VITA POLITICA INTERNAZIONALE – VENTUNESIMO NUMERO
In questo numero della rassegna dedicata al Movimento comunista internazionale segnaliamo l’analisi del Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF) sull’UE e la posizione dei comunisti, un’intervista a Pedro Eusse dell’UP del PC del Venezuela (PCV) sulla situazione nel paese, un articolo di Giorgios Marinos dell’UP del Partito Comunista di Grecia (KKE) sulle lezioni da trarre dagli eventi del mese scorso in Kazakistan e, infine, un comunicato del PC del Canada (CPC) relativo al cosiddetto “Convoglio della Libertà”.
Articolo di analisi sull’Unione Europea del Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF) tratto dall’opuscolo “Echanges Communistes”, un’iniziativa di confronto tematico tra diverse organizzazioni comuniste francesi. Nella prima parte del suo articolo, il PCRF analizza la natura dell’UE come blocco di stati imperialisti, concludendo che non si può parlare oggi di un “imperialismo europeo” o di “stato europeo” ma di una unione interstatale imperialista in cui lo stato-nazione non è scomparso. «Le alleanze imperialiste sono alleanze interstatali che rappresentano gli interessi comuni delle borghesie degli stati membri. I loro interessi comuni riguardano la crescita dei loro monopoli, il rafforzamento della loro competitività in condizioni di inasprimento della concorrenza nel sistema imperialista mondiale, nonché la comune lotta contro il movimento operaio, con la volontà di neutralizzare i partiti comunisti rivoluzionari (criminalizzazione del comunismo, in particolare). Tuttavia, la comunità di interessi dei monopoli dei diversi stati di un’alleanza imperialista non può far scomparire la disuguaglianza, né l’organizzazione in stati nazionali su cui si basa l’accumulazione capitalista. […] Gli stati imperialisti d’Europa hanno creato l’UE principalmente per fortificare il proprio imperialismo, in alleanza/rivalità con altri.» Da qui giunge alla definizione della propria posizione, in contrapposizione a quelle opportuniste sovraniste, trotskiste e anti-neoliberiste, che la lotta dei comunisti contro l’UE e tutte le alleanze imperialiste deve esser collegata al rovesciamento rivoluzionario della propria borghesia con il potere del popolo lavoratore nel proprio paese, secondo il principio che la lotta di classe è internazionale nel contenuto e nazionale nella forma.
Intervista a Pedro Eusse, membro dell’UP del Partito Comunista del Venezuela in cui esprime l’analisi dei comunisti sulla situazione nel paese, sullo sviluppo della lotta di classe e le sfide dei lavoratori e del PCV. Eusse afferma che, secondo il PCV, il governo di Maduro non può esser considerato “socialista” e il Venezuela non è un paese socialista dato che non si è mai nemmeno iniziato a costruire il socialismo al di là della propaganda governativa. Eusse descrive come il governo Maduro ha interrotto il processo di riforme progressiste iniziato da Chavez, seppur non si trattasse in alcun modo di socialismo, introducendo un processo di controriforme di taglio neoliberista che hanno smantellato le conquiste precedenti a favore della borghesia nazionale e transnazionale attraverso il patto oligarchico con l’opposizione di destra. Pertanto, Eusse, individua che la classe lavoratrice venezuelana è tra i due fuochi della politica antipopolare del governo e l’aggressione imperialista degli USA, per cui è necessario rafforzare la propria lotta di classe indipendente per un’alternativa rivoluzionaria popolare verso la conquista del potere operaio-popolare per iniziare realmente la costruzione del socialismo nel paese. In questo la sfida del PCV è di rafforzarsi come avanguardia rivoluzionaria della classe operaia e del popolo lavoratore.
Articolo di Giorgios Marinos, membro dell’UP del Partito Comunista di Grecia sulle lezioni da trarre per i comunisti e la classe operaia dagli eventi del mese scorso in Kazakistan. Marinos, nell’analizzare il contesto nazionale e internazionale della lotta di classe e della competizione interimperialista, mette ancora una volta in luce come il cuore della rivolta sia stata la classe operaia industriale kazaka. «Gli eventi sono inconfutabili e smascherano tutti coloro, compresi alcuni Partiti Comunisti, che con la posizione che hanno preso si sono rivoltati contro la lotta popolare, l’hanno incriminata, hanno appoggiato le pretese del governo borghese, e hanno sostenuto l’intervento imperialista della Russia, hanno creato pretesti per interventi euro-atlantici, al servizio delle classi borghesi. Il fatto che ci sia l’esperienza delle cosiddette “rivoluzioni colorate”, con l’intervento degli americani e della UE, come in Ucraina, o la partecipazione di apparati provocatori, che sono attivamente coinvolti in questi casi, non può portare alla denigrazione delle lotte popolari, ma al loro sostegno, con una più decisa espressione di solidarietà internazionalista. La lotta di classe non si svolge in un ambiente “chiaro”, è impigliata nella complessa rete delle contraddizioni interborghesi e delle competizioni imperialiste. I comunisti hanno il dovere di distinguere ogni volta gli elementi nuovi e di prendere una posizione basata su criteri di classe, di esprimere il loro appoggio alla lotta operaia-popolare, di studiare il suo orientamento, di rifiutare le prese di posizione che portano a intrappolarsi al fianco dell’una o dell’altra parte della classe borghese, dell’uno o dell’altro centro imperialista, e questo ha un’importanza speciale per gli eventi in Kazakistan». Infine, evidenzia che ciò che è mancato per indirizzare gli eventi verso la rottura totale con l’ordine borghese è il fattore soggettivo: «la conclusione fondamentale riguarda la necessità di un forte Partito Comunista con strategia rivoluzionaria e forti legami con la classe operaia, in modo che possa intervenire nel conflitto di classe, per creare e sfruttare gli umori di lotta contro il potere borghese, per sfruttare le fratture che si creano dalle opposizioni interborghesi, per salvaguardare la lotta dall’intervento di forze borghesi e riformiste, dagli apparati provocatori nazionali e dall’estero. Preparare ogni giorno la classe operaia per il rovesciamento del sistema di sfruttamento in condizioni rivoluzionarie.»
