La crisi economica, che la pandemia di COVID-19 ha accelerato, ha toccato con straordinaria durezza l’intero mondo del lavoro. Praticamente nessun settore è stato risparmiato ma quelli in cui le privatizzazioni e il disimpegno del pubblico sono la norma hanno subito il colpo peggiore. La giungla dei subappalti e delle esternalizzazioni è infatti l’ambiente ideale per lo scaricabarile ed i ricatti dei padroni, intenzionati, oggi come non mai, non solo a far pagare quest’ennesima crisi ai lavoratori ma addirittura a sfruttare la situazione di emergenza per un’ulteriore offensiva contro i diritti sociali.
Una categoria di lavoratori poco nota, nonostante il compito sociale estremamente importante, che ha subito quest’attacco negli ultimi tempi è quella degli AEC/OEPA (Assistenti Educativi e Culturali/Operatori Educativi Per l’Autonomia). Negli ultimi mesi si sono tenute a Roma numerose importanti iniziative di questi lavoratori, organizzati nel Comitato Romano AEC. Nello specifico, a giugno si è tenuta una manifestazione sotto il Campidoglio, sede istituzionale del comune, mentre nel corso dell’autunno si sono svolte varie mobilitazioni dei lavoratori della cooperativa ROMA 81 (una grossa realtà con appalti in numerose scuole della città), a partire dal presidio tenutosi sotto la sede di quest’ultima, nel quartiere Appio-Latino.
A margine di queste iniziative, l’Ordine Nuovo ha intervistato due lavoratori, membri del comitato, che ci hanno parlato delle condizioni di lavoro degli AEC, delle loro lotte per l’internalizzazione del servizio e della situazione specifica nella cooperativa ROMA 81.
Puoi dirci in cosa consiste il tuo lavoro, in che tipo di strutture e con quali modalità avviene? Con quali contratti lavorate voi AEC?
Siamo dei lavoratori che operano all’interno della scuola pubblica, dalle scuole materne alle medie, per assistere i bambini disabili ed affiancando il lavoro dell’insegnante di sostegno. Nonostante questo non siamo più dipendenti del ministero o del comune come lo eravamo fino a 15 anni fa. Lavoriamo infatti attraverso le cooperative: il comune passa soldi alle cooperative che poi li girano a noi. Si sta parlando di grosse cifre, a Roma noi AEC siamo circa tremila ed assistiamo diecimila bambini: si tratta di tantissimi soldi. Abbiamo fatto degli studi che si possono trovare sul nostro sito: alle cooperative vanno venti euro l’ora mentre a noi ne arrivano sette, è un vero e proprio caporalato legalizzato! Loro prendono soldi sul niente, mentre noi abbiamo contratti part-time di tipo verticale e non veniamo pagati se la scuola è chiusa, a Natale o in estate. Con questi contratti non riusciamo ad accendere un mutuo e nemmeno ad affittare una casa! È una cosa assurda, siamo lavoratori altamente qualificati (psicologi, educatori, etc.) che fanno un lavoro necessario nelle scuole e difficilissimo nella pratica. Lavorare 35 ore a settimana e guadagnare 900 euro è complicatissimo.
Che situazione hai vissuto assieme ai tuoi colleghi durante il lockdown?
A differenza degli insegnanti, che hanno più o meno portato avanti il loro lavoro con la DaD, noi, che pure seguiamo soggetti così vulnerabili, non siamo proprio stati chiamati: ci hanno semplicemente detto di rimanere a casa. Come Comitato Romano AEC abbiamo chiesto già dai primi giorni di poter proseguire il lavoro come gli altri e supportare per quanto possibile i nostri ragazzi con la DaD, visto che peraltro i fondi per il nostro lavoro erano già stati stanziati. Non siamo stati però contattati né dall’assessorato competente né dalle cooperative e siamo rimasti senza stipendio per tre mesi. La prima cassa integrazione non è arrivata che a giugno e per di più si è trattato di una cifra ridicola, soltanto 600 euro, il che ha significato dover campare con 300 euro al mese (arrivati in ritardo) per sei mesi, considerando che nei mesi estivi le scuole chiudono e non veniamo pagati.
