Intervista al PCOR-PCUS: la situazione nel Donbass
Intervista ad Aleksandr Cherepanov, segretario del CC del PCOR-PCUS, responsabile del Gruppo di Lavoro del CC per il coordinamento con i comunisti del Donbass
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Quali sono le vere cause della guerra nel Donbass? Conflitto nazionale o conflitto di classe?
«Le persone sono sempre state e sempre saranno vittime ingenue dell’inganno e dell’illusione in politica, finché, dietro a qualsiasi espressione, dichiarazione o promessa morale, religiosa, politica e sociale, non impareranno a ricercare l’interesse di queste o quelle classi.» (V.I. Lenin).
Se dovessi definire con una sola parola la causa della perdurante tragedia in Ucraina e nel Donbass, direi con forza e determinazione che è il capitalismo!
La teoria leniniana dell’imperialismo spiega che, nei periodi di crisi, il capitalismo marcescente e morente cerca una via d’uscita, in politica interna, attraverso l’intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori e, in politica estera, attraverso una nuova spartizione dei mercati di approvvigionamento e di sbocco, una ridefinizione delle sfere d’influenza, un’escalation della tensione fino a scatenare l’aggressione diretta per risolvere le contraddizioni interimperialistiche.
L’imperialismo USA è interessato più di chiunque altro all’indebolimento delle posizioni dell’economia russa. Il grado d’integrazione delle economie della Russia e dell’Ucraina raggiungeva l’80% nel settore metalmeccanico, soprattutto nell’industria della difesa. L’imperialismo USA ha scelto, come strumento per indebolire la Russia, di fomentare la discordia tra quest’ultima e l’Ucraina. Per questo, da un lato, ha usato come esca l’invito allo stato ucraino, cioè al capitale e agli strati piccolo-borghesi, ad entrare nell’Unione Europea e, dall’altro lato, ha fornito ogni tipo di sostegno alle tendenze del nazionalismo ucraino sotto la bandiera della liberazione da un presunto diktat di Mosca.
Certo, non si può ridurre tutto alle trame degli USA e dell’UE. Le cause interne giocano un ruolo importantissimo nella preparazione del terreno per la crescita dei germogli reazionari. Innanzitutto, è opportuno ricordare la deindustrializzazione seguita alla distruzione dell’URSS. In Russia il calo della produzione industriale, nei tempi peggiori, era pari al 50%, in Ucraina molto di più. Questo processo ha determinato un indebolimento quantitativo e qualitativo della classe operaia. Per contro, c’è stata una fioritura del piccolo commercio «di bassa lega», dei mestieri semi-artigianali e cooperativi.
In forza delle condizioni oggettive, il capitale in Ucraina si divideva in quello orientato al legame e alla cooperazione con la Russia (soprattutto il complesso industriale militare e le regioni orientali) e quello orientato a favore dell’Occidente, in larga parte rappresentato dal commercio di materie prime e dal piccolo commercio.
La politica ambigua del Partito delle Regioni e dell’ex-presidente V. Yanukovich, che, da un lato, cercavano di giocare la carta dell’ingresso nell’UE come elemento di pressione sulla Russia, mentre dall’altro avevano portato il paese ad un livello di corruzione e concussione dilaganti, raro persino nei moderni regimi borghesi, determinò la crisi economica e politica. Sfruttando il malcontento del popolo per il peggioramento della situazione economica, l’opposizione di destra organizzò l’Euromaidan, un’azione di protesta di massa nel centro di Kiev, che si concluse con il colpo di stato, attuato con metodi fascisti e con violenza diretta anche contro gli organi del potere statale e i deputati del parlamento.
Già nelle sue prime valutazioni delle azioni dei fascisti ucraini nel Maidan e a Odessa nel 2014, il PCOR-PCUS aveva precisato che, per il luogo dove si manifestava, per i soggetti portatori di idee nazionaliste, per la continuità con le posizioni di Bandera, si trattava di fascismo ucraino che, tuttavia, era stato in sostanza introdotto dall’esterno dagli imperialisti degli USA e dell’UE, da loro risuscitato in terra d’Ucraina, cioè era principalmente americano. I seguaci di Bandera e di Petliura non avrebbero osato «alzare la testa» se non avessero avuto il sostegno del campo imperialista unito.
