Lavorare in carrozzeria: sfruttamento, rischi e “pianto greco”
Oggi abbiamo raggiunto Luca, nome di fantasia per allontanare lo spettro di eventuali rappresaglie nell’ambiente lavorativo, dipendente da anni in una carrozzeria del bolognese. Nonostante la maggioranza degli esercizi in questo settore sia a gestione famigliare o quasi, in cui le condizioni di proprietario e lavoratore sono pressoché sovrapponibili, esistono anche condizioni di piccola proprietà con un numero più elevato di dipendenti in cui si riproducono tutte le dinamiche di sfruttamento proprie delle grandi aziende, questo è il caso evidenziato in questo articolo.
Ciao Luca innanzi tutto vorremmo sapere un po’ di più sulla tua realtà lavorativa.
Ciao e grazie per avermi dato l’opportunità di raccontare la mia situazione. Comincio col dire che lavoro come dipendente in una carrozzeria con altri otto colleghi nella provincia di Bologna. L’azienda quindi può rientrare nel novero delle piccole imprese ma rispetto alla grandezza media della stragrande maggioranza delle carrozzerie possiamo dire che queste sono già delle dimensioni ragguardevoli.
Comunque nella mia quotidianità non mancano quelle dinamiche che nella piccola impresa vanno per la maggiore. La pressione esercitata dai padroni con cui si ha uno stretto contatto punta fortemente ad alzare la produttività ed i ritmi di lavoro, il tutto accompagnato dal tentativo di convincerci che “siamo tutti una famiglia” e quindi “sulla stessa barca”.
Si pensi che il leggero calo del lavoro ha rappresentato l’occasione per l’azienda di farci fare lavori di manutenzione strutturale nonostante noi non fossimo qualificati per farlo, tantomeno in sicurezza.
Con l’emergenza sanitaria come è cambiata la tua quotidianità?
In realtà non è cambiata molto. Le carrozzerie, come si sa, rientravano fra le tipologie di aziende individuate come essenziali dalla lista dei codici ATECO quindi non abbiamo chiuso. Sebbene fosse consigliato di lavorare solo per eventuali emergenze dei clienti, la nostra carrozzeria ha continuato a ricevere lavoro normalmente. Chiaramente con la chiusura dei concessionari i volumi sono calati ma i privati sono andati e venuti tranquillamente anche nel pieno del periodo dell’isolamento.
Cosa ci puoi dire sulle misure di sicurezza?
Per quanto riguarda la sicurezza legata all’emergenza sanitaria, l’azienda ha unicamente disposto l’utilizzo di sanificatori per gli abitacoli delle vetture. Non ci veniva misurata la temperatura all’ingresso, sulla distanza da tenere fra colleghi durante la giornata non sono arrivate disposizioni e questo aspetto è stato nei fatti gestito dall’attenzione dei dipendenti. Ma obiettivamente gli spazi in carrozzeria non hanno permesso di rispettarla sempre. Le mascherine in azienda non sono mancate perché oltre alla scorta dell’azienda, scontata per una carrozzeria, l’accesso ai fornitori di prodotti di questo tipo è per noi un aspetto immediato e quotidiano.
Mi preme sottolineare però che il tema della sicurezza, con particolare riferimento alle vie respiratorie, è un tema caldo da sempre nel nostro settore. L’utilizzo dei prodotti necessari al lavoro espone i carrozzieri a seri rischi ma i datori di lavoro in sostanza o eludono consapevolmente le norme o non attuano nessuna vigilanza sui dipendenti. Il tutto come sempre è lasciato al giudizio dei singoli lavoratori che spesso per tenere i ritmi richiesti non utilizzano i dispositivi di protezione necessari o le corrette procedure.
Va detto inoltre che manca una seria attività di sensibilizzazione sugli addetti del settore. Sul tema sicurezza legato alla vicinanza opprimente del padrone in carrozzeria credo che il caso di un mio collega possa essere esemplificativo: infortunio sul posto di lavoro e conseguenti giorni di malattia durante i quali non sono state nemmeno troppo velate le insinuazioni secondo cui il collega lo avesse fatto di proposito per poter stare a casa.
