratica o monarchica. Perciò, Lenin in comunanza con il commissario del popolo all’istruzione Lunačarskij avviava nel 1919 quello che poi nel 1921 si sarebbe concretizzato come “compromesso Lunačarskij” ovvero “usare le braccia borghesi per la costruzione del Socialismo”. Il piano di Lenin e Lunačarskij era quello di usare quella poca intelligencija rimasta in Russia per educare il popolo, concedendo libertà di insegnamento e pubblicazione, purché non ostili al socialismo. Tutto ciò portò a risanare il 98% di analfabetismo, anche grazie alle scuole di fabbrica promosse da Nadežda Krupskaja. Le biblioteche, pubbliche, massicciamente rifornite ed efficienti, erano uno dei perni fondamentali della costruzione dello Stato sovietico, dove l’istruzione a libero accesso e statale avrà sempre un ruolo centrale.
Il “bibliotečnoe delo” (questione delle biblioteche) di Lenin rappresentava sia l’inizio sia la realizzazione di questo impegno nel rendere pubblico e gratuito il sapere e dare possibilità di usufruirne. Infatti, il 3 novembre 1920, in qualità di presidente del Soviet dei Commissari del popolo (Sovnarkom), Lenin apponeva la sua firma al Decreto sulla centralizzazione del sistema bibliotecario nella Repubblica socialista sovietica russa che prevedeva che tutte le biblioteche russe, di qualunque tipologia ed ente di appartenenza, dessero vita a “un’unica rete bibliotecaria”. I principi fondamentali di questa azione possono essere così riassunti: piena accessibilità di tutto il patrimonio librario all’intera popolazione, gratuità del servizio, pianificazione statale del sistema bibliotecario con una costante preoccupazione ad alimentarlo rifornendolo di libri e di risorse finanziarie, creazione di una rete centrale di coordinamento dell’attività delle biblioteche di tutte le tipologie, un’attiva partecipazione della popolazione allo sviluppo delle biblioteche e alla diffusione del libro.
Ai nostri giorni, a 150 anni dalla nascita di Lenin e 103 dalla Rivoluzione d’Ottobre, la pandemia di Covid-19 ha, forse, permesso di farci riflettere su quanto sia importante avere delle biblioteche pubbliche, gratuite ed efficienti, ma soprattutto aperte.
Migliaia di docenti, ricercatori, studenti si sono ritrovati senza materiale di studio, senza possibilità di poter accedere al Sapere, la cosa più importante, democratica e gratuita per eccellenza. I luoghi di accesso al sapere sono istituti di democrazia. La miopia del Governo e di alcuni enti nel privare di fondi la cultura libraria e bibliotecaria, nel non mettere al centro dello sviluppo del Paese la cultura e l’istruzione, il non permetterne l’apertura pubblica, mentre si favoriscono i privati come “fonte di sviluppo”… tutto ciò ci ha fatto comprendere come Lenin fosse un gigante in anticipo sui tempi, come debba essere recuperato e studiato in ogni aspetto del suo pensiero per battere ogni sinistra connivente con l’imprenditorialità e di come Lenin sia necessario per mille anni.
Giulia Zinedine Fuschino
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Approfondimenti:
V.I. Lenin i bibliotečnoe delo, a cura di K. I. Abramov, 1969 [Mosca 1918];
R. Clark, Lenin, l’uomo oltre la maschera, Bompiani 1988.
Mazzitelli, ‘Lenin e le biblioteche’, Slavia Biblioteconomia https://www.aib.it/aib/ sezioni/emr/bibtime/num-ix-2/mazzitel.htm
Carini Dainotti, La biblioteca pubblica istituto della democrazia I, Milano 1988.