L’unica cosa che potevamo fare durante il lockdown era stringere relazioni tra noi ed infatti già il giorno dopo la riapertura eravamo sotto l’assessorato alle politiche sociali del comune di Roma: eravamo un centinaio, non siamo stati ricevuti da nessuno ma in compenso abbiamo trovato la polizia. Le istituzioni sono totalmente sorde, si fanno sentire solo se si alza il livello del conflitto e gli si mette pressione ma anche in quel caso lo fanno sempre con le loro modalità: si aprono i tavoli tecnici, poi bisogna pensarci, poi bisogna fare le votazioni, è un continuo rinvio!
Che tipo di manifestazioni e iniziative avete preso come Comitato Romano AEC in difesa dei vostri diritti e di quelli di bambini e ragazzi che vi sono stati affidati?
Abbiamo deciso di puntare sulla questione dell’affidamento del servizio: pensiamo che un servizio della scuola pubblica non possa essere gestito da privati. Oltre alla cresta che fanno le cooperative e quindi ai soldi della collettività che vengono regalati ai privati, c’è la questione che si tratta oggettivamente di un lavoro pubblico e come tale dev’essere riconosciuto, nell’interesse nostro e dei ragazzi che seguiamo. Non possiamo sottostare alle logiche del profitto! Anche su questo argomento abbiamo fatto uno studio, il quale dimostra chiaramente che, se il comune ci assumesse direttamente, oltre a dare dignità alle nostre 3000 famiglie ed un servizio migliore ai bambini disabili che assistiamo, impiegherebbe meno soldi di quanti ne spende attualmente.
Per questo motivo pretendiamo l’internalizzazione del servizio e questo obiettivo ha dato una grande spinta ai lavoratori. È questa la battaglia principale che il nostro collettivo autorganizzato sta combattendo da più di un anno, chiedendo anche la solidarietà di altre organizzazioni, soggetti sociali, sindacali e politici.
Il 12 dicembre scorso siamo riusciti ad organizzare uno sciopero a cui ha aderito quasi il 90% dei lavoratori, portandone 800 in piazza del Campidoglio. Si tratta di lavoratori che sono costantemente sotto il ricatto dalle cooperative e che tuttavia hanno deciso di metterci la faccia. È una vertenza dura ma che mobilita tanto, si tratta di questioni concrete e la gente è pronta a scendere in piazza e lottare. Abbiamo presentato al comune una delibera di iniziativa popolare per l’internalizzazione del servizio con ben dodicimila firme, raccolte non sul web ma andando nelle piazze per raccontare la nostra vertenza e mobilitando tanti lavoratori. Purtroppo nello scorso settembre il consiglio comunale ha bocciato la delibera ma questo non ci ha fermato. Andremo avanti ugualmente e continueremo a lottare!
Nella vostra storia come Comitato Romano AEC avete sempre cercato di coinvolgere insegnanti e genitori nella lotta per difendere i diritti vostri e dei bambini e ragazzi che seguite; cosa pensate della prospettiva di unire la vostra lotta con quelle degli altri lavoratori che si stanno mobilitando in settori e luoghi differenti per chiedere a loro volta diritti e tutele?
Pensiamo sia necessario unirci, anzitutto coi più vicini ma poi anche con gli altri, perché questa battaglia per la scuola è una battaglia di tutte le classi popolari. Pensiamo sia in generale fondamentale riaffermare il ruolo del pubblico nella società. Il privato negli ultimi 20-30 anni ha rubato risorse, distruggendo i servizi pubblici e peggiorando le condizioni dei lavoratori ed anche quelle degli studenti più vulnerabili. Il privato ha fallito e quindi va portata avanti tutti assieme una battaglia per riaffermare il pubblico: su questo apriamo il confronto con gli altri. Poi con gli altri si sta sempre, perché la nostra è una battaglia di classe, dei lavoratori, ma riteniamo sia necessario starci su obiettivi concreti e radicali, sulla conquista dei diritti, come l’internalizzazione di noi AEC, perché su questo la mobilitazione dei lavoratori funziona, su questo i lavoratori sono pronti a lottare.