Comunicato del Partito Comunista del Belgio (PCB-CPB) che denuncia la propaganda mediatica che spinge ad un conflitto con la Russia evocando una possibile invasione dell’Ucraina. «Questa minaccia serve gli interessi e i piani degli USA, della NATO e dell’Unione Europea per stringere il cappio attorno alla Federazione Russa nella loro competizione interimperialista, nonostante gli accordi di non espansione della NATO a est al momento della dissoluzione dell’Unione Sovietica», dichiara il PCB affermando che «questa escalation tra gli USA, la NATO, l’UE e la Russia è pericolosa per i popoli». I comunisti belgi mettono in evidenza come la minaccia di guerra serva ad aumentare il bilancio della difesa di 14 miliardi di euro che provengono dal coinvolgimento dell’esercito belga in diversi interventi militari per difendere gli interessi dei monopoli belgi e dell’occidente mentre allo stesso tempo si taglia la spesa sociale e si attaccano i diritti dei lavoratori. «I centri di potere imperialisti esistenti organizzano la competitività per i loro “propri” monopoli. In questi centri imperialisti, gli USA, l’UE e anche la Russia, il grado di sfruttamento dei loro “propri” lavoratori è aumentato. […] L’attuale escalation intorno all’Ucraina è conseguenza del capitalismo nella sua fase imperialista, cioè predominato da una lotta globale per le quote di mercato, le materie prime, le infrastrutture logistiche e le vie di trasporto. Nel caso dell’Ucraina, è in gioco la questione della fornitura di gas all’Europa.», afferma il PCB che chiama a lottare per la chiusura delle basi NATO in Belgio, l’uscita dalla NATO e da tutte le alleanze imperialiste e la cessazione della partecipazione a interventi imperialisti, insieme alla lotta contro il capitalismo-imperialismo e le strutture di potere borghesi per l’internazionalismo proletario e la solidarietà internazionale con i popoli e i lavoratori, per il socialismo.
Comunicato del Partito Comunista del Canada sul cosiddetto movimento “Convoglio della Libertà” che da settimane è protagonista di una protesta contro i vaccini anti-Covid19 nel paese che ha attirato anche l’attenzione internazionale. I comunisti canadesi definiscono questo movimento come «espressione pubblica dell’estrema destra». «I chiari legami – si afferma nel comunicato – tra gli organizzatori del convoglio e le reti di estrema destra indicano che questa non è una manifestazione spontanea della classe operaia. Al contrario, è parte di un fenomeno globale: l’ascesa e il mainstreaming dell’estrema destra, che è dimostrato dal forte sostegno (ideologico e finanziario) dell’estrema destra statunitense e degli ambienti vicini a Donald Trump e all’insurrezione del 6 gennaio. Il convoglio è pieno di bandiere naziste e confederate, cartelli elettorali per Bernier e ogni sorta di simboli di estrema destra.» I comunisti canadesi qualificano il Freedom Convoy come un movimento “reazionario” che alle giuste istanze e rivendicazioni di classe contro il governo e la gestione pandemica sostituisce «un discorso populista e antiscientifico per incanalare la rabbia del popolo lavoratore verso altri lavoratori […] che cerca solo di dividere i lavoratori e instillare l’idea che il nemico non sono i padroni, ma i lavoratori stessi.» «Non dicono una parola sulla questione centrale della difesa e dell’espansione dei nostri servizi pubblici, specialmente il nostro sistema sanitario pubblico; sull’aumento dei salari e sul controllo dei prezzi dei beni di prima necessità; non una parola sulla nazionalizzazione dell’industria farmaceutica per fermare il profitto di Big Pharma (che sta contribuendo alla proliferazione delle varianti), sulle spese militari e sul pericolo della guerra per garantire i profitti delle imprese. Lungi dall’attaccare il sistema, attaccano i lavoratori che lottano per fornire servizi essenziali che salveranno vite umane, nonostante il sottofinanziamento sistemico, la privatizzazione e altro. I comunisti riconoscono molto bene gli interessi dietro questa manifestazione: il grande business e l’estrema destra».