Storie di esternalizzazioni nel Sistema Sanitario: le mense degli ospedali calabresi ostaggio degli interessi dei privati
Come abbiamo approfondito spesso in altri articoli, la presenza dei fornitori di servizi privati all’interno del Servizio Sanitario Nazionale diviene negli anni sempre più importante ed ingombrante, essendo il settore pubblico portato a delegare al privato non solo le attività prettamente cliniche ma, anche e soprattutto, i servizi accessori quali mensa, pulizia e trasporto. La diffusione del Covid, mettendo sotto una pressione senza precedenti il sistema pubblico, non ha fatto che favorire questo fenomeno. L’esternalizzazione dei servizi si è estesa talmente tanto da poter parlare, in molti casi, anche di esternalizzazione delle procedure stesse di assunzione, svolte spesso con una vera compromissione della trasparenza ed effettuata soprattutto al fine di far sottoscrivere ai lavoratori contratti a tempo determinato (come in questo caso riguardante l’Asp di Vibo Valentia). Il ricorso alle ditte esterne si è diffuso enormemente rendendo sempre più difficile distinguere cosa sia realmente pubblico e cosa sia privato, funzionante con logiche personalistiche e saturo di conflitti di interessi.
Tutto ciò è una delle tante conseguenze, oltre che dell’attacco del profitto privato alle attività e alle risorse dei servizi pubblici, del profondo riordino in termini aziendalistici del Ssn che fu previsto dai decreti del 1992 e del 1993, i quali istituirono le aziende sanitarie, riordino giustificato dai suoi promotori in virtù dell’assoluto imperativo di mettere sotto controllo la spesa pubblica in generale e sanitaria in particolare pari allora, in valori assoluti, a circa 96 mila miliardi di lire nel 1992 e arrivata al 6.4-6.5% del Pil (si consideri comunque che la spesa sanitaria in Italia non era molto distante da quella britannica e leggermente minore rispetto ai valori propri di Francia e Germania). A partire degli anni ‘90, anche per via della fine della forza deterrente del movimento operaio e del blocco socialista, i capitali privati e i loro rappresentanti politici utilizzano con più facilità il ritornello delle dimensioni del debito pubblico per giustificare lo smantellamento del sistema sanitario pubblico, a favore del mercato.
Dal momento dell’aziendalizzazione del Ssn, è diminuita la spesa sanitaria pubblica se comparata con quella necessaria visto il fabbisogno sanitario in aumento, dovuto anche all’inflazione. Nello stesso periodo, si è verificato un aumento della componente privata della spesa: oggi addirittura il 23,3% dei posti letto si trova nelle strutture private accreditate, con tutti i pericoli che questo comporta in termini di mancati controlli, conflitti di interesse con le dirigenze pubbliche (le quali spesso hanno un tornaconto nel settore privato), disparità di carico e di rischio con gli ospedali pubblici in senso stretto (le cliniche accreditate si accaparrano quasi sempre gli interventi più lucrosi e lasciano al pubblico i più incerti e usuranti). Nel 2017 hanno prestato l’assistenza ospedaliera mille istituti di cura, il 51,8% dei quali pubblici e il 48,2% privati accreditati (nel 2010 i privati accreditati erano il 46%, con una tendenza in evidente ascesa). L’avvio delle esternalizzazioni dei servizi nel Servizio Sanitario Nazionale, in particolare, risale alle Linee Guida del Ministero della sanità n. 2 del 1996, con il quale si inaugurò il trasferimento, in base a un rapporto di tipo contrattuale, della produzione di servizi e attività strumentali, che in precedenza erano svolte al proprio interno, ad imprese private con il coinvolgimento di operatori portatori di risorse e competenze non presenti altrimenti nelle aziende sanitarie.
Oggi osserveremo da vicino uno degli effetti più diffusi di questa dinamica interna ai nostri ospedali: la negligenza da parte delle aziende private che, forti del loro ruolo di quasi-monopolio nei confronti della struttura pubblica locale, si limitano a sfruttare strumenti, locali e infrastrutture fornite dal Ssn per ottenere un profitto con il minimo costo e sforzo. A ciò si aggiunge il disinteresse al controllo delle istituzioni pubbliche stesse, da una parte sventrate da decenni di tagli al personale e, dall’altra parte, colonizzate da dirigenti che sono spesso essi stessi legati a doppio filo agli interessi politici ed economici del privato. Parleremo con Bruno Graziano, militante del Sindacato Generale di Base a Corigliano-Rossano (Cs), che da settimane guida la lotta degli addetti alla ristorazione e alla mensa dell’ospedale di Rossano, soprattutto al fine di ottenere il rispetto delle normative minime di sicurezza e il pagamento regolare delle retribuzioni.
Ciao Bruno, iniziamo col chiarire chi sono i protagonisti di questa vicenda.
Protagonista è, innanzitutto, la Siarc, una società che ha sempre lavorato nella ristorazione e che ha vinto anni fa l’appalto nella provincia di Cosenza per i servizi di mensa e ristorazione negli ospedali. Da sei o sette anni quest’azienda è andata a degenerarsi per una cattiva gestione manageriale e il conseguente incremento dei debiti (ogni giorno ci sono notizie di pignoramenti), di cui come al solito stanno facendo le spese i lavoratori. Questi, fino a qualche mese fa, hanno sempre cercato di dare il massimo per garantire un servizio ottimale all’interno della mensa, ricevuta dalla ditta in affidamento dall’Asp. Notate bene: la gara d’appalto è stata fatta più di quindici anni fa e quest’ultimo sarebbe dovuto durare solo tre anni, quindi l’azienda gestisce il servizio in proroga senza gara da più di dieci anni. Questo monopolio di fatto ha portato ad una trascuratezza sempre maggiore del servizio, con mezzi fatiscenti e scarsità di manutenzione degli ambienti (nei quali, prima, lavoravano i dipendenti interni dell’azienda sanitaria). Tenete conto che il piano cottura che si trova a Rossano rifornisce anche i pazienti degli ospedali vicini come quello di Castrovillari o di Corigliano.