Abbiamo sentito anche un altro lavoratore, più direttamente coinvolto nella vertenza riguardante la cooperativa ROMA 81:
Puoi parlarci della situazione venutasi a creare nelle ultime settimane all’interno della cooperativa in cui lavori?
Tutto ha avuto inizio quando, con l’arrivo dei pagamenti relativi al mese di ottobre, molti di noi si sono accorti di aver ricevuto uno stipendio più basso del normale; alcuni hanno avuto un’entrata davvero minima! Essendoci resi conto di come si trattasse di una situazione generale, ci siamo in primo luogo rivolti individualmente alla cooperativa per chiarimenti. Ci è stato risposto che, a causa dell’emergenza attuale, la cooperativa non può fronteggiare tutte le sue spese ed ha dunque scelto di pagare solo le ore di lavoro frontale, escludendo cioè ferie, malattie, congedi, maternità, allattamento, festivi, permessi, etc. e rimandando il loro pagamento al FIS (Fondo di Integrazione Salariale). Questo significa che, ad esempio, il pagamento di un giorno di malattia ci verrebbe erogato tra chissà quanti mesi e in una percentuale molto più bassa di quanto di norma ci spetterebbe. Chiaramente, in una condizione di pandemia in cui anche con un semplice raffreddore ci viene impedito l’ingresso a scuola, non avere la malattia pagata significa ritrovarsi con uno stipendio bassissimo, del tutto insufficiente per affrontare le spese quotidiane che ognuno di noi deve fronteggiare.
Nonostante le vostre ripetute richieste, sia per e-mail che per telefono, la cooperativa non ha però accennato a fare marcia indietro. Quali sono stati i vostri passi successivi?
Abbiamo deciso di unire le nostre voci e di indire un’assemblea sindacale il 30 novembre fuori dalla sede della ROMA 81 per chiedere spiegazioni su quanto stesse accadendo e per ribadire che tutto ciò non è ammissibile. Oltre alla questione economica appena descritta sono tra l’altro emerse altre carenze importanti che noi OEPA ci ritroviamo quotidianamente ad affrontare.
Ad esempio, non ci vengono forniti DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) idonei, visite mediche e tamponi. Alcuni colleghi, poi, non possono nemmeno usufruire del pranzo alla mensa scolastica a cui avrebbero diritto.
Questa unione ha fortunatamente portato ad un primo successo: abbiamo infatti ricevuto, dopo una settimana circa, il bonifico del saldo mancante di ottobre. Poiché la cooperativa ha riversato sui municipi parte della responsabilità rispetto alla questione economica, abbiamo ritenuto importante svolgere una seconda assemblea presso il Municipio VII (in cui ricade la sede della cooperativa e che, soprattutto, appalta alla ROMA 81 i servizi in varie scuole). L’assemblea si è svolta il 3 dicembre, dalle 8 alle 11, con lo stesso obiettivo della prima: far sentire la nostra voce, rivendicare i nostri diritti, esporre tutte le difficoltà e le ingiustizie e dire basta, insomma essere ascoltati e accolti!
A questo punto, come se non bastassero i soprusi e le illegalità della cooperativa, ci si è messa anche una delle scuole in cui prestate il vostro servizio, tenendo un comportamento antisindacale e umiliante nei vostri confronti. Cos’è successo esattamente?
Dopo la fine dell’assemblea sindacale, con le mie colleghe ci siamo recate presso la scuola media “Gianni Rodari” in cui lavoriamo per prendere regolare servizio. Purtroppo al nostro arrivo, con modalità del tutto inappropriate, l’insegnante con cui ci siamo interfacciate ci ha riferito che la preside ci ha definite assenti ingiustificate, impedendoci dunque l’ingresso ed obbligandoci ad attendere nel cortile esterno dell’edificio, nello specifico sotto una scala (non a norma). Nonostante avessimo fatto notare che in quel momento stesse diluviando e che in quella situazione saremmo state messe in imbarazzo agli occhi dei genitori (presenti fuori dal cancello in attesa di prendere i propri figli), dei bambini e degli insegnanti che osservavano dalle finestre, l’insegnante ha ribadito che secondo la preside non potevamo entrare all’interno delle mura scolastiche. Pur ripetendo più volte che la responsabilità di avvisare la scuola fosse del municipio e non nostra, la situazione ha continuato a protrarsi. Noi avevamo avvisato la cooperativa della nostra partecipazione all’assemblea il giorno precedente, facendo anche più del dovuto. Eppure, siamo state messe alla porta!
