Bologna, il 31 luglio alle 10 di sera, con i lavoratori che si apprestavano ad andare in vacanza già lunedì, arriva a tutti i dipendenti questo messaggio:
“Buonasera,
a seguito della riduzione delle attività, nella data di lunedì 02 agosto 2021 lei sarà dispensato della sua attività lavorativa. Il trattamento economico verrà garantito con gli strumenti previsti di legge.
Cordiali Saluti
Logistic Time Srl”
Dopo la Fedex-Tnt, la Giannetti Ruote, la Gkn, e la Whirlpool, l’offensiva padronale culminata nello sblocco dei licenziamenti continua a tagliare diritti e posti di lavoro, puntando prima di tutto sulle aziende maggiormente sindacalizzate. È infatti ormai evidente la volontà dei padroni di spezzare la resistenza proprio laddove è ancora forte l’organizzazione dei lavoratori, eliminando i sindacati combattivi. Ma i lavoratori dell’interporto di Bologna non sono certo nuovi a queste battaglie (come si è visto alla Yoox).
L’azienda in questione stavolta è Logista Italia, filiale italiana della multinazionale spagnola Logista, e detiene il monopolio de facto della filiera intermedia del tabacco in accordo con la FIT (Federazione Italiana Tabaccai).
All’interno del rapporto sulla distribuzione dei tabacchi lavorati del 2018, redatto da Logista Italia e FIT insieme, possiamo leggere:
“La fase intermedia della filiera del tabacco è rappresentata dal sistema distributivo, che costituisce l’anello di congiunzione tra le manifatture e il consumatore finale. Il flusso distributivo è gestito da Logista Italia [segnato in nota nel documento: vi sono altri 11 Depositari autorizzati che curano la distribuzione dei prodotti di nicchia], il principale operatore della distribuzione primaria del tabacco e dei prodotti da inalazione a base di nicotina, che dalle manifatture trasferisce i prodotti fino alle tabaccherie. La fase distributiva secondaria, che provvede alla vendita al consumatore finale, fa capo alle rivendite di generi di monopolio, rappresentate dalla Federazione Italiana Tabaccai, la principale associazione di categoria del settore”[1].
Si può addirittura leggere che:
“Logista Italia, ai sensi del Decreto Ministeriale 67/1999, è soggetto autorizzato preposto alla riscossione e al versamento all’Erario delle imposte sui tabacchi che ogni anno ammontano a circa 14 miliardi di euro”.
Si parla quindi di un’azienda che non solo gestisce un monopolio quasi totale, ma che addirittura si sostituisce allo stato stesso.
Abbiamo quindi avuto occasione di parlare con Pietro, RSA per il SI COBAS, il principale sindacato della logistica all’interno del magazzino di Logista a Bologna.
Ciao Pietro. Partiamo dal principio, di cosa si occupa l’azienda e quanti lavoratori ha qui a Bologna?
La Logista è una multinazionale spagnola, si occupa principalmente di trasporto di tabacco nel sud Europa. Come sempre nel mondo della logistica si affida al subappalto per i vari magazzini, qui a Bologna l’azienda che attualmente detiene l’appalto da Logista Italia è Logistic Time (abbiamo già parlato qui del funzionamento del sistema del subappalto, ndr), consorziata a Metra e conta 67 dipendenti, a cui vanno poi aggiunti 15 dipendenti Logista a tempo indeterminato, e 5 stagisti (a cui non sarà rinnovato il contratto). A questi si aggiungono due ragazze alle pulizie e la portineria. Vale la pena notare che Logista Italia ha vantato nel solo 2020 un fatturato pari a tre miliardi.
Qual è la situazione sindacale all’interno del magazzino? Quanti sono i lavoratori sindacalizzati e quali altri sindacati sono presenti oltre voi?
Siamo il sindacato più rappresentativo, con il 90% dei lavoratori. È presente anche la FILT-CGIL, ma conta pochi iscritti e comunque non ha mai siglato accordi di secondo livello perché ha sempre fatto copia-incolla degli accordi che abbiamo ottenuto noi tramite le lotte.
Quali sono gli accordi di secondo livello raggiunti nel tempo, ovvero come hanno trasformato la situazione le vostre lotte?
