La crisi istituzionale aperta da Matteo Renzi ha avuto come conseguenza il conferimento a Mario Draghi dell’incarico di formare un governo “istituzionale” da parte del presidente della Repubblica. Dopo un giro di consultazioni, in corso proprio da questa mattina a Montecitorio, con partiti e parti sociali Draghi stesso salirà di nuovo al Colle e per decidere se sciogliere o meno la riserva ed iniziare dunque un nuovo esecutivo che subentri al Conte II.
Quella del governo “istituzionale” è una strada che è stata spesso percorsa nel passato recente. Ciò che mostra la storia recente è che in momenti cruciali e in vista di scelte di importanza strategica la ritualità della politica cessa e si decide di fare affidamento sul tecnocrate a disposizione in quel preciso momento storico: governo Ciampi (ex-presidente della Banca d’Italia) in seguito a Tangentopoli, governo Dini (anch’egli ex-governatore della Banca d’Italia) e conseguente riforma del sistema pensionistico ed infine il governo Monti (presidente della Bocconi e già commissario Europeo per l’Italia), nato su l’incapacità politica del governo Berlusconi IV di attuare le riforme volute dall’UE (si pensi a quella che poi sarebbe diventata la legge Fornero).
In questo senso il filo conduttore dei governi tecnici, o sedicenti tali, è quello di avere a capo una personalità di garanzia del sistema capitalista italiano, una personalità riconosciuta solitamente anche a livello internazionale (come nel caso di Monti).
Per questo motivo, l’incarico conferito a Mario Draghi non è assolutamente una novità. Lo è invece la situazione economica in cui versa il Paese. La pandemia da Covid-19 ha riportato il paese a livelli di crescita paragonabili a quelli del 19951, e con lo sblocco dei licenziamenti prossimo venturo l’Italia si appresta a vivere una stagione di tensioni sociali potenzialmente esplosive.
La gestione della pandemia da parte del governo Conte II è stata assolutamente conforme ai dettami della finanza internazionale e del capitalismo italiano. Le frizioni con Confindustria, nella figura di Bonomi, sono state soltanto formali, come dimostrano, ad esempio, le scelte compiute nell’ultima finanziaria con bonus a pioggia sulle imprese.
Ciononostante, vi erano pesanti contraddizioni e attriti all’interno della maggioranza di governo, incarnate nel dualismo tra il presidente del Consiglio Conte e Matteo Renzi, con il secondo che si è proposto come portavoce dei settori più intransigenti e aggressivi del capitale (notare in questo senso le dichiarazioni da puro schiavista sul costo del lavoro in Arabia Saudita).
Di fronte a queste tensioni il capitalismo italiano ed europeo ha individuato in Mario Draghi una possibile, e per ora ancora da verificare coi numeri nelle Camere, garanzia per la costruzione di un esecutivo che ne tuteli gli interessi e la ripresa.
Il suo CV parla da sé: tra gli infiniti incarichi da banchiere, è stato direttore della Banca d’Italia dal 2005 al 2011, e presidente della Banca Centrale Europea dal 2012 al 2019.
Fervente keynesiano in gioventù, poi convertito all’ultraliberismo, ha spesso avuto a che fare, sia direttamente che indirettamente, con grandi banche d’affari del calibro di Morgan Stanley e Goldman Sachs; è poi diventato Dirigente del Tesoro dal 1991 al 2001. Quegli anni sono stati caratterizzati da privatizzazioni selvagge di cui ancora oggi stiamo pagando le conseguenze. Il piano di liberalizzazione fu esposto proprio da Draghi stesso, a bordo del panfilo Britannia2, di proprietà della regina Elisabetta, nel 1992 in presenza di esponenti dell’alta finanza inglese e italiana. La parabola della sua teoria economica segue in pieno l’adattamento del capitalismo alle epoche temporali in esame. Keynesiano prima dell’elezione di Margaret Thatcher, puro liberista tra gli anni ‘80 e ‘90, ed infine una sorta di ritorno alle origini in un periodo storico, il nostro, in cui lo stesso capitale ha bisogno dell’aiuto statale per continuare a sostenersi. Non è un caso, dunque, che durante la presidenza della BCE si è definito un “socialista (sic!) libertario” e, soprattutto nell’ultimo periodo, ha iniziato a predicare un maggior intervento dello Stato a sostegno delle aziende e soprattutto agli investitori impoveriti dalle recessioni economiche.
Non vi è dunque bisogno di ulteriori dissertazioni per concludere che Mario Draghi sia non solo contiguo a ma direttamente interprete e fautore degli interessi del capitale nazionale ed internazionale.
