Dal Partito Comunista di Israele – intervista a Issam Makhoul
14 febbraio 2025
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Un membro di spicco del Partito Comunista di Israele, ex membro della Knesset e attualmente presidente di Hadash (il Fronte Democratico per la Pace e l’Uguaglianza), parla con il Morning Star, giornale socialista britannico. L’intervista è stata pubblicata mercoledì 12 febbraio 2025.
Qual è la sua opinione sulle dichiarazioni di Trump su Gaza? Come si riflettono sul rapporto degli Stati Uniti con Israele e sul suo ruolo in Medio Oriente?
Queste dichiarazioni di Trump dimostrano una mentalità barbarica, portando nella questione di Gaza un atteggiamento da “cowboy” dall’esperienza americana: eliminare i nativi perché lo ha deciso l’uomo bianco.
Dobbiamo essere chiari sul fatto che questa non è stata una guerra contro Hamas per motivi di sicurezza, ma una guerra strategica, pianificata, con l’obiettivo di sfollare e cancellare la popolazione palestinese. Ora Trump ha detto: lo realizzerò per voi.
Non si tratta solo di Trump: la guerra di sterminio che ha distrutto Gaza è stata condotta con bombe fornite dall’amministrazione Biden, con spedizioni ininterrotte dagli USA di tutti i mezzi di assassinio e distruzione e sulla base della politica degli Stati Uniti. Guardate la tempistica del cessate il fuoco. Quando c’è stato un nuovo presidente che pensa che il vero interesse degli Stati Uniti sia quello di fermare la guerra, la guerra è stata fermata. È bastata una settimana.
Quindi, una volta che gli interessi degli Stati Uniti sono sul tavolo, Israele obbedisce. Quando l’amministrazione Biden incoraggiava Israele a lanciare questa guerra di sterminio, essa ha avuto luogo. Se Israele ha commesso crimini di guerra, crimini contro l’umanità, è perché l’amministrazione degli Stati Uniti lo vuole e lo accetta. Gli Stati Uniti, fin dall’inizio, hanno fatto parte di questa guerra, hanno guidato questa guerra, hanno commesso questi crimini di guerra.
La realtà è che Israele serve e obbedisce ai più profondi interessi e progetti imperialistici degli USA in Medio Oriente. Si diceva che per avere una soluzione politica in Medio Oriente bisognava passare attraverso la questione palestinese. Ma gli americani mentivano quando parlavano di una soluzione a due Stati. Quella soluzione era sempre per un certo tempo nel futuro, mai per l’ora. Ora si cerca di fare in modo che, piuttosto che il popolo palestinese sia in grado di rimuovere l’occupazione, sia l’occupazione a rimuovere il popolo palestinese.
Ma il progetto americano non è un progetto palestinese e nemmeno mediorientale. È un progetto globale, parte della sua guerra contro la Cina. Alcuni anni fa, gli USA volevano addirittura ridurre la loro presenza in Medio Oriente, per concentrarsi sull’Asia orientale e contrastare la Cina. Così, Israele sarebbe stato il suo braccio per riorganizzare la regione nel “nuovo Medio Oriente” a beneficio dell’America. Naturalmente gli USA hanno continuato a essere coinvolti nella distruzione e nella destabilizzazione degli stati della regione – Iraq, Libia, Yemen, Libano, Sudan; nella costruzione delle forze terroristiche in Siria – e l’esercito statunitense è ancora parte dell’occupazione in Siria.
La Siria è occupata oggi da tre eserciti: l’esercito della Turchia, che è membro della NATO; l’esercito israeliano, nel Golan e nei territori recentemente occupati; e l’esercito statunitense che occupa i giacimenti petroliferi. A meno che la nuova leadership in Siria e le forze patriottiche siriane non combattano e lottino per liberarsi da queste occupazioni, la Siria non potrà essere libera.
Ma già nel 2023 gli Stati Uniti erano sotto pressione per le nuove relazioni dell’Arabia Saudita e degli Stati del Golfo con i BRICS, con la Cina e con la Russia. E ricordiamo anche che solo un mese prima del 7 ottobre Biden parlava del suo progetto di un canale americano (il Corridoio IMEC) per rivaleggiare con la Via della Seta cinese (Belt and Road), facendo transitare le merci dall’India attraverso il Medio Oriente e il Mediterraneo fino all’Europa.
È nell’interesse degli Stati Uniti “ripulire” l’area dagli ostacoli. Uno di questi ostacoli è Hezbollah, un altro è Hamas. Quindi, gli interessi degli USA convergono con le prospettive del governo fascista e colonizzatore israeliano, che non ha modo di pensare alla questione palestinese se non attraverso l’annessione, la costruzione di insediamenti, le guerre di sterminio e la cacciata del popolo palestinese dalla propria terra.
La proposta di Trump è praticabile?
L’annuncio di Trump porta a un pericolo reale e all’instabilità internazionale. Un mondo che accetta di demolire i diritti nazionali del popolo palestinese è un mondo che sarà sotto i piedi di uno come Trump. È nostro dovere, in tutto il mondo, rifiutare ciò e difendere i valori umani, l’umanità e la civiltà.
Queste idee di Trump non possono essere realizzate nemmeno se ad attuarle siano i regni e le repubbliche arabe. Essi rifiutano, non perché sostengono i palestinesi, ma soprattutto perché le proposte di Trump rappresentano una minaccia per la loro stessa esistenza e sicurezza nazionale, da un lato, e perché i palestinesi combatteranno per la loro terra e non se ne andranno. La vera questione è come porre fine alla guerra e all’occupazione. Dobbiamo creare uno Stato palestinese libero da insediamenti e coloni provocatori. Questa è l’unica via per la stabilità e la pace nell’area e nel mondo.
