Riaprire scuole e università: mille dubbi, nessuna certezza
A una settimana dalla fine di agosto, una delle poche certezze che si ha è che la breve estate avuta è in procinto di chiudersi. Una ovvietà che molti vorrebbero non fosse poi vera. Invece, ciò che si vorrebbe sapere per certo ma, purtroppo, non si conosce è cosa succederà nel mondo dell’insegnamento e della ricerca a partire dalla metà di settembre, per le scuole, e dalla fine di settembre-inizio di ottobre per le università italiane. Non che manchino linee guida o proposte su come ripartire, ma l’impreparazione in certi casi e, soprattutto, l’incertezza della crisi sanitaria in altri rendono impossibile dare un quadro chiaro della situazione che si prospetterà.
Partiamo dalla scuola: il Ministero dell’Istruzione si è premurato di aprire una sezione apposita in cui spiegare, sulla base di documenti ministeriali e indicazioni sanitarie, come avverrà il rientro a scuola[1]. Rientro considerato come un elemento importante dalla stessa ministra Azzolina, la quale ha dichiarato a suo tempo: «Siamo al lavoro da mesi per il rientro a scuola di tutte le studentesse e di tutti gli studenti. È una priorità assoluta del Governo perché è una priorità di tutto il Paese. Dal primo settembre le scuole apriranno per chi è rimasto più indietro. Dal 14 riprenderanno ufficialmente le lezioni». Innanzitutto, nel piano di ripresa delle lezioni, viene richiesto alle famiglie di misurare la temperatura a casa ai propri figli: un gesto utile che previene «la possibile diffusione del contagio […] nel tragitto casa-scuola, sui mezzi di trasporto, quando si attende di entrare a scuola, o in classe»[2], oltre a evitare, riprendendo quanto espresso da Azzolina, che con scuole di migliaia di alunni a misurare la temperatura all’ingresso si creerebbero file della durata di ore all’entrata[3]. Ciò, se può esprimere in parte un ragionamento di buon senso – il tragitto da casa a scuola, specie nei luoghi pubblici, può certamente trasformarsi in un luogo di diffusione del contagio –, non evita le critiche di chi, dal mondo scientifico, evidenzia la necessità anche di strumenti, come i termoscanner, che permettano di avere una valutazione della temperatura uguale per tutti gli studenti e non lasciata esclusivamente all’azione delle singole famiglie[4].
L’altro punto saliente, al di là dell’entrata, è la presenza effettiva in classe. Il ministero ha puntato a garantire la presenza fisica degli alunni, al punto da affermare: «si tornerà in classe e il servizio scolastico sarà erogato con le lezioni in presenza. La didattica digitale potrà essere utilizzata in modo complementare e integrato solo nella scuola secondaria di secondo grado […]. Solo in caso di una nuova sospensione delle attività in presenza, dovuta a motivi emergenziali, si renderà necessario il ricorso alla Didattica digitale integrata per tutti gli altri gradi di scuola»[5]. La ripartenza in aula tuttavia richiede il rispetto di determinate misure di sicurezza, quali soprattutto il distanziamento di almeno un metro fra i banchi di scuola, come previsto dal Comitato Tecnico Scientifico. L’evitare classi pollaio sovraffollate richiede tuttavia, ovviamente, una diminuzione del numero di alunni per classe e, di conseguenza, la ricerca di ulteriori spazi – e insegnanti – per garantire le attività didattiche. Si tratta di un problema enorme – quello dell’edilizia e degli spazi scolastici, divenuto negli anni sempre più problematico ed ormai endemico del sistema scolastico nazionale, espressione di una tendenza di lungo termine di continui tagli ai finanziamenti per la scuola e di trascuratezza degli edifici adibiti all’insegnamento. L’anno scorso, uno studio pubblicato dal Sole 24 Ore ipotizzava, solo per rinnovare e sistemare gli edifici attualmente utilizzati, un costo di circa 200 miliardi di euro[6], una cifra enorme rispetto ai 6 miliardi stanziati quest’anno per la scuola (di cui 2,9 miliardi specificatamente per l’«edilizia scolastica, arredi, assunzioni di docenti e ATA, igienizzanti e tutto quello che servirà per la ripresa»[7]).
Di fronte a questo, il Ministero ha promosso, nel caso della scuola secondaria di secondo grado, l’utilizzo complementare della didattica a distanza in un quadro generale poco chiaro che rischia di creare notevoli diseguaglianze nell’insegnamento nelle diverse zone del paese e tra scuola e scuola.