La comprensione del carattere sostanzialmente fascista del colpo di stato attuato era presente in molte regioni dell’Ucraina e, in generale, una parte di queste provò ad organizzare forme diverse di resistenza.
In Ucraina, l’esempio della Crimea divenne in larga misura un riferimento per gli abitanti del Donbass, delle regioni di Lugansk e Donetsk. Nella primavera del 2014 comparvero elementi di auto-organizzazione del popolo. Le autorità in carica non sostennero la protesta, facendosi da parte o fuggendo, mentre la gente spontaneamente assaltava gli edifici amministrativi e formava reparti di autodifesa.
Da cosa è iniziato tutto nel Donbass, come si comportarono nel 2014 i dirigenti del Comitato Centrale e dei Comitati Regionali del PC di Ucraina? Tutto ebbe origine dal divieto dell’uso della lingua russa e dall’intenzione degli inviati di Kiev di abbattere i monumenti a V.I. Lenin a Lugansk e Donetsk. I comunisti, i lavoratori, i pensionati, la gioventù insorsero a difesa dei monumenti a V.I. Lenin, assaltarono l’edificio del Servizio di Sicurezza dell’Ucraina e requisirono le armi. Gli operai e i lavoratori armati si ersero in difesa della loro patria contro l’occupazione fascista. Il CC e i Comitati Regionali di Lugansk e Donetsk del PC di Ucraina non sostennero la lotta dei lavoratori. I Comitati Regionali di Lugansk e Donetsk furono sciolti dal CC e il Primo Segretario del CC del PCU, P. Simonenko, definì separatisti i comunisti delle Repubbliche Popolari di Lugansk e Donetsk.
Il colpo di stato anticostituzionale, attuato in Ucraina con il sostegno del capitale americano ed europeo nel febbraio 2014, la cosiddetta operazione antiterroristica delle nuove autorità ucraine contro il popolo e i lavoratori del sud-est dell’Ucraina, ormai costituitosi nelle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, presenta chiaramente i classici connotati del fascismo.
Il governo fascista ucraino ha scatenato un’operazione punitiva su larga scala per reprimere le regioni disobbedienti, che avevano dichiarato apertamente il loro disaccordo con la politica nazista della giunta di Kiev e il desiderio di uscire dall’Ucraina fascista, una vera e propria guerra su larga scala contro la popolazione del Donbass, con l’uso di aerei da combattimento, elicotteri, mezzi corazzati pesanti e artiglieria da parte delle forze armate ucraine. Case, scuole, asili, ospedali sono sottoposti a bombardamenti aerei e di artiglieria per annientare la popolazione del Donbass, russi e ucraini che non vogliono accettare il dominio della giunta dei seguaci di Bandera, con un bilancio di migliaia di vittime.
Dopo che i combattenti della resistenza antifascista riuscirono ad allontanare le squadre punitive fasciste dalle loro capitali, nell’ottobre 2014 e nel febbraio 2015, passando all’offensiva, furono avviati i negoziati a Minsk, non senza l’aiuto della Russia e furono conclusi due accordi di pace. Durante il cosiddetto primo e secondo armistizio, le truppe punitive hanno continuato i bombardamenti spietati della RPD e della RPL nelle aree di contatto. I difensori e i civili delle repubbliche popolari sono stati condannati all’annientamento. I bombardamenti sono particolarmente intensi mentre la pandemia di coronavirus è in corso, ma questo non viene notato da numerosi rappresentanti dell’OSCE, che si trovano in questo momento nel Donbass. Apparentemente, sono ciechi e sordi.
La resistenza popolare nel Donbass ha avuto fin dall’inizio un carattere antinazista, nelle sue file sono confluite le più disparate persone e tendenze ideali (comunisti, patrioti e monarchici russi, cosacchi, difensori della chiesa ortodossa, volontari internazionalisti anche dall’Italia, ecc.), ma dal punto di vista di classe la base del movimento è stata, prima di tutto, la classe operaia del Donbass.
