Fin dalla sua presentazione ReArm Europe, insieme al più generale piano tendente alla costituzione di un sistema di difesa comune europea e all’affinamento delle capacità militari dell’UE nel suo complesso, ha riscosso il sostegno di un’area composita, che include i partiti rappresentanti le principali tendenze politico-ideologiche in seno alla borghesia. Quest’area raccoglie, seppur con sfumature diverse o differenti linee strategiche, i partiti conservatori, liberali e socialdemocratici.
I piani bellicisti vedono però nel nostro paese una pericolosa confluenza: quella dei neofascisti. Proprio il rischio di una convergenza “pratica” (oltre che politica e ideologica) in nome della guerra imperialista tra “europeismo” e lo sciovinismo nazionale rappresentato dai fascisti, che i settori dominanti della borghesia storicamente arruolano nei momenti di crisi e di conflitti militari, rende necessaria una riflessione sulla natura di classe di queste due tendenze e su come nazionalismo e paneuropeismo siano solo apparentemente contraddittori. In quest’ottica si procederà ad esaminare elementi comuni ed eventuali divergenze tra le forze politiche che in queste settimane si sono spese nel sostegno dei piani di guerra.
Proposto lo scorso 4 marzo dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il piano di riarmo da 800 miliardi di euro è stato approvato dal Parlamento Europeo il 12 marzo con una larga maggioranza di 419 voti a favore, 204 voti contrari e 46 astenuti[1]. Tra i partiti europei che maggiormente hanno sostenuto il piano di riarmo[2] vi sono stati il Partito Popolare Europeo (94% di favorevoli) e l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (87,7%). All’interno del primo gruppo, gli europarlamentari italiani di Forza Italia hanno votato compatti a favore del piano[3], mentre nel secondo il Partito Democratico ha visto 10 dei suoi esponenti votare a favore e 11 astenersi[4]; un’astensione (non una contrarietà) che tuttavia, in un contesto di maggioranza schiacciante dei gruppi parlamentari a favore del piano, appare più come una mossa propagandistica che non come una presa di posizione netta e coerente. Si registra inoltre il pieno sostegno al piano da parte di Fratelli d’Italia[3].
Tornando al PD, nei fatti l’astensione, mediaticamente propagandata come una “spaccatura” interna[5], non è altro che una (solo in parte) diversa visione sulle prospettive e le modalità del riarmo: infatti, se da una parte una serie di esponenti del partito si sono schierati senza ambiguità a sostegno di ReArm Europe[6] [7], gli astenuti si sono espressi non condannando l’escalation bellica o il ruolo dell’UE nell’aumento delle tensioni internazionali, ma promuovendo una visione in cui gli investimenti vadano in maniera più forte nella direzione del finanziamento di progetti comuni[8] e della costruzione di una “vera” difesa comune europea anziché procedere con «il riarmo dei singoli Stati»[9]. A seguito della votazione all’Europarlamento, il partito ha anche ufficialmente trovato una posizione comune, promuovendo una tiepida “critica” a ReArm Europe, sostenendo proprio la necessità di passi avanti più decisi verso la difesa comune[10], in un’ottica di gestione quasi aziendalistica dei fondi statali ed europei finalizzata a ridurre gli “sprechi”[11]. Ancora una volta, quindi, non una contrarietà di principio, ma una piena accettazione delle logiche belliciste, che al contrario si intende “efficientare” proprio con l’esercito europeo finalizzato ad accrescere le capacità militari dell’UE nel suo complesso.
Oltre alle forze politiche già citate, ReArm Europe riscuote inoltre il pieno sostegno da parte dei liberali di Calenda («Il riarmo dell’Europa non cozza contro i valori europei. L’idea stessa di Europa è nata con il progetto di difesa comune. C’è grande ipocrisia nello scrivere si alla difesa no alle armi, perché senza armi non c’è difesa. […] Non è con questo spirito che si costruirà l’Europa politica indipendente da USA e Russia»[12]).