Ancora una volta nei documenti ministeriali si fa leva sull’autonomia scolastica come mezzo di flessibilità ma che da sempre è sinonimo di differenziazione dei livelli d’istruzione. Saranno, infatti, le singole scuole a decidere possibili metodi per affrontare l’emergenza (una riconfigurazione del gruppo classe in più gruppi, una frequenza scolastica in turni differenziati, una diversa modulazione settimanale del tempo scuola, ecc.[8]). Il governo scarica dunque sulle singole scuole la necessità di provvedere alla gestione della riapertura coprendo con la retorica dell’autonomia scolastica l’assenza di un vero piano nazionale per la ripartenza delle lezioni.
Se nel mondo della scuola vi è la ricerca, per quanto possibile, dell’insegnamento in presenza, le università italiane si sono mosse in direzione della didattica mista: promuovere l’insegnamento sia in presenza che in via telematica, chiedendo direttamente quali studenti preferiscono essere in aula e quali a casa e organizzando una turnazione delle presenze ove necessario. Una soluzione – la didattica mista – resa necessaria se si vuole garantire il distanziamento minimo di un metro: già da anni si denuncia il sovraffollamento delle aule universitarie, che già negli anni passati mostravano evidenti problemi di capienza, al di là di necessari interventi di ristrutturazione in alcuni casi[9]. Anche in tal caso, ci si trova di fronte ad una pezza appiccicata su un sistema universitario colpito da continui definanziamenti negli anni. Pezza che pone numerosi dubbi: si può veramente garantire la stessa offerta a chi è presente in aula e chi lavora da casa? L’accesso alle biblioteche e ai laboratori non sarà reso più difficoltoso per chi lavorerà telematicamente? Su quest’ultima domanda va aggiunta la riflessione per cui molti alunni fuorisede, di fronte alla possibilità di lavorare telematicamente, preferiranno starsene a casa e non pagare l’affitto, con la difficoltà però di accedere alle strutture del proprio ateneo. Inoltre, come verrà affrontata la questione della tassazione universitaria? Se alcuni alunni usufruiranno ben meno delle strutture di ateneo rispetto ad altri o non saranno totalmente presenti, ci sarà qualche riduzione o adeguamento delle tasse? Su questo tasto dolente, molte università non hanno dato una risposta fino ad ora o si sono mosse in modo limitato – come, ad esempio, l’Università statale di Milano, che ha innalzato la no tax area da 14.000 a 20.000 euro e ridotto la tassazione (con previsto risparmio di 450 euro sulla seconda rata) per chi ha un ISEE inferiore a 75.000 euro[10].
Sia sulla scuola che sull’università, al di là delle singole misure varate o proposte in vista della ripresa, rimane poi il dubbio più grande: come ci si ritroverà a settembre-ottobre con l’emergenza sanitaria. Se la crisi dovesse ripresentarsi ancora con forza, potrebbe diventare necessaria, in assenza di soluzioni alternative, una nuova chiusura degli edifici e la ripresa con forza della didattica a distanza, con tutte le difficoltà che essa porta rispetto alla didattica in presenza.
Questa rischiosa eventualità dovrebbe evidenziare l’importanza di arrivare all’apertura delle scuole col minor numero di contagi, affinché i giovani non solo diventino un mezzo di diffusione del contagio, ma abbiano garantito il diritto all’istruzione. Il modo confuso con cui si è mosso il governo, sotto le pressioni del mondo economico e industriale, per affrontare l’emergenza sanitaria nel periodo estivo[11] ha tuttavia mostrato come, purtroppo, per quanto si parli spesso dei giovani come la migliore arma per un futuro migliore, essi siano invece sempre fra le prime categorie lasciate inascoltate e trascurate.
Francesco Pietrobelli
Note
[1] https://www.istruzione.it/rientriamoascuola/index.html.
[2] https://www.istruzione.it/rientriamoascuola/domandeerisposte.html.
[3] https://www.corriere.it/scuola/primaria/20_luglio_20/rientro-scuola-settembre-2020-azzolina-la-febbre-si-misura-casa-c90c4f86-ca70-11ea-b15c-cd9b33ddf899.shtml.
[4] https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2020/08/21/news/bufera-sulla-misurazione-della-temperatura-a-casa-o-a-scuola-1.39215202.
[5] https://www.istruzione.it/rientriamoascuola/domandeerisposte.html..
[6] https://www.ilsole24ore.com/art/scuola-sistemare-40mila-edifici-servono-almento-200-miliardi-euro-ACdfxU1.
[7] https://www.istruzione.it/rientriamoascuola/domandeerisposte.html.
[8] https://www.miur.gov.it/documents/20182/2467413/Le+linee+guida.pdf/4e4bb411-1f90-9502-f01e-d8841a949429?version=1.0&t=1593201965918.
[9] https://www.universita.it/inchiesta-espresso-sovraffollamento-aule-universitarie/.
[10] https://www.unimi.it/it/node/39784.
[11] Per approfondire: https://www.lordinenuovo.it/2020/08/18/covid-19-tra-movida-turismo-e-interessi-economici/.