La resistenza delle milizie del Donbass, in termini di composizione sociale, è senza dubbio di natura proletaria, cosa che persino il presidente della Federazione Russa Putin è stato suo malgrado costretto ad ammettere, affermando che è stato uno smacco per le autorità ucraine subire una sconfitta ad opera di minatori e trattoristi.
Nei ranghi della milizia, specialmente nella fase di auto-organizzazione e nel periodo più caldo delle ostilità, la prevalenza del sentimento sovietico era schiacciante. Le bandiere rosse dell’URSS divennero i simboli della lotta senza suscitare alcuna repulsione né tra i cosacchi, né tra i monarchici ortodossi, ecc.. Per molti aspetti, il rispetto per la Bandiera Rossa, ovviamente, si spiega con la memoria storica della vittoria sul fascismo nel 1945, ma ciò non elimina il fatto che l’umore della maggior parte delle persone fosse filo-sovietico e che molti partecipanti a quegli eventi, tra cui autorevoli comandanti, ritenessero possibile ripristinare l’Unione Sovietica.
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Qual è il ruolo del PCOR-PCUS negli eventi nel Donbass?
Il Partito Comunista Operaio Russo fornisce ogni aiuto possibile ai nostri compagni comunisti delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, compresa l’assistenza organizzativa, ideologica, politica di massa, materiale e finanziaria.
Il Comitato centrale del PCOR-PCUS ha istituito un gruppo di lavoro per coordinare l’attività congiunta con i comunisti della RPD e della RPL, del quale mi è stata affidata la direzione. Durante questo periodo, abbiamo tenuto 25 incontri con i comunisti delle due Repubbliche Popolari, dove i membri del gruppo di lavoro si sono recati 16 volte. Inoltre, anche altri membri del Partito hanno più volte visitato sia la RPL che la RPD. Nella Repubblica Popolare di Lugansk abbiamo contribuito a fondare l’Organizzazione Sociale degli Operai Comunisti e il Partito Comunista Operaio della RPL, sezione del PCOR-PCUS, il cui primo segretario, G.V. Osadchiy è membro del CC del nostro Partito. Nella Repubblica Popolare di Donetsk è stato rifondato il Fronte Operaio del Donbass.
Dopo il nostro primo incontro nell’agosto 2014, abbiamo lanciato una raccolta di fondi nel partito per aiutare i compagni del Donbass, aprendo un conto speciale che viene regolarmente pubblicato sul giornale «Russia del Lavoro».
Con i fondi trasferiti sul conto speciale, oltre che con l’aiuto dei compagni della regione di Kirov, della Repubblica di Komi, di Tjumen, Voronezh, Mosca e Leningrado, sono state fornite 30 stufe, prodotte a Kirov, per le trincee delle milizie, 100 paia di scarpe, ricetrasmittenti, stazioni radio, batterie per veicoli blindati, gomme per autoveicoli, duplicatori digitali, computer per l’Organizzazione degli Operai Comunisti della RPL e per i comunisti della RPD. Inviamo loro regolarmente i nostri giornali di partito, «Russia del Lavoro», «L’Idea» ecc., li aiutiamo nella produzione di materiale di propaganda, striscioni e bandiere per le unità militari, per il Fronte Operaio del Donbass, per il PCOR della RPL. Forniamo assistenza ai feriti, anche per le cure in Russia, inviamo regolarmente medicinali, abbiamo consegnato più di 1 tonnellata di miele e trasmesso denaro contante ai compagni comunisti della RPL e della RPD per organizzare il lavoro di partito.
Prestiamo grande attenzione all’incoraggiamento morale dei reparti e dei combattenti della milizia popolare, dei combattenti internazionalisti dall’Europa e dal mondo che si battono contro il fascismo.
