Tutte le “anomalie” della gestione privatistica dei servizi pubblici: il caso del Consorzio di Bonifica di Trebisacce
La deresponsabilizzazione degli enti pubblici si afferma, nel nostro Paese, attraverso diverse modalità: vi è il puro e semplice disinvestimento pubblico finanziario delle amministrazioni che rinunciano a pianificare i servizi universali, vi è l’aziendalizzazione di servizi come la sanità (per un esempio di questa dinamica si veda qui) e la scuola che – proprio in nome di una fantomatica rincorsa all’efficienza – assumono una prospettiva completamente a breve termine, puntando a fare cassa ignorando gli effetti di lungo periodo sullo sviluppo e vi è, infine, la deleteria delega al privato della gestione di enti e funzioni che un tempo erano internalizzati nel pubblico o gestiti da esso e che oggi sono diventati un bancomat per fare speculazioni facili sulla pelle dei dipendenti. Un passaggio che, sempre più, si connota come un modo semplice e vantaggioso per rendere legittimi o, perlomeno, meno controllabili determinate nefandezze o precisi atti di clientelismo nelle assunzioni e nella distrazione di fondi.
Il Consorzio di bonifica di Trebisacce sembra essere soggetto a queste dinamiche e le vicende degli operai che da anni vi prestano servizio assumono caratteristiche addirittura grottesche, tra mancati pagamenti – ordinaria amministrazione –, colleghi fatti lavorare in nero in competizione per l’ottenimento di un posto e, addirittura, atti di strozzinaggio mascherati.
La riforma dei consorzi di bonifica calabresi, in linea con l’intesa Stato-Regioni del 2008, definita a partire dal febbraio 2010, ha ridotto il numero dei consorzi da 17 a 11 ma, cosa più importante, ha portato all’interno dei consorzi di bonifica calabresi (prima gestiti da commissari regionali i quali, pur non rappresentando una gestione non esente da criticità, si dimostravano almeno una controparte più presente per gli operai) le amministrazioni ordinarie regolarmente elette dai consorziati, i cui immobili ricadono nel comprensorio consortile e sono chiamati a contribuire finanziariamente alle attività dell’ente.
Intervistiamo Claudio, operaio del suddetto Consorzio che ha accettato, con nome fittizio, di concederci questa testimonianza.
Claudio, ci spieghi come e quando sono cominciati i problemi con il Consorzio di bonifica?
L’ente all’inizio ci pagava puntualmente e questo – pensate un po’ – ci sembrava una stranezza, visto come vanno le cose nel nostro ambiente. La cosa si spiegava, però, con il fatto che al momento dell’insediamento c’era stato il passaggio dalla gestione di Cosenza a quella di Trebisacce e il passaggio dalla gestione pubblica a quella privatistica del Consorzio. In quel frangente, la regione aveva trasferito alla nuova gestione i soldi accumulati del nostro TFR e i soldi per pagare i nostri primi stipendi. La dirigenza del Consorzio, per sua ammissione – affermando che la legge lo consentisse – usava i soldi del TFR per le nostre buste paga. Era questo, insieme al denaro dei contributi pagati dagli agricoltori, che permetteva la regolarità nell’erogazione delle nostre buste paga. Da cinque o sei anni a questa parte, invece, sono cominciati i ritardi di diversi mesi nel pagamento dei salari perché, ovviamente, i soldi dei TFR sono finiti. Il ricavo delle bollette? Non sappiamo dove vada a finire.
Da cosa dipendono, secondo voi dipendenti, questi disagi?
Crediamo che il motivo di questa disfunzione sia legato ai tipici sprechi ai quali la prassi clientelare della gestione privatistica ci ha abituato: assunzioni anomale, spreco di materiale. Posso assicurarvi che non c’è nessun controllo. Il Consorzio si dovrebbe mantenere da solo, con le bollette della rete idrica, rete della Regione Calabria. La struttura, le pompe di sollevamento e le dighe appartengono tutte alla Regione ma sono date in gestione, come ho detto, al Consorzio e, come in molti casi in cui la manutenzione è affidata a strutture decentrate, esso non fa realmente il suo dovere e ci sono elementi poco trasparenti.
Dove vanno a finire i soldi delle bollette? Questo è quello che vorremmo capire. Abbiamo una centrale idroelettrica in contrada Insiti a Corigliano-Rossano, da cui il Consorzio guadagna dei soldi e noi sinceramente non capiamo come siano utilizzati.
Le responsabilità le avrebbe quindi soltanto il gestore?