La costruzione del personaggio Draghi è già iniziata da tempo nell’informazione italiana. La sua presidenza della BCE è stata ritenuta da tutti gli analisti nostrani, e più in generale europea, fondamentale per la salvaguardia dell’Eurozona. La sua frase più citata, il famoso “whatever it takes”, qualunque cosa sia necessaria, pronunciata in un’intervista al NY Times3 in riferimento al programma di acquisto di titoli di stato nazionali da parte della BCE, il programma di Quantitative Easing, fu salutata e viene tuttora salutata come una rivoluzione economica. Sono quindi anni che l’informazione riesce a far passare Draghi come un salvatore e un sagace rivoluzionario, fondando il tutto sul mito della competenza e della rispettabilità di fronte ai mercati. In tal senso non c’è da stupirsi se si scopre che Draghi è “il personaggio più amato dall’opinione pubblica”4.
L’ipotesi Draghi è in questo senso sul tavolo da almeno un anno. L’esistenza di un piano B, supportato da un governo “tecnico” rispondente direttamente e senza esitazioni alle esigenze di Confindustria e di Bruxelles non è mai stata sottaciuta.
Ad ogni difficoltà paventata dal governo Conte II, l’ipotesi Draghi riemergeva prepontemente come l’opzione utile a sgombrare il campo da tentennamenti e a far marciare il paese lungo la via della ripresa economica per le aziende sulle spalle di lavoratori e classi popolari.
Le lodi dei giornali italiani al discorso pronunciato in agosto durante la festa di CL5 da parte dello stesso Draghi, in cui venivano tracciate le linee guida di un nuovo intervento statale dell’economia come sostegno fondamentale ai profitti dei capitalisti in difficoltà per la crisi, celavano l’endorsement dell’establishment italiano ad un nuovo governo che si facesse garante del processo di gestione dell’inevitabile crisi economica accelerata dalla pandemia da Covid-19.
Lo stesso Draghi aveva poi rifiutato la presidenza della Goldman Sachs in ottobre6. Essendo la presidenza di una grande banca d’affari il naturale sbocco di fine carriera per membri dell’establishment politico-finanziario, questo poteva essere interpretato come un segno della sua disponibilità a farsi carico di una responsabilità di governo.
A complicare ulteriormente la permanenza di Conte a Palazzo Chigi è stata l’intreccio dietro al Recovery Fund, che ingolosisce l’élite padronale e sulla cui gestione si è consumato un ulteriore strappo all’interno della maggioranza.
La volontà di abbandonare la maggioranza “giallorossa”, anche a motivo dell’impiego delle risorse del Recovery Fund, è stata espressa da un Renzi che all’interno della maggioranza è sempre stato ambiguo e distaccato, dopo essere stato il promotore dell’accordo tra M5S e PD a luglio del 2019. Il suo atteggiamento è poi ulteriormente cambiato con l’elezione di Biden a presidente USA. Per Renzi, che vanta contatti col sistema lobbistico statunitense, l’obiettivo sembra essere un posto di rilievo all’interno dell’alleanza atlantica e in tal senso, la visita e le lodi al peggior regime alleato dell’Occidente, l’Arabia Saudita, sembrano essere una conferma di tali mire.
Il gioco è adesso in mano ai gruppi parlamentari e ai partiti che siedono in Parlamento. Saranno tuttavia le differenti sensibilità del capitalismo italiano, che trovano rappresentanza nelle diverse colorazioni del Parlamento a definire se Mario Draghi possa diventare presidente del Consiglio e, se sì, quali saranno i suoi margini di azione temporali e contenutistici.
Il Partito Democratico, esattamente come decise di agire con il governo Monti, ha già garantito fedeltà al Colle e piena disponibilità ad appoggiare il nuovo governo. Un appello alla responsabilità è stato lanciato dai vari componenti del partito democratico, da Zingaretti ai governisti à la Del Rio – Franceschini, che sperano di assimilare il M5S in un grande campo progressista, e anche dalle frange ancora più marcatamente renziane, come la Serracchiani789. Va segnalato, infine, l’ennesimo arretramento dei sindacati concertativi sempre più subalterni alla finanza, che per bocca di Landini, plaudono addirittura all’ipotesi Draghi10 .
Per quanto riguarda il Movimento 5 stelle, l’arrivo di Draghi ne lascia presagire una balcanizzazione, con le diverse anime pronte a riaffiorare. Il facente funzioni di capo politico, l’anonimo Vito Crimi, si è detto indisponibile a votare un governo con Mario Draghi a capo, tuttavia non ha escluso l’eventualità di porre la questione a votazione su Rousseau11
La componente che più ha mal digerito l’accordo con il PD, capeggiata da Di Battista, ha già lasciato intendere un netto no all’opzione Draghi. Tuttavia la possibilità di rimanere altri due anni nella scatoletta di tonno potrebbe convincere molti parlamentari pentastellati a digerire persino un governo tecnico, opzione in opposizione alla quale si è costruito gran parte dell’immaginario legato al Movimento.