Insieme alle organizzazioni comuniste del Donbass, abbiamo istituito le medaglie «Per la difesa di Lugansk», «Per la difesa di Donetsk», «Fronte di Resistenza alla NATO», abbiamo ripristinato l’Ordine della Bandiera Rossa, l’Ordine «Per la fedeltà alla Patria sovietica», la medaglia «Al Coraggio»; utilizziamo anche le onorificenze del CC del PCUS. Inoltre, abbiamo coniato medaglie, dedicate al 100° anniversario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, agli anniversari della fondazione dell’Armata Rossa e del Komsomol Leninista, al 140° anniversario della nascita di I.V. Stalin, al 150° anniversario della nascita di V.I. Lenin, al 75° anniversario della Vittoria del popolo sovietico nella Grande Guerra Patriottica.
Durante ogni viaggio, nelle Case della Cultura, nelle unità militari e nei luoghi di lavoro, teniamo la cerimonia solenne di consegna di onorificenze e medaglie ai miliziani che si sono distinti, ai genitori e alle mogli di coloro che sono morti difendendo la RPD e RPL dalla giunta militare di Kiev. Abbiamo visto con quale orgoglio e gioia i compagni accettano i riconoscimenti del partito, riconoscimenti meritati per le loro imprese militari, anche quando sussistono alcune differenze ideologiche, dal momento che combattono non solo i comunisti e i loro simpatizzanti, ma anche i cosacchi, i cosiddetti patrioti e compatrioti ortodossi.
La stragrande maggioranza dei miliziani, dei combattenti della milizia popolare, con i quali abbiamo potuto comunicare ai posti di blocco o in prima linea, sostiene apertamente le idee di sinistra e comprende che non esistevano guerre nell’Unione Sovietica sotto il socialismo.
Molti affermano apertamente che stanno combattendo per il potere sovietico, vedono il loro futuro come parte dell’Unione Sovietica e sono pronti a difendere le loro conquiste fino all’ultimo respiro. Hanno due sole vie d’uscita: vincere o morire. Non c’è una terza via!
Sono ben consapevoli che, in caso di sconfitta e consegna del Donbass alle attuali autorità nazionaliste ucraine, saranno tutti eliminati, come è stato a Odessa, come fanno i reparti punitivi ucraini, i nazisti di Settore di Destra nei territori occupati, quando riescono a catturare gli inaffidabili, i comunisti e i famigliari dei miliziani. Cioè, non ci sarà né riconciliazione, né, soprattutto, perdono da parte dell’Ucraina per coloro che hanno difeso con le armi la loro terra, la loro patria, ma neppure la stragrande maggioranza dei cittadini delle Repubbliche Popolari perdonerà mai l’Ucraina di Poroshenko per la morte di figli, fratelli, padri, bambini, per la distruzione di città e villaggi, imprese, miniere, scuole, cliniche e ospedali, centri culturali.
Nel maggio 2015 abbiamo tenuto una riunione di rappresentanti dei Partiti Comunisti e Operai sul tema “Solidarietà internazionale con la lotta antifascista dei popoli del Donbass nell’anno del 70° anniversario della Vittoria sul nazifascismo”, alla quale hanno preso parte esponenti di 15 partiti, tra cui Guido Ricci.
I partecipanti all’incontro internazionale hanno concordato di diffondere informazioni veritiere e accurate sulla situazione nelle repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk per esercitare pressioni morali e politiche sulla comunità internazionale, che dovrebbe e deve premere sul governo ucraino perché ponga fine alla guerra nel Donbass.
In tutti gli incontri dei Partiti Comunisti e Operai del mondo illustriamo il vero stato delle cose nel Donbass, facciamo appello ai partiti fratelli d’Europa chiedendo di fornire informazioni veritiere alla popolazione dei loro paesi sugli eventi nel Donbass, sulla lotta dei lavoratori della RPL e della RPD contro il regime fascista dell’Ucraina e di mantenere la pressione sui loro governi e parlamenti affinché inducano il governo ucraino a terminare la guerra nel Donbass.
Chiediamo inoltre di fornire tutto l’aiuto possibile al Partito Comunista Operaio della RPL, al Fronte Operaio del Donbass, a tutti i lavoratori in lotta delle Repubbliche Popolari.