La convergenza di varie aree politiche sul riarmo europeo, o più in generale e in maniera meno velata sulla difesa comune, non stupisce, dato che già in passato i principali partiti della politica istituzionale italiana (salvo alcune isolate eccezioni) hanno dato prova di una politica estera, in particolare per quanto riguarda l’adesione dell’Italia ai piani imperialisti euroatlantici e la promozione delle spese militari, a tratti indistinguibile. Tuttavia, non sono solo i partiti borghesi parlamentari a sostenere ReArm Europe o l’esercito europeo, ma anche i fascisti di CasaPound Italia. Proprio il partito di estrema destra, parzialmente oscurato (o forse cavalcando la stessa onda?) dalla propaganda del partito di Giorgia Meloni, ha deciso di spendersi con forza a sostegno di ReArm Europe, dell’esercito comune e dell’indipendenza strategica e militare dell’Europa, dedicando a questo tema diversi articoli e comunicati[13] [14] [15], oltre che slogan quali «Europa potenza»[16].
L’organizzazione fascista nei suoi vaneggiamenti denuncia «l’accordo antieuropeo tra Washington e Mosca» fondato sull’«antifascismo reazionario» e saluta con entusiasmo ReArm Europe, sottolineando come l’UE «sembra essersi svegliata da quel torpore e immobilismo che ha contraddistinto la sua intera esistenza», giungendo alla conclusione che «pensare ancora solamente nei termini di Stato Nazione è da ritenersi ormai superato. Chi non aspira ad un’Europa sovrana, unita e potente non potrà aspirare lo stesso destino per qualunque altra Nazione della stessa, Italia compresa» e che «il riarmo e l’aumento di investimenti in campo militare non può che essere rivolto alla creazione di un esercito europeo unitario, primo passo per un più ampio e complesso progetto di sovranità e indipendenza europea».
La natura antipopolare dei fascisti traspare in ogni parola dei comunicati di CPI, ma è tanto più evidente quando si attacca apertamente quanti lottano per i diritti sociali, ai quali le spese militari sono apertamente contrapposte:
«Non armarsi perché dobbiamo “spendere in ospedali” è una visione miope e da vecchi. Tra l’altro nessuno dice che bisogna scegliere tra sicurezza e sanità: sono due investimenti diversi e altre nazioni li portano avanti entrambi. Il pianto sullo stato sociale sembra più che altro il ragionamento da chi ha ingerito troppe pillole di economia, arrivando a credere che sia l’economia a forgiare le potenze: se investimenti non arriveranno su scuola, sanità e demografia non sarà certo colpa degli investimenti sulle armi. I quali – storicamente – sono sempre stati volani per l’industrializzazione».
Ci si potrebbe chiedere come gli europeisti si siano trovati “dallo stesso lato della barricata” dei fascisti: si tratta di un errore di valutazione o di un cambio di posizionamento da parte dell’estrema destra? La risposta si trova nella natura di classe di entrambi questi schieramenti, due facce della medaglia che è la gestione e la tutela degli interessi borghesi, dei quali tanto i neofascisti quanto i liberali o i socialdemocratici sono espressione (al netto dei paraventi ideologici che, di volta in volta, mascherano in modi diversi questi interessi materiali). In un cambio di fase come quello attuale, caratterizzato da una profonda accelerazione verso il conflitto imperialista generalizzato e i conseguenti cambi di strategia da parte delle potenze capitaliste, i partiti espressione della classe dirigente (seppur in forme apparentemente diverse e solo in parte contraddittorie) giurano fedeltà agli interessi del capitale italiano, che attualmente passano per il riarmo, l’esercito comune europeo e l’affermazione dell’autonomia strategica dell’UE nei confronti dei propri alleati NATO nell’“aspirazione” di scalare posizioni nella piramide imperialista.
Va inoltre tenuto conto di un ulteriore fattore: nella storia, la borghesia ha fatto ricorso al nazionalismo (in molti casi incarnato dal fascismo) come elemento ideologico volto a legittimare la costituzione e il mantenimento del suo dominio di classe; uno strumento per convincere le classi popolari che la “bandiera” della borghesia rappresentava gli interessi interclassisti di tutta la nazione. Oggi l’europeismo, seppure non rappresentando una “nazione”, e soprattutto non rappresentando un vero e proprio Stato, assolve a un ruolo analogo: tramite elementi retorici quali dipingere l’UE come isola di “democrazia” e “libertà”, definirla un baluardo dei “valori occidentali” contro i “regimi autoritari”, chiedere dei sacrifici in nome della sua difesa, vengono utilizzati proprio i motivi propagandistici di inizio novecento che contrapponevano la nazione alle potenze concorrenti. Il classico nazionalismo e l’europeismo condividono quindi una radice ideologica, e quest’ultimo può essere assimilato a una forma di sciovinismo più elaborata, meno compromessa con il passato e “allargata” geograficamente[17]. Anche per questo, la convergenza tra europeisti e neofascisti non stupisce fino in fondo.
