Trump e l’Open Skies: un nuovo pericoloso episodio della competizione interimperialista
Negli scorsi giorni il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato la sua decisione di ritirare gli Stati Uniti d’America dal Trattato “Open Skies”, a suo dire a causa delle ripetute violazioni della Federazione Russa. Il Trattato, entrato in vigore il 1° gennaio 2002, ma già firmato nel 1992, permette alle nazioni che lo sottoscrivono di poter eseguire voli di controllo ed ispezione annuali con velivoli militari non armati nei territori degli altri firmatari, da Vancouver a Vladivostok.
L’ accordo viene ratificato “al fine di promuovere una maggiore apertura e trasparenza nelle loro attività militari e di potenziare la sicurezza mediante misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza” ma esso nasce dalla volontà degli USA e della Russia di tenere sotto controllo i rispettivi armamenti ed incrementare la sicurezza interna; come firmatari del Trattato troviamo anche i membri della NATO, come il Canada, ma soprattutto gli Stati europei. Ogni Stato ha diritto ad una quota proporzionata di sorvoli e ne deve concedere lo stesso numero alle controparti: così, tra il 2002 ed il 2009, sono stati effettuati più di 1.500 sorvoli (la maggioranza in quota USA e Russia).
Le reazioni all’annuncio statunitense, che si inseriscono nell’ambito delle contraddizioni inter-imperialiste per il controllo e la ripartizione di sfere d’influenza, non sono tardate ad arrivare: la Russia ha subito risposto che, in caso di recesso dal Trattato, limiterà fortemente i voli della NATO sul suo territorio, soprattutto nell’area strategica di confine con le nazioni baltiche (già protagoniste di numerose manovre militari dell’Alleanza Atlantica) mentre la Cina, che non ha mai firmato gli accordi sui Cieli Aperti, si è detta rammaricata e preoccupata dalle conseguenze che potrebbero verificarsi.
Interessante notare come queste contraddizioni attraversino anche l’alleanza euroatlantica: anche dai membri europei della NATO è arrivata infatti una critica alla decisione del presidente statunitense; nella riunione urgente del 22 maggio Francia, Italia, Germania, Belgio, Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Spagna e Svezia hanno rilasciato un comunicato finale in cui mostrano le proprie perplessità di fronte a questo annuncio.
Il ritiro degli USA potrebbe infatti portare un conseguente ritiro anche della Russia e una crescita delle tensioni e del rischio di incidenti diplomatici con l’Unione Europea che, in particolare su spinta di Francia e Germania, mira a consolidarsi come blocco imperialistico autonomo nella competizione globale.
L’amministrazione imperialista statunitense guidata da Donald Trump, sta portando avanti la sua strategia, denominata “America First”, in cui vuole mostrare agli occhi dei suoi elettori come gli USA, solamente in apparenza, stiano gradualmente lasciando il terreno di scontro internazionale per concentrarsi sulle questioni interne e su di un’economia che, dopo l’emergenza Covid-19, rischia di vedere un tracollo di proporzioni memorabili. Questo avviene dietro la retorica che gli accordi internazionali sottoscritti dalle amministrazioni precedenti, così come una serie di organizzazioni internazionali, sono sfavorevoli agli USA e sbilanciati a favore dei suoi avversarsi strategici.
Lungi in realtà dal ritirarsi dall’arena internazionale, in cui gli USA rimangono al vertice della “piramide” imperialista, questa linea attualmente attuata dall’imperialismo statunitense risponde all’esigenza di intensificare la tensione in un quadro in cui i suoi competitori principali, Russia e Cina, si rafforzano e avviene un processo di rimescolamento nelle influenze e alleanze in cui altre forze globali e regionali accrescono il loro peso.
Sebbene rappresenti un elemento da tenere in considerazione il fatto che nel prossimo autunno sono in programma le elezioni presidenziali che si preannunciano più incerte del previsto per un presidente dato in continuo calo nei sondaggi, da qui la maggiore propensione a compiere questo tipo di mosse e scaricare l’attenzione sui “nemici esterni”, in realtà le cause di questi eventi sono molto più profonde e risiedono nella competizione per il primato nel sistema imperialista internazionale. Vanno quindi letti in questa direzione i processi che tendono a mettere in discussione organismi internazionali e i ritiri statunitensi da accordi come quello dell’Open Skies che segue quelli già avvenuti in precedenza sulle testate nucleari intermedie (Trattato INF) con la Russia e dall’accordo con l’Iran sul nucleare, che mirano a creare instabilità a livello internazionale e accrescere provocazioni e minacce, per mantenere la sua posizione nel sistema imperialista e rispondere alla crescente influenza dei suoi rivali a livello geopolitico, economico e militare, in particolar modo della Cina.
Le stesse forti diatribe intorno alle responsabilità relative allo scoppio della pandemia del Covid-19, con reciproco scambio di accuse, tra USA e Cina vanno lette in questo quadro. Difatti, l’espansione economica cinese che mira a diventare il principale esportatore mondiale attraverso la Nuova Via della Seta, minaccia direttamente gli interessi statunitensi e la supremazia politica a stelle e strisce, già duramente ridimensionata nell’ultimo decennio mentre la Cina accresce il suo peso e ruolo internazionale nel creare nuove alleanze, relazioni e influenze anche tra i tradizionali alleati degli USA.
In tutto ciò quello che emerge sicuramente è che si intensifica la disputa nel sistema imperialista internazionale tra i vari capitalismi nazionali e blocchi che puntano ad accaparrarsi, in maniera sempre più dichiarata, una quantità sempre maggiore di risorse, quote di mercato e di rotte commerciali ai danni degli altri contendenti.
La nuova crisi globale dell’economia capitalista, accelerata dallo scoppio della pandemia, rende sempre più pericolosa questa competizione in cui gli antagonismi si avviano verso una fase acuta dove ogni mezzo sarà ritenuto valido per tutelare i propri interessi. Non solo sotto forma di “guerre commerciali”, come finora si è visto principalmente tra USA e Cina, o conflitti militari regionali, come vediamo ad es. in Libia, Siria, Yemen ecc., ma anche con azioni più o meno dichiarate che a molti analisti ricordano una riedizione della “guerra fredda” (oggi tutta nel campo imperialista sottolineiamo noi) e di tensioni militari su scala globale che rischiano di sfociare in un nuova guerra mondiale.
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Sitografia:
- https://www.startmag.it/mondo/perche-trump-ha-stracciato-il-trattato-open-skies/
- https://www.secoloditalia.it/2020/05/open-skies-trump-si-ritira-dal-trattato-con-la-russia-ma-nel-mirino-ha-la-cina/
- https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/notiziario_xinhua/2020/05/22/cinarammarico-per-ritiro-usa-da-trattato-open-skies_fcd5fe39-bff5-4c9e-9332-d2a2c0d14175.html
- https://www.nytimes.com/2020/05/21/us/politics/trump-open-skies-treaty-arms-control.html
- https://www.repubblica.it/esteri/2020/05/22/news/open_skies_la_nato_si_spacca_sulla_scelta_di_trump-257406690/
- https://www.agi.it/estero/trattato_nucleare-5953581/news/2019-08-02/
- Trattato sui Cieli Aperti, 24 marzo 1992, https://www.osce.org/it/library/14130?download=true