Nel novembre del 2019 il CC del PCOR-PCUS ha tenuto una conferenza «Sulla strategia e la tattica del movimento comunista e operaio nel Donbass». La conferenza ha formulato raccomandazioni per le attività pratiche del Comitato Centrale del PCOR-PCUS, dei comunisti del PCOR della RPL e del Fronte Operaio del Donbass.
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Qual è la posizione dei comunisti e dei sindacati di classe in RPL e RPD?
Nella RPL, con il supporto del gruppo di lavoro del Comitato Centrale del PCOR-PCUS, è stato creato il Partito Comunista Operaio della LPR (sezione del PCOR_PCUS), che lavora attivamente e crea proprie organizzazioni nelle città della repubblica.
Molti membri del partito sono militari operativi e combattono in prima linea. Attraverso di loro, l’organizzazione repubblicana del PCOR della RPL svolge il lavoro ideologico tra i militari, distribuisce i giornali del Comitato Centrale del PCOR-PCUS «Russia del Lavoro» e «L’Idea», il giornale «Tyumen Operaia», la rivista del Comitato Centrale del PCUS «Trasparenza» e i volantini prodotti dall’organizzazione repubblicana del PCOR della RPL. Si organizzano manifestazioni, picchetti, deposizioni di fiori presso i monumenti a V.I. Lenin, agli eroi della Grande Guerra Patriottica e ai caduti di questa guerra.
Nella RPD è stato fondato il Partito Comunista della RPD, che, essendo orientato verso il Partito Comunista della Federazione Russa, non svolge lavoro ideologico attivo, ma si limita alla distribuzione degli aiuti umanitari.
I sindacati ufficiali nella RPL e nella RPD si orientano verso la FNPR (Federazione dei Sindacati Indipendenti della Russia), vale a dire sono strutture governative. O.K. Akimov, Presidente della Federazione dei Sindacati della RPL, che fa parte della Confederazione Sindacale Mondiale ITUC, dirige l’Unione Economica di Lugansk, seconda associazione pubblica governativa, che ha il diritto di partecipare alle elezioni dei deputati a tutti i livelli. Non ci sono sindacati di classe nelle repubbliche.
Nella RPD, con la partecipazione attiva del gruppo di lavoro del Comitato Centrale del PCOR-PCUS, è stato ricostituito il Fronte Operaio del Donbass, il cui Statuto è stato redatto sulla base dello Statuto del nostro Partito.
Del Fronte Operaio del Donbass fanno parte i rappresentanti della maggioranza delle unità militari e dei collettivi di lavoro. Attraverso di loro vengono mantenuti i contatti con i reparti militari e viene svolto il lavoro ideologico.
Un membro del Fronte Operaio del Donbass ha organizzato uno sciopero in una fabbrica di Donetsk in relazione al mancato pagamento dei salari. Su raccomandazione del gruppo di lavoro del nostro Comitato Centrale, gli organizzatori dello sciopero si sono rivolti alla Procura della Repubblica, ottenendo il pagamento dei salari.
Nel marzo 2020, con il sostegno del gruppo di lavoro del Comitato Centrale del PCOR-PCUS, il Partito Comunista Operaio della RPL e il Fronte Operaio del Donbass hanno ottenuto il pagamento dei salari arretrati per i minatori.
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Come valutate il ruolo della Russia in questo conflitto?
Dal governo russo esigiamo maggiori aiuti alle milizie che combattono il fascismo. Siamo perfettamente consapevoli che la Russia di oggi è senza dubbio uno stato a capitalismo monopolistico, un predatore imperialista giovane, ma con un appetito formidabile, i cui motivi guida sono, prima di tutto, gli interessi economici dei proprietari dei monopoli russi e il conseguimento di vantaggi politici. Tuttavia, come è già accaduto nella storia, nella lotta contro il fascismo, si possono e si devono utilizzare le crepe nel campo dell’imperialismo, nello scontro di interessi tra le potenze e i circoli imperialistici maggiori. È sulla base di queste considerazioni che, ad esempio, valutiamo positivamente l’assistenza della Russia al legittimo governo siriano. V.I. Lenin distingueva tra guerre giuste e guerre d’aggressione. Oggi, i lavoratori del Donbass stanno conducendo una guerra giusta contro il fascismo ucraino, così come il popolo e il governo legittimo della Siria combattono una guerra giusta contro l’ISIS, cioè contro il fascismo islamico, che senza dubbio è sostenuto dalle forze dell’imperialismo.