Cosa c’è dietro l’intensificarsi della violenza israeliana in Cisgiordania? Può commentare la politica in Israele e il lavoro di Hadash?
Il governo israeliano si ispira a un progetto storico per cacciare i palestinesi, non solo da Gaza ma soprattutto dalla Cisgiordania, quella che chiamano Giudea e Samaria; tra coloro sostengono questo progetto vi è la destra religiosa che vuole rievocare le loro antiche storie. La loro politica principale è quindi quella di attaccare e cercare di cancellare il popolo palestinese. Questi attacchi vengono portati avanti non per sicurezza, ma per soddisfare esigenze ideologiche e per cercare di costringere i palestinesi a rinunciare alle loro richieste nazionali e a sfrattarli dalla Palestina.
Ma il problema in Israele non riguarda solo il governo. Ad esempio, l’opposizione sionista – Gantz, Lapid, Lieberman e così via – si è congratulata con Trump per il suo piano. Questi atteggiamenti non sono solo idee di destra, ma sono intrinseci alle forze sioniste in Israele.
Ben prima del 7 ottobre, la discriminazione nei confronti della popolazione palestinese all’interno di Israele e la violenza contro i palestinesi nei territori palestinesi erano in aumento. Il governo israeliano sentiva che la democrazia aveva iniziato a rappresentare una sfida per lo Stato ebraico; così all’interno di Israele ha iniziato ad attaccare le regole democratiche, i tribunali e così via, mettendo da parte persino la legge israeliana, per non parlare del diritto internazionale. Ecco perché credo che oggi si possa dire che lo Stato ebraico è riuscito a fagocitare lo Stato democratico.
Hadash (FDPE), nella realtà e nella sua concezione politica, è il Fronte Democratico per la Pace e l’Uguaglianza in cui arabi ed ebrei in Israele conducono una lotta comune per una pace giusta, una democrazia e una profonda uguaglianza tra i suoi cittadini nei diritti civili e nazionali. Attraverso Hadash, stiamo lavorando per costruire coalizioni di forze che lottano contro il fascismo all’interno di Israele e contro la guerra di sterminio contro il popolo palestinese, di forze che dissentono con l’occupazione e con gli attacchi ai diritti dei palestinesi.
Nella tutela dei diritti collettivi, nazionali e civili della popolazione araba palestinese all’interno di Israele, lavoriamo attraverso l’Alto Comitato di Controllo per i Cittadini Arabi di Israele, cerchiamo di unire i gruppi politici arabi, sulla base di un programma di lotta unitario, e lavoriamo per coinvolgere anche i gruppi composti principalmente da persone ebree che sono per la democrazia, la pace e l’uguaglianza.
Così, dopo la dichiarazione del cessate il fuoco e dell’accordo per lo scambio di prigionieri, abbiamo organizzato un incontro per riunire le forze che si oppongono alla guerra. La polizia cerca di vietare i nostri incontri e le nostre manifestazioni e fa pressione sui proprietari delle sale per impedirci di tenere grandi riunioni. Ma siamo riusciti a tenere l’incontro a Kafr Yasif, dove Hadash ha la leadership del comune locale. Oltre ad Hadash e al Partito Comunista di Israele, ha partecipato Balad/Tajammu (partito politico nazionalista arabo in Israele), la partnership che rappresenta decine di piccole organizzazioni per la pace e i giovani attivisti ebrei che rifiutano il servizio militare. Tutti questi gruppi sono stati coinvolti e hanno preso parte alle discussioni.
Dove si va adesso?
Chi sognava che questa guerra avrebbe messo la questione palestinese da parte, fuori dalla storia, sarà frustrato. Non solo in Israele, ma anche negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Germania e in Francia. Li accusiamo tutti. Ed è una guerra che è stata sostenuta silenziosamente anche dai regimi arabi. Ma la questione palestinese ora, forse più che mai, è sul tavolo, sul tavolo internazionale. Ora nessuno può dire “non vedo”.
E hanno fallito. Fallito non perché i palestinesi abbiano ottenuto una grande vittoria, ma perché Israele non ha potuto raggiungere i suoi obiettivi. Ed è per questo che ora stiamo arrivando a una nuova era, a una nuova fase del conflitto. Non sarà facile.
Per opporsi ai piani di Trump e Netanyahu abbiamo bisogno di unità. Per il mondo arabo, ci dovrebbe essere un vero e proprio vertice arabo con una chiara decisione di respingere questo piano e di rifiutare la normalizzazione dei rapporti con Israele a meno che non ci sia una soluzione politica – la fine dell’occupazione e la creazione di uno Stato palestinese. Vale a dire, uno Stato palestinese indipendente sui confini del 4 giugno (1967), con Gerusalemme Est come capitale, il ritiro degli insediamenti e delle forze di occupazione israeliane e la soluzione della questione dei rifugiati palestinesi secondo le risoluzioni delle Nazioni Unite.
Alcuni intellettuali, anche palestinesi, dicono che è impossibile creare uno Stato palestinese a causa degli insediamenti. Io dico che è impossibile risolvere il problema degli insediamenti senza creare uno Stato palestinese.
Per i palestinesi ora, credo che sia una responsabilità storica in questo momento per tutti i gruppi e le aree palestinesi unirsi, trovare un modo per ricostruire l’unica istituzione che può unificare le forze palestinesi, che è l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Dovrebbe essere ampliata per includere Hamas e la Jihad islamica, e così via, e riformata. Questa è l’unica risposta. Penso che tutti coloro che cercano di frapporre ostacoli a essa siano al servizio dell’occupazione israeliana e del progetto americano.