In questo quadro in che condizioni lavorano i dipendenti?
Essendo stato esternalizzato il servizio, i dipendenti pubblici che ci lavoravano hanno fatto formazione e sono stati trasferiti di mansione mentre il servizio ristorazione ha cominciato ad essere svolto da dipendenti della ditta privata. Al momento della consegna dal pubblico al privato, vi posso assicurare, la mensa era tenuta in maniera impeccabile, mentre ora ci troviamo di fronte ad un ambiente letteralmente devastato e non curato, infatti i lavoratori rischiavano quotidianamente danni all’incolumità personale, tra bombole di gas, corrente e la necessità di accendere il bollitore con una fiamma col rischio di causare un’esplosione. Poi cavi della corrente che si trovavano vicino all’acqua, mezzi di trasporto aziendali privi di manutenzione e assicurazione con i lavoratori che ogni mattina dovevano fare una colletta per portare le vettovaglie ai malati, anche in un periodo di caro benzina come questo. Noi abbiamo continuamente denunciato all’Asp le condizioni di lavoro e di sicurezza insufficienti, ma le istituzioni non sono mai intervenute.
Cosa ha fatto scattare la protesta tra i lavoratori e che iniziative avete preso?
Fino a poco tempo fa i dipendenti hanno continuato a lavorare ma ad un certo punto hanno cominciato a mancare, oltre le condizioni minime di sicurezza, anche gli stipendi. Abbiamo fatto delle assemblee con i lavoratori, che sono circa trentacinque, e abbiamo deciso prima di tutto di mettere in mora l’azienda, secondo la legge 46 del 1990, dando poi seguito allo stato d’agitazione e al primo sciopero programmato rispettando le normative per i servizi pubblici essenziali. Ci siamo mobilitati davanti alla direzione provinciale dell’Asp di Cosenza (che si trova a cento chilometri di distanza da Rossano, e nonostante questo vi è stata piena partecipazione da parte dei lavoratori). Dopo questa giornata, l’Asp ha mandato i suoi ispettori a controllare, ma il verbale da essi successivamente pubblicato non rispecchiava fedelmente la realtà e non era incisivo come doveva essere. Dopo che i lavoratori hanno incrociato le braccia finalmente si è sbloccato qualcosa, soprattutto a livello mediatico, e la direzione dell’Asp finalmente ha sospeso l’azienda dando un incarico temporaneo a un’altra ditta che sta attualmente gestendo il servizio mentre i nostri lavoratori sono sospesi.
Che risultati avete ottenuto?
Abbiamo chiesto l’intervento sostitutivo dell’Asp per pagare le mensilità arretrate. Contestualmente, è scattato il sequestro dei locali e dei furgoni della Siarc e dovrebbe partire da qui a pochi mesi la nuova gara d’appalto, finalmente, con un confronto per la riassunzione dei lavoratori nella nuova azienda, con un affidamento temporaneo alla Siarc nel caso in cui questa provveda a colmare le mancanze e rispettare le normative.
La storia dei lavoratori della mensa dell’ospedale di Rossano fa riflettere su quanto siano ingannevoli e illusori i presunti vantaggi, tanto propagandati, della privatizzazione e della esternalizzazione delle attività essenziali, con le attività contracted-out che, addirittura, sono in crescita in molti paesi europei non solo nell’area dei servizi accessori ma anche dei servizi medici. Tra questi fantomatici vantaggi dell’esternalizzazione dei servizi vi sarebbe in genere quello della certezza della spesa e del controllo della qualità. L’esternalizzazione di un servizio, contrattualmente definita, permette la conoscenza del costo che l’azienda sostiene a fronte di un servizio il cui standard di qualità può essere negoziato a priori e verificato in corso d’opera. Questa è la giustificazione formale e politica della grande diffusione della pratica, soprattutto in regioni, come la Calabria, nelle quali il piano di rientro vieta di fatto da anni la pubblicazione di bandi per veri piani di assunzione.
Come si vede, il problema è che poi l’effetto, anche economico, delle esternalizzazioni è esattamente l’opposto, con l’aumento reale dei costi monetari ed umani per via del crescente potere contrattuale degli appaltatori e della necessità di profitto dei privati. E con l’abbassamento della qualità del trattamento dei professionisti, sempre più “flessibilizzati” e sotto ricatto. Tra gli svantaggi delle esternalizzazioni c’è, inoltre, quello di una perdita di controllo sul processo di produzione, almeno in senso gerarchico (fare rispettare i capitolati d’appalto diviene più difficile che fare rispettare le direttive interne alla stessa unità pubblica) e la perdita di competenze organizzative in una determinata area del settore pubblico, che esacerba la sofferenza finanziaria e la diminuzione del potere negoziale dell’istituto nel futuro. Svantaggi strutturali, ineliminabili all’interno della stessa dinamica privatistica del sistema e che le vicende sui territori ci confermano continuamente.