Allo stesso tempo, però, spieghiamo sempre che l’assistenza della Federazione Russa alle Repubbliche Popolari non viene fornito per affinità ideologica, che la Russia non è affatto l’URSS né il suo erede, che per i lavoratori questa non è la liberazione dal giogo dello sfruttamento, ma solo una boccata d’aria nella lotta contro il fascismo come il più orribile prodotto dell’imperialismo.
Spieghiamo che le autorità russe intrattengono costanti negoziati pubblici e segreti con i maggiori centri imperialisti degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Le autorità borghesi della Federazione Russa possono in qualsiasi momento tradire e vendere i loro alleati, cosa che oggi, a quanto pare, osserviamo in relazione alle repubbliche del Donbass.
Anche le autorità delle nuove Repubbliche Popolari (RPD, RPL), sotto l’influenza del Cremlino, si sono distinte per il loro anticomunismo. Come le autorità ucraine, anche loro non consentono alle organizzazioni comuniste di partecipare alle elezioni, né nella RPL, né nella RPD. In Ucraina, il Partito Comunista è stato vietato, mentre la RPL ha negato la registrazione all’Organizzazione Comunista Operaia della RPL e al PCOR della RPL. Nella RPD, nel 2016, alla vigilia del Giorno della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica, due deputati comunisti sono stati privati dello status di deputati del Consiglio del Popolo della RPD. I più autorevoli comandanti della milizia (Batman, Mozgovoy, Dremov, Motorola, ecc.) sono stati eliminati fisicamente per le loro posizioni pro-comuniste.
Ciononostante, stiamo cercando di esercitare pressioni sulla dirigenza borghese della Russia, criticandola per non aver aiutato Donbass come avrebbe dovuto.
Nell’ottobre 2014, dopo il nostro primo viaggio nel Donbass, il Comitato Centrale del nostro Partito ha approvato una dura risoluzione, in cui accusava il presidente e il governo della Russia di capitolazione nelle Repubbliche Popolari del Donbass, con il rifiuto di fornire attrezzature militari, munizioni, aiuti umanitari. Grazie alla nostra risoluzione e alla pressione dell’opinione pubblica, la Federazione Russa ha ripreso l’assistenza al Donbass.
Manteniamo costantemente questa pressione. Ad esempio, nell’aprile 2016, siamo stati informati dai comandanti dei battaglioni della milizia popolare che vi erano bombardamenti quotidiani della città di Gorlovka, dell’aeroporto di Donetsk, della stazione Yasinovataya nella RPD, del villaggio di Luganskaya nella RPL, mentre i media russi non dicevano una parola al riguardo. Il 18 maggio 2016 inviammo all’Amministrazione Presidenziale e ai media una risoluzione del Comitato Centrale. Il 21 maggio, Putin chiamò i presidenti di Francia e Ucraina e il cancelliere tedesco. Da allora, le informazioni sui bombardamenti del territorio delle Repubbliche Popolari sono state regolarmente diffuse dai media russi.
Durante la pandemia di coronavirus, i bombardamenti delle città e delle città delle repubbliche si sono particolarmente intensificati. Muoiono civili e bambini, ma, di nuovo, i media russi non ne fanno parola.
Il 30 aprile 2020, abbiamo inviato al Presidente della Federazione Russa una nuova risoluzione del Comitato Centrale del nostro Partito e il 2 maggio, il canale Rossiya-24 e altri mezzi di comunicazione di massa russi hanno fornito informazioni sui bombardamenti nelle due Repubbliche Popolari. Così, siamo riusciti a rompere il blocco delle informazioni.
Stiamo lavorando attivamente, inviando appelli al Presidente della Russia con la richiesta di attribuzione della cittadinanza russa, se lo desiderano, ai miliziani e ai membri delle loro famiglie e di rilascio dei relativi passaporti. Raccogliamo anche firme per il riconoscimento delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk.
