Religione e comunismo: un libro da leggere
Ha un senso, per noi comunisti occuparci di critica della religione oggi? Ritengo proprio di sì. E suggerisco la lettura di “Religione comunismo: dall’alienazione all’emancipazione dell’umanità”, di Concetto Solano, per la casa editrice Pgreco.
L’autore, che è anche membro della redazione politica de L’Ordine Nuovo, interviene evidenziando il deserto culturale, che ha comportato la rimozione del pensiero critico e materialistico e che ha prodotto drammatiche conseguenze sul piano dell’analisi, dei valori, delle prospettive politiche.
Il cedimento ideologico, la rinuncia al marxismo, ossessivamente etichettato come “fuori moda” dalla propaganda riformista, nelle sue diverse accezioni, ha portato ad un riconoscimento, quasi unanime, del capo della Chiesa cattolica come faro della salvezza: del pianeta dalla distruzione, dei poveri dalla miseria, degli sfruttati dalla sottomissione.
Sbaglieremmo se, come comunisti, giudicassimo tutto questo con disattenzione, magari pensando superficialmente che si possano costruire alleanze con chi critica il consumismo pensando alla frugalità del Medioevo, con chi alza la voce contro alcune storture sociali pensando di riproporre anacronistiche “città di dio” dove al dominio assoluto del padrone si sostituisca quella ancora più assoluto di un’entità metafisica, posta a fondamento dell’uomo.
Cosa accomuna, oggi, Scalfari, Canfora, Bertinotti e una larga parte della sinistra italiana? L’assenza di valori storicamente fondati, il borbottio moralistico di fronte alle patologie sociali, la ricerca di facili soluzioni attraverso l’evasione dall’impegno etico e il rifiuto di agire all’interno della dialettica storica.
Questo ha consentito alle credenze religiose di riconquistare un ruolo egemone nella società (che era venuto meno nei primi decenni del secolo scorso, grazie alla teoria e all’azione concreta dei rivoluzionari, sotto la spinta della Rivoluzione d’Ottobre).
La rinuncia (o il rifiuto) della filosofia e della prassi del materialismo storico ha un prezzo assai alto da pagare. Ed è quello di scivolare nell’accettazione del pensiero dogmatico-metafisico cristiano, e del conservatorismo sociale che ne consegue, come orizzonte della propria attività politica.
Manipolando la storia, il cristianesimo viene mitizzato e presentato, addirittura, come “movimento radicale e di contrapposizione totale ai valori del mondo circostante e dominante” (Canfora). Ma non solo. Il Papa viene presentato come l’esponente più importante di una salvifica “utopia della fratellanza” a cui viene affidato il compito di colmare il deserto culturale e l’impotenza politica che oggi contraddistingue gran parte del pensiero laico.
La resa incondizionata del pensiero laico di fronte al massimo esponente del Vaticano, elevato quasi unanimemente a guida morale, ha lasciato campo libero all’opera restauratrice messa in atto dalle gerarchie religiose cristiane.
Ne è un esempio la dichiarazione congiunta firmata da Papa Francesco e dal patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill, pochi anni addietro, dove entrambi si dicono “convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane” ed esortano i governi affinché “l’Europa conservi la sua anima formata da duemila anni di tradizione cristiana”.
Concepire il cristianesimo come tappa finale del processo di civilizzazione dell’uomo significa prospettare un nuovo Medioevo. In questo contesto, il pensiero unico cristiano prende il posto, in forma solo apparentemente più raffinata, dell’Index librorum prohibitorum e le moderne forme di privilegio verso la religione cristiana rappresentano una forma aggiornata dell’Inquisizione, depurata dei suoi aspetti cruenti ma accomunata dall’obiettivo di fondo: mettere a tacere chi non si omologa sotto il segno della croce e, soprattutto, il pensiero critico, liquidato come una forma di “paganesimo”. Di questo nuovo “paganesimo” Marx – a detta dell’attuale capo della Chiesa cattolica – continua ad essere il principale, e più pericoloso, esponente.
Nella prefazione di Papa Francesco al volume di Benedetto XVI Liberare la libertà, viene individuato con chiarezza il nemico irriducibile del cristianesimo: “la pretesa marxista di collocare il cielo sulla terra, la redenzione dell’uomo nell’al di qua”, “la pretesa totalitaria dello Stato marxista e dell’ideologia atea su cui si fondava”, a cui consegue una “differenza abissale […] riguardo a come la redenzione debba avvenire”.
Sembrerebbe davvero singolare che, a distanza di decenni dal “crollo del muro di Berlino”, simbolo, secondo la propaganda anticomunista, della fine del comunismo, la Chiesa individui proprio nel comunismo il nemico contro cui combattere e denunci che oggi “l’autentico contrasto [è] tra “marxismo e cristianesimo”.
In realtà, né Papa Francesco né i suoi predecessori, hanno preso un abbaglio. I capi della Chiesa cattolica hanno ben chiara la minaccia che rappresentano per loro il materialismo storico e il comunismo.
“Noi cristiani – ha scritto Papa Francesco – abbiamo qualcosa di molto bello, una linea d’azione, un programma, potremmo dire, rivoluzionario. Vi raccomando di leggerlo, di leggere le beatitudini”.
Ma purtroppo per la Chiesa “oggi molti uomini provano una profonda diffidenza verso questa idea di redenzione. Seguendo Marx, considerano [la religione N.d.A.] ‘consolatoria’ di fronte alla valle di lacrime [e non comprendono che] la salvezza del mondo non viene dalla trasformazione del mondo”.
La critica di quest’impostazione metafisico-religiosa, sotto il profilo teoretico e storico, e la dimostrazione del conservatorismo sociale del cristianesimo rappresentano il cuore del libro che qui recensiamo.
L’apparato di documenti, storici e di testi, che esaminano dettagliatamente il pensiero cristiano, dimostrano come la religione cristiana è intrinseca alla società alienata, e ad essa organica.
Ne consegue che il problema del rapporto dell’uomo verso la religione si pone come problema interno a quello della libertà liberatrice da tutte le forme di alienazione, sia quelle oggettive che quelle soggettive, cioè sia la liberazione dall’alienazione storico-sociale – attraverso la liberazione assoluta dal capitalismo, mediante il comunismo – sia la liberazione assoluta dalla religione, che è una sovrastruttura al servizio della classe dominante.
La lotta per il comunismo implica, quindi, anche la lotta contro la religione, per il suo superamento storico (passaggio da una morale religiosa ad una morale laica) per cui il comunista non può mai essere credente.
Una premessa che sarebbe bene tenere sempre presente, particolarmente in un paese dove il togliattismo ha legittimato i Patti Lateranensi ed ha aperto la strada alla subalternità al cattolicesimo – producendo il compromesso storico e il bertinottismo come successive metastasi – di cui ancor oggi paghiamo amaramente le conseguenze.
Graziella Molonia
Laureata in scienze politiche. Dal 2010 fa parte del collettivo Red Militant che aderisce al Fronte militante per la ricostruzione del partito comunista.