Il fatto che tanto i principali esponenti del governo Meloni quanto la finta opposizione si candidino con forza a rappresentare gli interessi dominanti del capitale italiano fa sì che questi si trovino “spalla a spalla” con chi, non a caso, ha sempre tentato di praticare la peggior violenza padronale e contro chi storicamente si batte contro la guerra imperialista e la società di sfruttamento e oppressione in cui viviamo.
Solo dal movimento operaio-popolare potrà arrivare una lotta coerente e decisa contro le spese militari, la guerra imperialista e per una società basata sugli interessi collettivi, e non quelli di un pugno di speculatori. Solo dalla lotta per l’uscita unilaterale dell’Italia da NATO e UE all’interno di un percorso rivoluzionario, la chiusura delle basi USA-NATO sul territorio italiano, il richiamo dei soldati italiani da tutti i teatri di guerra, solo con l’investimento sulla spesa sociale anziché continuare a investire miliardi in spese militari sarà possibile rovesciare il tavolo e disinnescare, nel nome degli interessi degli strati popolari, la guerra promossa tanto dai fascisti, quanto da liberali ed “europeisti”.
Note
[1]: I deputati esortano l’UE a garantire la propria sicurezza, Europarl.europa.eu, 12 marzo 2025.
[2]: Processo verbale – Risultato delle votazioni per appello nominale, Europarl.europa.eu, 12 marzo 2025.
[3]: Il Parlamento Europeo ha approvato il piano “Rearm Europe”, Lindipendente.online, 12 marzo 2025.
[4]: Via libera del Parlamento europeo al piano ReArm Europe, Lespresso.it, 12 marzo 2025.
[5]: Elly Schlein e il Pd spaccato dopo il voto sul riarmo europeo: la segretaria in discussione, sale la richiesta di un confronto interno, Ilmessaggero.it, 12 marzo 2025.
[6]: ReArm Europe, Prodi scuote il Pd e ammonisce: “È un primo passo necessario, poi subito un esercito”, Rainews.it, 10 marzo 2025.
[7]: ReArmEurope, Schlein: «Non lasciare indietro le questione sociali». Gentiloni: «Il piano non va ostacolato», Ildubbio.news, 15 marzo 2025.
[8]: Il Pd lavora per l’astensione sul piano di difesa europea e rischia la crisi coi socialisti, Editorialedomani.it, 11 marzo 2025.
[9]: In Italia il piano di riarmo dell’UE spacca il Partito democratico, “Schlein non è all’altezza”, Mattinonline.ch, 13 marzo 2025.
[10]: Il Pd non si spacca sul piano di riarmo e chiede il riconoscimento della Palestina, Today.it, 18 marzo 2025.
[11]: Ue: Zan (PD), ReArm va cambiato, difesa comune senza tagliare sanità e sociale, Partitodemocratico.it, 18 marzo 2025.
[12]: Post di Carlo Calenda su Facebook, 10 marzo 2025.
[13]: Rearm Europe: perché opporsi vuol dire rimanere schiavi, Ilprimatonazionale.it, 12 marzo 2025.
[14]: Europa, guerra e riarmo: ABC per principianti della politica, Ilprimatonazionale.it, 26 marzo 2025.
[15]: Né Washington né Mosca: Europa Potenza, Casapounditalia.org, 19 marzo 2025.
[16]: Striscione CasaPound a Torino, ‘Né Washington né Mosca’, Ansa.it, 25 marzo 2025.
[17]: Per approfondire: L’europeismo non è migliore del “vecchio” nazionalismo, Senzatregua.it, 22 marzo 2021.