Abbiamo vissuto 35 minuti di pura follia, subendo una vera e propria umiliazione e pagando l’errore di aver partecipato, come da nostro diritto, ad un’assemblea sindacale. Solamente alle 11:35 ci è stata data l’autorizzazione ad entrare ed abbiamo ricevuto un’accoglienza veramente pessima: i registri-firma della scuola (illegali) sono stati messi sotto sequestro e ci è stato detto che ogni giorno avremmo dovuto firmare entrata e uscita sotto la sorveglianza di un membro della segreteria scolastica. In più, siamo state convocate individualmente dalla preside, la quale ci ha accusate di non averla avvisata (compito che non spettava affatto a noi), di aver messo in crisi l’organizzazione scolastica e di essere state incuranti nei confronti dei nostri bambini. Gli stessi bambini con cui lavoriamo con passione giorno dopo giorno da anni!
L’ultima e peggiore sorpresa ci è però arrivata il giorno seguente: alle 6:33 del mattino ci è giunta dalla ROMA 81 un’e-mail in cui ci veniva imposto di non presentarci al lavoro su disposizione della dirigente e, poco dopo, una successiva comunicazione ci ha informate che saremmo state messe in ferie forzate fino al 9 dicembre.
Per il mercoledì successivo è stato fissato su invito del Municipio VII un incontro per chiarire la regolarità di questo vero e proprio atto punitivo. Cos’è successo nel corso dell’incontro e cosa siete riuscite ad ottenere?
L’incontro si è svolto nel primo pomeriggio nei locali della scuola. Abbiamo accettato di andare solo se accompagnate dalla nostra rappresentanza sindacale e l’abbiamo comunicato in anticipo. Quando siamo arrivate a scuola c’è stata un po’ di confusione perché non volevano far entrare la rappresentante sindacale ma abbiamo ribadito che senza di lei non avremmo partecipato, per tutelarci dal fatto che dall’altra parte c’era moltissima gente mentre noi eravamo sole, e quindi alla fine è stato permesso alla rappresentante di entrare con noi. La riunione ha avuto la durata di circa due ore ed è stata psicologicamente pesante perché la dirigente ha cercato di assumere il controllo assoluto della situazione e del dialogo: la comunicazione era del tutto disfunzionale, con intromissioni nei turni di parola altrui ed arrivando a mettere in bocca parole non dette.
Nonostante questo siamo riuscite a trattare ed esporre i punti importanti: in primo luogo l’ufficio AEC del municipio si è assunto la totale responsabilità di non aver comunicato alla scuola ”Gianni Rodari”, com’era suo dovere, la nostra partecipazione all’assemblea sindacale, a causa di problemi tecnici dovuti allo smart working. Dopo aver chiarito questo primo punto, che era il motivo per il quale eravamo state messe in punizione, sono poi stati trattati gli argomenti inerenti i registri-firma non regolamentari imposti dalla scuola ed abbiamo ottenuto la loro abolizione già dal giorno successivo. Infine, abbiamo richiesto alla cooperativa (anch’essa presente alla riunione) che i giorni di ferie forzate che ci erano stati imposti venissero retribuiti come giorni di lavoro ordinario e non come ferie, in quanto non richieste da noi e in quanto la punizione si era rivelata del tutto ingiustificata. Grazie anche all’aiuto della rappresentante del municipio siamo riuscite a far mettere per iscritto la garanzia fornitaci della cooperativa.
In conclusione, nonostante l’enorme difficoltà ed un clima che a mio parere resterà ancora conflittuale, siamo riuscite a portare a casa dei risultati, a dimostrazione che quando è presente una buona rete che permette il sostegno reciproco e lo scambio di informazioni le conquiste si ottengono.