Dopo i nostri ripetuti appelli, raduni e picchetti nelle regioni della Russia, la Duma di Stato, alla fine del 2018, ha approvato una legge per il rilascio agevolato della cittadinanza russa ai residenti delle due Repubbliche Popolari e, nell’aprile 2019, il Presidente della Federazione Russa ha firmato il decreto presidenziale per il rilascio del passaporto russo ai cittadini della RPL e della RPD. A causa dei numerosi problemi, sorti in fase di deposito dei documenti e di rilascio dei passaporti russi e delle due Repubbliche, delle lunghissime liste d’attesa e dell’impossibilità per molti abitanti delle Repubbliche (pensionati, famiglie numerose, ecc.) di pagare l’imposta di bollo, nel giugno del 2019 le procedure di accettazione delle istanze di richiesta della cittadinanza russa e di rilascio dei passaporti nella RPL sono state controllate dal gruppo di lavoro del CC del Partito. Sono quindi stati istituiti ulteriori punti di raccolta e, nel marzo del 2020, è stata approvata una legge federale che aboliva il pagamento dell’imposta di bollo per i cittadini delle due Repubbliche Popolari.
Grazie all’intervento del gruppo di lavoro del CC del PCOR-PCUS e ad un suo appello al Presidente e al Procuratore Generale della Federazione Russa, sono stati revocati i procedimenti di estradizione in Ucraina, Uzbekistan e Lettonia, a carico di miliziani che avevano combattuto dalla parte delle Repubbliche Popolari.
Perciò continueremo le pressioni sul Presidente, sul governo, sulla Duma di Stato e sul Consiglio Federale anche in futuro. Detto ciò, sottolineiamo ancora una volta che non bisogna farsi illusioni sul carattere imperialista della politica della Russia e sui motivi del suo comportamento nell’arena internazionale.
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Quali sono le prospettive di sviluppo delle Repubbliche Popolari e del movimento operaio del Donbass?
In Ucraina, l’elezione del presidente Zelensky è stato un abile arrocco delle forze del capitale. Sfruttando l’estremo malcontento del popolo verso gli oligarchi, alle elezioni sono riusciti a indirizzare il voto popolare su un nuovo prestanome degli oligarchi, che in un certo lasso di tempo, con l’aiuto dell’industria cinematografica e dei denari di quegli stessi oligarchi, è stato presentato come un servitore del popolo e un oppositore dei capitalisti. Ora tutte le componenti borghesi in qualche modo coinvolte nel conflitto sono disponibili a trattative e accordi per continuare la loro politica di sempre. L’Ucraina per non apparire un paese pieno di problemi e conflitti e per avvicinarsi all’ingresso nell’UE e nella NATO. La Russia, per tentare di allontanare i problemi, incassare il riconoscimento della Crimea e la revoca delle sanzioni. L’Unione Europea, per allontanare il rischio di una guerra in prossimità dei propri confini e per stabilizzare le forniture di energia e materie prime. Gli USA, alla vigilia delle elezioni presidenziali, per consolidare il loro obiettivo fondamentale di mettere la Russia e l’Ucraina una contro l’altra. Solo gli interessi dei popoli del Donbass nonsono assolutamente presi in considerazione.
Si è intensificata l’attività per l’applicazione degli Accordi di Minsk e dei loro strumenti attuativi, della cosiddetta formula di Steinmeier[1]. Il ritorno delle due Repubbliche Popolari nell’ambito dell’Ucraina e il ripristino di un’unità formale, spinti con insistenza da tutti i partecipanti alle trattative, compresa la Russia, chiude gli occhi sull’essenza del problema. Stanno cercando di conciliare il regime di Kiev, che conserva il suo carattere nazionalista e in gran parte filo-fascista, con la democrazia non sviluppata, ma popolare, del Donbass.