Sempre all’interno della maggioranza, non è chiaro cosa farà LeU, che, seppur abbia pronunciato diffidenza nei confronti di Draghi, non ha ancora confermato decisioni sul votarne o meno la fiducia.
Per quanto riguarda il fronte di centrodestra, la situazione è in continuo divenire. Nel classico bipensiero salviniano, il Capitano è riuscito a dire tutto e il suo contrario nel giro di 24 ore. Di fronte alla chiamata di Draghi al Colle, ha prima twittato l’articolo 1 della costituzione con l’accento sulla “sovranità che appartiene al Popolo” 12, per poi dichiararsi disponibile ad ascoltare qualsiasi proposta proveniente dal primo ministro incaricato. Non bisogna però confondere la Lega nel suo complesso con le contraddittorie esternazioni del suo leader. L’imprenditoria del nord est, vera forza trainante della Lega in termini di finanziamenti politici e di agenda economica, guarda volentieri a Luca Zaia e a Giorgetti e potrebbe mostrare interesse verso un governo “di alto profilo”, che si faccia portavoce e garante delle sue necessità. Le tensioni tra l’ala di Giorgetti e l’ala salviniana rischiano di essere esse stesse un fattore esplosivo per la Lega. Non si può poi trascurare il fatto che, pur essendo il primo partito italiano nei sondaggi, molti parlamentari della Lega potrebbero risultare vittima del taglio dei parlamentari al prossimo giro elettorale e diventare facilmente “responsabili” al servizio “dell’interesse nazionale”.
All’interno del centrodestra, la più interessata ad elezioni immediate sembra essere Giorgia Meloni. Secondo i sondaggi la Meloni triplicherebbe i voti rispetto alle precedenti consultazioni e pertanto non vi è rischio di perdere il seggio in parlamento per gli attuali eletti di Fratelli d’Italia. Tuttavia, la Meloni ha già votato la fiducia al governo Monti e secondo le ultime indiscrezioni potrebbe orientarsi verso un’astensione.
Quel che rimane di Forza Italia appoggerebbe senza dubbio un governo Draghi, come sostenuto da diversi esponenti politici, tuttavia Forza Italia stessa potrebbe implodere, dimidiata tra il ritorno nell’ovile del centrodestra e l’approdo verso un centro a guida Italia Viva.
L’appoggio numerico e partitico ad un eventuale governo Draghi sarà determinante per la natura dello stesso.
In generale, quello che emerge è un conflitto interno allo stesso capitale, diviso da diversi indirizzi di gestione della crisi, rispetto al quale la scelta di Draghi certifica la difficoltà ad individuare una sintesi nel confronto politico in un momento di crisi. Così queste sfumature vengono superate e con esse la ritualità della mediazione politica in nome del profitto e del mantenimento dei rapporti di forza. Al di là della definizione di governo “tecnico” o “istituzionale che sia, definizioni volte a far passare scelte ed indirizzi impopolari come neutrali e necessari, la carta Draghi rappresenta, come si è visto, una scelta marcatamente politica nella direzione di tutela degli interessi della borghesia a scapito delle condizioni di lavoratori e classi popolari.
Note
- https://www.agi.it/economia/news/2020-04-30/pil-calo-record-8485788/
- https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/01/22/britannia-la-vera-storia/5681308/
- https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2012/html/sp120726.en.html
- https://forbes.it/2020/06/05/mario-draghi-e-la-personalita-di-cui-gli-italiani-si-fidano-di-piu/
- https://www.linkiesta.it/2020/08/mario-draghi-discorso-meeting-rimini/
- https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2020/10/26/news/mario-draghi-presidenza-repubblica-1.354752?preview=true&wt_referer=https://www.google.com/
- https://www.huffingtonpost.it/entry/dario-franceschini-mi-appello-ai-5-stelle-sostenete-draghi-con-noi_it_601aa843c5b668b8db3d75cf
- https://www.corriere.it/politica/21_febbraio_03/governo-draghi-segretario-pd-zingaretti-si-apre-fase-nuova-1239e414-661d-11eb-824f-582a8d82b7ed.shtml
- https://www.telefriuli.it/cronaca/sponda-draghi-serracchiani-governo-shaurli-pd/2/216686/art/
- https://www.la7.it/dimartedi/video/mario-draghi-landini-cgil-e-autorevole-puo-essere-una-persona-utile-02-02-2021-363019
- https://www.tgcom24.mediaset.it/politica/draghi-crimi-ipotesi-di-un-voto-su-rousseau-non-da-trascurare_28316274-202102k.shtml
- https://www.adnkronos.com/salvini-la-sovranita-appartiene-al-popolo_2MyRWSe1ccK99l80zkM1sf