Lo stato al fianco delle imprese: socializzare le perdite, privatizzare i profitti
La fase economica che ci aspetta sarà caratterizzata da un imponente intervento dello Stato in favore del sistema finanziario, almeno questo si evince dalle cifre dell’ultimo comunicato del ministero dello sviluppo economico. Da settimane banche e imprese chiedono un’immissione di liquidità nel mercato e un intervento diretto dello Stato a salvaguardia delle imprese: il governo non si è fatto pregare troppo.
Il sostegno statale si articola in differenti istituti, vecchi e nuovi, che in questi giorni hanno visto un incremento esponenziale delle richieste.
Le domande di adesione alle moratorie sui prestiti sarebbero giunte a 1,6 milioni per 177 miliardi (aggiornate al 24 aprile) e le richieste di garanzia per i nuovi finanziamenti bancari per le micro, piccole e medie imprese presentati al Fondo di Garanzia per le Pmi supererebbero quota 90.000. Il 71% delle domande o comunicazioni relative alle moratorie, secondo il comunicato del ministero, è già stato accolto dalle banche, l’1% rigettato e il resto ancora in valutazione. Di queste domande, oltre il 43% provengono dalle imprese (a fronte di prestiti per 120 miliardi), 900.000 (ovvero più della metà) dalle famiglie a fronte di prestiti per “soli” 54 miliardi di euro. In minor misura, cioè solo 50.000 domande, hanno riguardato la sospensione delle rate del mutuo sulla prima casa attraverso l’accesso al fondo Gasparrini, per un importo medio di circa 89.000 euro.
Dal 17 marzo al 5 maggio le domande arrivate al Fondo di Garanzia sono 91.973 secondo il ministero dello Sviluppo e Mediocredito Centrale. I finanziamenti annunciati sono pari a circa 5,6 miliardi, 5,4 dei quali relativi alle misure introdotte con gli ultimi decreti, e dovrebbero esser indirizzati ad imprese, artigiani, autonomi e professionisti, elargiti indipendentemente dalla residenza fiscale. Sembrerebbe insomma la più grande manovra di spesa pubblica in favore del privato degli ultimi trent’anni.
Per garantire liquidità alle imprese è stata attivata anche “Garanzia Italia”, misura di supporto straordinaria messa in campo dal gruppo Sace, partecipata rispondente alla Cassa Depositi e Prestiti, a sua volta partecipata del Ministero dell’economia. Attraverso 200 miliardi stanziati dallo Stato si forniscono garanzie a condizioni agevolate alle imprese. Le istruttorie in corso sono circa 170, il valore complessivo dei finanziamenti previsto a circa 12,5 miliardi. Tuttavia, per dichiarazione dello stesso amministratore delegato di Sace, Pierfrancesco Latini, sono stati al momento realizzati solo tre interventi nel primo mese di attività.
Ma la manovra più importante riguarderebbe in Italia, come in Germania, il momentaneo ingresso dello stato nel cda delle imprese in difficoltà, che riceverebbero, se tale misura fosse attivata, i finanziamenti statali a fondo perduto.
Nell’intervista sul tema fatta il 7 maggio sulla “La Stampa”, Andrea Orlando, il vice-segretario del Partito Democratico, si è affrettato a spiegare che quanto proposto non corrisponderebbe “ad un astratto modello ideologico” rassicurando che “nessuno ha proposto che lo stato entri nella governance delle imprese, né che si proceda a nazionalizzazioni”. Si tratterebbe solamente di scaricare sullo Stato una parte delle possibili perdite delle imprese!
Ma questa ipotesi non è mal vista neanche nel settore bancario. Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit, ha parlato della necessità di aiuti a fondo perduto e di “iniezioni dirette di capitale”.
Intervistato dal Corriere della sera, ha sottolineato che “potrebbe essere utile [che il denaro pubblico] rilevasse quote di minoranza soprattutto nelle piccole e medie imprese”. Dopo i prestiti e gli investimenti a fondo perduto ci si augura ora l’ingresso diretto dello stato, una vera e propria rottura di un tabù, in direzione di un nuovo corso che abbia al centro lo “stato azionista”, in aiuto di banche e imprese, impegnato a tutelarne i profitti in maniera sempre più diretta, mentre intanto il debito pubblico sarebbe pronto a raggiungere il 155,7% del Pil, prefigurando futuri tagli al welfare state.
Di fronte alla nuova probabile grande crisi economica che investirà la nostra economia tutti i parametri su cui erano state basate le politiche economiche degli ultimi decenni sembra che stiano per essere rivoltati in nome della salvaguardia del sistema stesso. Lo Stato si mette in prima linea e riacquista un ruolo di maggiore intervento economico con lo scopo dichiarato di socializzare le perdite delle aziende e assicurare la tenuta del sistema finanziario.
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