Il velo di paternalismo e familismo con cui viene solitamente gestito il rapporto proprietà-dipendenti viene subito rimosso quando c’è da produrre e torna ad emergere la verità: siamo merce che serve a far soldi.
Cosa ti aspetti dalla fase due?
Quello che sta già avvenendo: il ritorno alla normalità. Con la progressiva riapertura dei concessionari i volumi torneranno ad essere quelli di prima e con loro le dinamiche sul posto di lavoro: pressione da parte della proprietà su produttività e ritmi e lamentele continue su quanto sia difficile fare il padrone.
Vuoi chiarirci meglio ciò a cui ti riferisci?
Parlo della realtà nella quale lavoro ma credo che questi discorsi si possano estendere a tutto il settore. Noi viviamo costantemente la dinamica per cui assicurazioni, concessionari e autonoleggi, rappresentando il grosso del settore, impongono i prezzi per le riparazioni, le carrozzerie accettano queste imposizioni per avere garantiti volumi di lavoro importanti anche se meno remunerativi rispetto alle riparazioni che si fanno per i privati e questo porta inevitabilmente i proprietari delle carrozzerie a rifarsi sui lavoratori, l’unico costo fisso su cui possono agire direttamente.
Quindi spesso mi sono trovato e mi trovo davanti alla richiesta di fare una riparazione nella metà del tempo che ci vorrebbe. Capirete quanto possa essere complicato ottenere un lavoro di buona qualità: cosa richiesta per ragioni diverse dal cliente e dal padrone al tempo stesso. Insomma, la logica del profitto a partire dalle assicurazioni, passando per la piccola impresa viene pagata dai lavoratori e dai clienti, che potrebbero avere riparazioni di qualità migliore.
In tutto questo spesso mi capita di dover sentire il padrone che si lamenta di quanto sia difficile fare utili e mi aspetto che si coglierà l’occasione della recessione economica per rendere ancora più precaria la nostra vita lavorativa.
In tutto questo con i colleghi dell’azienda in cui lavori come pensate di arginare l’attacco alle condizioni di lavoro che verrà condotto?
Come dicevo, la grandissima parte delle aziende del settore è di dimensioni ridotte, ma anche nelle più grandi il livello di sindacalizzazione è generalmente inesistente. La mia azienda non fa eccezione e quindi ciascun dipendente strappa quello che riesce con la contrattazione individuale col capo. Si capisce facilmente quanto peso può avere un lavoratore che va da solo a parlare al tavolo con chi può decidere della sua vita. Se pensiamo poi al fenomeno dei carrozzieri costretti ad aprirsi la partita IVA e a lavorare saltuariamente in diverse carrozzerie per portare a casa lo stipendio, il livello di precarietà è ancora più forte.
Tuttavia devo dire che quando in azienda ci sono stati momenti di difficoltà i colleghi si sono mostrati più ricettivi e quando abbiamo fatto muro tutti insieme rispetto alle imposizioni che ci venivano fatte abbiamo strappato qualche avanzamento.
Quello che ho potuto riscontrare dalla mia esperienza quindi è che si può abbattere la pressione che ci viene dal padrone ma anche dai discorsi che si possono sentire, ancora di più in questo momento, in TV o sui giornali secondo cui siamo tutti sulla stessa barca e i nostri interessi di lavoratori sono gli stessi dei padroncini che ci sfruttano. Del resto, i proprietari delle carrozzerie si coordinano da sempre con le associazioni di categoria per “fare cartello” contro le assicurazioni e le altre grosse realtà del settore delle riparazioni. Questo è il mondo del “tutti contro tutti” del sistema in cui viviamo: proprietari delle carrozzerie contro assicurazioni, carrozzerie un po’ più grandi contro quelle un po’ più piccole accusate di fare concorrenza al ribasso e, nelle realtà più grandi, quelle con più dipendenti, certamente questa crisi verrà fatta ricadere sui lavoratori.