Quindi la lotta non sarà facile. I miliziani, il personale militare, i lavoratori, sono ben consapevoli che non ci sarà alcuna riconciliazione. Pertanto, hanno una sola via d’uscita: continuare la lotta per la libertà, fino all’organizzazione di una guerra partigiana, anche ritirandosi in Russia con le armi. Questo lo capisce bene anche il presidente Putin e proprio questo lo frena dal consegnare il Donbass all’Ucraina. Il successo della lotta dipenderà da quanto largamente riusciremo a coinvolgervi le masse lavoratrici. Certamente, la variante dell’autonomia della RPL e della RPD, sull’esempio delle repubbliche non riconosciute della Transdnistria e dell’Abkhazia, sarebbe per loro indubbiamente preferibile ad un’unità imposta e coattiva, ma solo la vittoria del socialismo in Russia e in Ucraina potrà creare le migliori condizioni per determinare il destino dell’eroico popolo del Donbass, che difende il proprio diritto alla libertà a prezzo delle vite dei suoi figli e figlie migliori. In quel caso, la questione delle frontiere amministrative del Donbass diverrebbe del tutto secondario e risolvibile dagli stessi lavoratori nell’ambito di uno stato unitario di operai e contadini, nell’ambito dell’Unione Sovietica. Di questo, a suo tempo, scrisse V.I. Lenin nella sua lettera agli operai ucraini.
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Quali obiettivi si pone il PCOR-PCUS per il prossimo futuro?
L’obiettivo immediato è la continuazione della lotta al fascismo in Donbass e in Ucraina, con tutti i mezzi possibili e in unità con tutte le organizzazioni.
Concentriamo tutto il lavoro di propaganda sulla spiegazione del principio dell’ internazionalismo della lotta dei lavoratori e sull’opposizione alla linea che vuole sviluppare la contrapposizione su base nazionale, per esempio, contro gli “ukry” o contro i “moskali”[2].
Continuiamo ad insistere affinché, nel processo che sta imponendo i contenuti degli Accordi di Minsk, della formula di Steinmeier, ecc., prima di tutto le masse popolari partecipino alla loro discussione e alla presa delle decisioni. Insistiamo sull’eliminazione delle manifestazioni di fascismo in Ucraina (la legge sulle lingue, la legge sulla decomunizzazione, la glorificazione di Bandera e degli altri complici del fascismo), sulla condanna dei crimini dei nazisti e sulla messa fuori legge delle bande armate nazionaliste come condizioni assolutamente necessarie per l’attuazione degli accordi di Minsk.
Per questo continueremo ad insistere sul mantenimento, per la RPL e la RPD, dello status di repubbliche indipendenti «non riconosciute», come la Transdnistria e l’Abkhazia, chiedendone però il riconoscimento da parte della Fedrerazione Russa o il loro ingresso in essa.
Continueremo a batterci per il rafforzamento dell’influenza comunista tra la classe operaia e i militari delle due Repubbliche Popolari, per il rafforzamento del ruolo dell’organizzazione repubblicana del PCOR nella RPL, per la formazione, sulla base del Fronte Operaio del Donbass, del Partito Comunista Operaio nella RPD.
La direttrice principale del lavoro dei comunisti è la creazione delle organizzazioni della classe operaia: il Fronte Operaio, i sindacati di classe, i consigli operai. Andremo avanti nell’organizzazione del proletariato come classe per sé, nella sua trasformazione in soggetto autonomo della vita politica delle due Repubbliche, con il diritto di rivendicare e ottenere la piena partecipazione ad essa, compresa la partecipazione alle elezioni.
Il tema del Fronte Operaio, della lotta per la causa operaia, è la direttrice strategica della nostra lotta e deve costituire la base unificante di tutte le organizzazioni che lottano contro il fascismo.
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[1]Frank Walter Steinmeier è presidente della Repubblica Federale Tedesca. La formula da lui proposta, in sintesi, prevede la graduale attuazione del secondo accordo di Minsk, con la concessione ad alcuni territori delle attuali Repubbliche Popolari di una relativa autonomia nell’ambito dello stato ucraino, partendo dalla convocazione dei comizi elettorali negli stessi. [NdR]
[2]Termini dispregiativi con cui le parti confliggenti identificano l’avversario [NdR]