Abbiamo ottenuto diversi accordi di secondo livello. Innanzitutto vi è il rispetto basilare del contratto nazionale, vale a dire che tutti gli istituti contrattuali sono pagati al 100% (malattia, infortuni, tredicesima, quattordicesima, straordinari con le varie maggiorazioni). Oltre a questo, abbiamo raggiunto l’accordo di secondo livello sui buoni pasto nonché un accordo sul premio di risultato per produttività e presenza. A proposito di questo accordo, quest’anno il premio l’abbiamo preso sia nel primo che nel secondo trimestre. Questo significa che il magazzino sta chiudendo non per motivi di scarsa produttività ma per altre ragioni.
Quando siete arrivati invece com’erano le condizioni di lavoro?
Lavoravamo tramite cooperativa, quindi non avevamo nessuno dei diritti sopracitati. Su 150 lavoratori, solo 17 erano a tempo indeterminato. Esisteva uno sfruttamento totale della mano d’opera che non vedeva pause, non c’erano orari, entravamo quando iniziava la produzione e uscivamo quando finiva, altrimenti ci ricattavano dicendoci che non ci avrebbero rinnovato il contratto. Si finiva a lavorare 15/16 ore al giorno per buste paga da 900 euro al mese.
Durante la pandemia, com’è stata la situazione nel magazzino?
Le sigarette sono ritenuti beni essenziali, per cui il magazzino non ha mai chiuso, nonostante all’interno del magazzino ci sia stato un focolaio Covid che ha visto 30 lavoratori positivi e quasi altrettanti in quarantena obbligatoria. Malgrado questa importante assenza di personale, Logista non ha voluto né chiudere per una settimana, né abbassare i volumi di lavoro. Quindi, noi “sani” eravamo costretti a lavorare più ore in modo da sbrigare l’intera produzione.
Questo vorrebbe anche dire che Logista non ha certo subito alcuna perdita economica durante la pandemia.
Esattamente. Logista non è una azienda in crisi e non ha subito gli effetti della crisi pandemica. Anzi, da comunicato, nell’ultimo trimestre ha aumentato il proprio fatturato del 36%. Si tratta, quindi, di una azienda in grossa crescita, che chiude per aumentare i suoi profitti.
Parliamo un po’ degli anni precedenti. C’erano già state situazioni di scontro o vertenze?
Posso farti una breve cronistoria degli ultimi 9 anni. La prima conquista fu quella del passaggio da tempo determinato a tempo indeterminato. Successivamente, nel 2015, Logista tentò un cambio appalto selvaggio mirato ad azzerare le conquiste ottenute nei due anni prima. Dopo uno sciopero di una settimana, l’azienda ci assunse tramite una s.r.l.
Nel 2018 hanno tentato la stessa manovra, cercando di inserire una nuova cooperativa1. La manovra prevedeva anche il taglio di 40 posti di lavoro. Noi abbiamo risposto con uno sciopero di una settimana e con picchetti giorno e notte davanti all’azienda. Siamo così riusciti a salvaguardare il posto di queste 40 lavoratrici e a respingere l’inserimento di questa cooperativa nel nostro magazzino.
Arriviamo quindi alla decisione di chiusura da parte dell’azienda. Come e perché si è arrivati a questo?
La scelta è stata unilaterale da parte di Logista. Con la solita arroganza di una multinazionale, ci ha dato un preavviso di 36 ore tramite un messaggio di WhatsApp inviato dall’azienda appaltante. Il messaggio (che ci è arrivato alle 22:00 di sabato 31 luglio) diceva che eravamo “dispensati dall’attività lavorativa per calo delle commesse”, per poi arrivare al 31 agosto con la totale chiusura del magazzino. I lavoratori si vedono recapitare questo messaggio dopo 10-15 anni di lavoro in cui hanno tirato su l’azienda, si sono spaccati la schiena e si sono ammalati all’interno di quel posto.
È stata una chiusura studiata nei minimi dettagli, perché è arrivata alle 10 di sera, dell’ultimo giorno di luglio, con i lavoratori che sarebbero andati in ferie dal 2 agosto, con molti di essi all’estero e che magari non hanno ancora capito la gravità della situazione…
All’origine della decisione di chiusura vi è la presenza radicata del sindacato conflittuale. Il problema è che se sei un lavoratore sindacalizzato, combattivo e che rivendica diritti, per l’azienda “costi troppo”. Quello che sta avvenendo è una delocalizzazione delle attività presso stabilimenti (come Anagni o Tortona) dove la mano d’opera costa di meno ed è più ricattabile, perché il sindacato lì non c’è.