Anche la Regione ha le sue colpe e si disinteressa di noi. Nel 2010 essa aveva fatto un piano industriale secondo il quale doveva garantire cinque mensilità al Consorzio e questo non è accaduto; l’ente, dunque, avanza queste mensilità da dieci anni e in questo caso ha ragione. A noi ovviamente non interessano i problemi tra la regione e il Consorzio, vogliamo semplicemente essere pagati puntualmente. Pensate che ci sono lavoratori in pensione che attendono il TFR da quattro o cinque anni, persone che hanno problemi di salute, che conosco direttamente.
Come state vivendo il periodo della pandemia a livello di trattamento?
Durante il periodo di lockdown ci hanno messo in Cassa Integrazione Covid, dal 4 novembre al 5 marzo saremo ancora in CIG (Cassa Integrazione Guadagni, ndr). La cosa curiosa è che molti operai preferiscono non fare il turno in CIG e lavorare di continuo, per raccogliere la benevolenza della dirigenza, una delle tante anomalie che ci sono in questo ente.
Le cose erano diverse quando eravate sotto la gestione pubblica della Regione Calabria?
Sebbene le problematiche ci siano sempre state anche con la gestione pubblica, quando il Consorzio era sotto il controllo della Regione avevamo perlomeno un interlocutore, ovvero il commissario. Appena mancava qualche emolumento andavamo a protestare, si interpellava la Regione e questa riusciva a tappare qualche buco. In questo periodo, invece, siamo arrivati pure a cinque mesi di stipendi in ritardo.
Quando abbiamo iniziato a lavorare qui, inoltre, avevamo la quindicesima mensilità e scatti di anzianità abbastanza buoni, ora ci hanno abbassato lo stipendio, ci hanno tolto la quindicesima e abbassato gli scatti, cose per cui abbiamo coinvolto gli avvocati perché costituivano un diritto acquisito.
Come state reagendo a questa situazione?
Oggi ovviamente c’è il pretesto delle perdite causate dal Covid, ma la problematica dura da anni: quando mancano i soldi l’ultima ruota del carro siamo noi. E per di più ci scontriamo, in questo periodo, con le mancate autorizzazioni per i presidi stradali e le manifestazioni. Avevamo richiesto di fare un atto dimostrativo sulla nota statale 106 ionica ma ci è stato vietato. E questo non fa che aumentare la paura di molti colleghi di mobilitarsi. Un paio di settimane fa, alla vigilia di un presidio che stavamo per fare sotto la sede del consorzio a Trebisacce, il presidente si è “salvato in calcio d’angolo” erogando, il giorno prima, due delle mensilità in ritardo, dopo aver affermato per mesi non “non avere soldi in cassa”.
Prima parlavi di anomalie che sono tipiche nel vostro ente. Ci puoi spiegare meglio?
Ci sono operai appena assunti che già vengono promossi di livello e ai quali vengono assegnati posti in fasce più alte, in un non nulla vengono portati al quarto livello come operai specializzati o impiegati. Diciamo che è un modo per aggirare i concorsi pubblici. Tanto per non farci mancare nulla, da un po’ di tempo l’ente ha affidato ad un commercialista privato la preparazione delle nostre buste paga che risultano, spesso e volentieri, inesatte o sbagliate. Una delle cose più clamorose che abbiamo visto tra le irregolarità è che ci sono degli operai che vanno a lavorare in nero con la promessa di ottenere il posto.
Infine, voglio raccontarvi un’ultima incredibile vicenda. Invece di impegnarsi a pagarci regolarmente, il presidente non ha avuto di meglio da fare che dare il nostro numero di telefono ad una finanziaria per prestarci i soldi che ci spetterebbero come emolumenti e che oggi oggettivamente ci servono per vivere! Un gesto grave, che noi abbiamo vissuto come un’offesa per non dire altro, perché ciò ha tutta l’apparenza di essere pianificato.
Per concludere possiamo affermare che un posto che un tempo poteva essere garanzia di tranquillità e soddisfazione è divenuto oggi, per via di enti pubblici scaricabarile e imprenditori poco trasparenti, addirittura un’occasione per fare gli usurai senza apparire tali. Gli operai del Consorzio di Trebisacce continuano ad essere in mobilitazione attraverso Flai-Cgil, Fai-Cisl e Filbi-Uil, cercando di superare l’ostacolo del silenzio mediatico e del timore tipico dei lavoratori meno conflittuali, consapevoli che solo la lotta imperterrita potrà essere un elemento decisivo per cambiare l’andazzo della situazione.