Il problema è politico perché le istituzioni statali e i sindacati confederali invece di andare a controllare e fare sindacato in quei posti dove c’è caporalato e sfruttamento, permettono la chiusura di stabilimenti dove i diritti basilari vengono rispettati.
Da un punto di vista delle prospettive, puoi raccontarci com’è stata la reazione dei lavoratori?
Dopo l’assemblea di lunedì, la decisione dei lavoratori è di non arretrare di un centimetro. Non ci accontenteremo di una ricollocazione o di un ammortizzatore economico. Andremo avanti con la lotta fino alla totale riapertura del magazzino. Metteremo in campo le nostre iniziative di lotta come abbiamo sempre fatto in questi anni.
Come si colloca questa vicenda nel panorama delle varie vertenze della logistica e dello sblocco dei licenziamenti?
Per noi è la punta dell’iceberg. Non è altro che l’inizio di un’escalation di licenziamenti e ristrutturazioni preconizzate, in un certo senso, dalla vicenda di FedEx-TNT. Ora, con lo sblocco dei licenziamenti, si è innescata una reazione a catena con i diversi padroni che non vedono l’ora di intraprendere, anche loro, iniziative di ristrutturazione in modo da ridurre costi, e non è un caso che si inizi da quei poli dove sono presenti lavoratori sindacalizzati e combattivi, usufruendo poi di cooperative e agenzie interinali per servirsi di lavoratori meno tutelati e più facilmente ricattabili. Sono questi gli obiettivi perseguiti da governo e Confindustria.
Secondo te quale deve essere la risposta dei lavoratori davanti a questo piano di ristrutturazione capitalista? In ottica anche dello sciopero generale convocato per l’11 ottobre.
Noi da tempo spingiamo per la costruzione di un fronte unico di classe che ci permetta di unire le diverse realtà, mettendo da parte questa idea di “autosufficienza”. Nessuno è abbastanza forte da solo perché gli attacchi arrivano da 360 gradi, dal governo, da Confindustria e dai sindacati confederali, i quali, insieme, hanno firmato lo sblocco dei licenziamenti. Come si è visto dopo l’Assemblea dei Lavoratori Combattivi, il momento richiede compattezza.
Partendo dalla vicenda Logista, arriveremo allo sciopero generale dell’11 ottobre ancora più forti, preparati e compatti, portando tutte le nostre ragioni in piazza.
A volte qualcuno dice “i lavoratori non devono fare politica”, questo non è vero, perché se la politica si occupa di noi, noi dobbiamo occuparci di politica. Dobbiamo essere in grado di riprenderci le piazze, partendo dalle periferie, unendo lavoratori, studenti e disoccupati, portando le nostre motivazioni nelle piazze in modo unitario, collegando le rivendicazioni dei diversi settori. Occorre, quindi, ragionare in termini di classe e di unità di classe. È in questa prospettiva che dobbiamo preparaci per lo sciopero dell’11 ottobre e comprendere l’importanza del percorso col quale arriveremo alla giornata dello sciopero, un percorso che deve essere il terreno di coltura per una nuova presa di coscienza da parte dei lavoratori nella direzione di una risposta chiara e unitaria all’attacco che i capitalisti stanno portando avanti.
Nei giorni successivi a quest’intervista, l’azienda, che probabilmente non si aspettava il clamore mediatico verificatosi, si è presa 36 ore di tempo a cui ha seguito un lungo tavolo telematico coi rappresentanti di Logista, durato l’intera giornata. A parole, Logista procrastina la chiusura al 31 ottobre, ripetendo che la chiusura è programmata e inevitabile, e rifiutandosi sia di fornire il piano industriale o riorganizzativo, che di mettere a verbale la chiusura. La cosiddetta “riapertura”, intanto, coinvolge soltanto 6 lavoratori su 67, e non c’è alcuna garanzia occupazionale per i lavoratori stessi, nonostante i sindacati confederali abbiano festeggiato il risultato come una conquista.
Nei prossimi giorni si svolgeranno altri incontri, ma nel frattempo nel magazzino si svolgono solo operazioni di stoccaggio, nessuna attività di produzione, ed è proprio per questo che i lavoratori sanno bene che la lotta fino alla riapertura è l’unica strada percorribile.
Intervista a cura di Federico Morichetti e Inti Vazquez
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[1] Rapporto sulla distribuzione dei tabacchi lavorati in Italia a cura di Federazione Italiana Tabaccai, Logista Italia S.p.A.