Tirocinanti della Pubblica Amministrazione e caporalato amministrativo
Al giorno d’oggi, la legalizzazione del caporalato (e del lavoro nero) passa attraverso diversi strumenti tipici del lavoro privato ma presenti anche nel settore pubblico – ormai alla mercé di meccanismi di precarizzazione equivalenti se non peggiorativi rispetto a molte realtà private.
A titolo esemplificativo di questa tendenza alla precarizzazione nel settore pubblico, nel territorio calabrese, riportiamo l’esempio dei tirocinanti della pubblica amministrazione. L’esempio è interessante anche per la risposta combattiva da parte dei lavoratori, che hanno dato vita ad un moto di ribellione di quelli che non si verificavano da tempo, specialmente nelle zone politicamente più arretrate del meridione.
I lavoratori in questione sono migliaia di ex percettori di mobilità in deroga i quali, a seguito dell’accordo quadro del 2016 della Regione – di concerto con i sindacati confederali – sono stati indirizzati all’attività di tirocinio la quale, nonostante riguardi mansioni equivalenti a quelle delle ordinarie categorie di dipendenti pubblici, non permette a questi lavoratori di godere della stessa stabilità contrattuale, degli stessi diritti e della stessa retribuzione dei dipendenti pubblici “normali”.
Questo il percorso tipico dei tirocinanti della PA calabrese, come raccontato dagli stessi protagonisti:
- Nel 2010 vengono istituiti i tirocini, sempre e solo destinati a percettori (e poi ex percettori) di mobilità in deroga, requisito per poter accedere ai tirocini stessi. Essi si svolgono nei tribunali, nella scuola, nell’ambito dei beni culturali, dei comuni. «Tutti i tirocinanti – ci tengono a ribadire i lavoratori – provengono dallo stesso bacino, quello della mobilità in deroga».
- Tra i percettori della mobilità in deroga ci sono, ad esempio, gli ex lavoratori della Nostromo e quelli della Soft4Web, che solo a Vibo Valentia contava 250 dipendenti (e migliaia in tutta la regione) e che ha rastrellato milioni in fondi europei. In particolare, questi ultimi lavoratori, licenziati nel dicembre 2011, dopo la cassa integrazione hanno percepito solo 22 mesi di mobilità in deroga – dal 14/09/2012 al 31/07/2014 – invece dei 36 mesi previsti. Inoltre, l’ultima tranche della mobilità è stata erogata solo nel 2016. «Nel periodo in cui percepivamo la mobilità in deroga – testimoniano i tirocinanti – siamo stati obbligati a svolgere tirocini con rimborso spese pari a 200, a 300 o 400 euro».
- Gli ultimi lavoratori ad andare in mobilità in deroga sono quelli che hanno inoltrato richiesta entro il 04/08/2014. Dopo tale data la mobilità in deroga è stata abolita e sostituita da “altre forme di sostegno al reddito”. Una volta interrotta la corresponsione della mobilità, la Regione Calabria ha assicurato, infatti, che i fondi destinati alle politiche passive sarebbero stati investite nelle politiche attive (i tirocini) al fine di poter reinserire i soggetti nel mondo del lavoro.
- Arriviamo, così, alla situazione attuale, con solo un tirocinio di 6 mesi nel 2017 a 800 euro, e poi tutti gli altri a 500 euro. Dai tirocini di formazione, in particolare, si è giunti ai tirocini di inclusione sociale, sottoprodotto dei tirocini precedenti che, citando il provvedimento, «puntano a sostenere progetti rivolti a fornire supporto operativo al miglioramento dei servizi resi ai cittadini».
Questa vicenda rappresenta una delle più palesi aziendalizzazioni del settore pubblico, che opera ormai con escamotage e modus operandi simili a quelli delle imprese private, anche per via dei vincoli alla capacità di assunzione e dell’impoverimento di risorse che da anni subiscono gli enti locali in nome di un fantomatico equilibrio finanziario nazionale i cui beneficiari materiali non sono ancora chiari.
La precarietà dei tirocinanti, che anno per anno sono costretti a sperare nel rinnovo del loro contratto, è uno dei tipici metodi attraverso i quali la politica locale e l’aziendalismo gestionale delle amministrazioni rendono i lavoratori ricattabili e avvicinabili con modalità clientelari, oltre ad essere una modalità di sfruttamento di un lavoro ingiustamente reso instabile. La mercificazione di questi individui da parte di comuni, enti pubblici e regione, l’utilizzo di migliaia di lavoratori per abbassare artificiosamente il costo del lavoro, potrebbero far parlare addirittura di una sorta di “caporalato amministrativo”.
Ci sarebbe da riflettere su come una pubblica amministrazione che sfrutta i propri dipendenti – in uno Stato in cui anno per anno i proventi del funzionamento economico del cosiddetto sistema-paese si accumulano verso l’1% più ricco e che concede ogni anno più di 65 miliardi di interessi ai grossi creditori del debito pubblico – possa essere considerata in realtà un tipico meccanismo dello Stato borghese di estrazione di plusvalore dalle classi lavoratrici verso i grossi capitalisti e i rentier, solo mascherato nominalmente da “settore pubblico”.
«Molti di noi subiscono vessazioni, e molte delle proposte volte a stabilizzare la nostra condizione – come quella di rivolgerci al settore privato – sono indice di una totale alienazione dalla realtà da parte della politica e dei sindacati tradizionali» – questa la testimonianza univoca di molti dei tirocinanti riunitisi, nel numero di molte decine, una prima volta il 16 Luglio e una seconda volta il 18 Agosto nella Sala Consiliare della Provincia di Vibo Valentia insieme ai rappresentanti sindacali dell’USB.
Le assemblee sono state proficue: si è stilato prima un documento di rivendicazioni da inviare all’amministrazione regionale e al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; successivamente, si è deciso di fare un passo più coraggioso e cominciare a mobilitarsi con una presenza passiva sul luogo di lavoro (il 24 agosto) ed una discesa in piazza davanti al Ministero del Lavoro, che avverrà probabilmente i primi giorni di settembre. Mobilitazione alla quale sono stati invitati precari e lavoratori Calabresi (e non solo) provenienti anche dagli altri ambiti, per seguire consapevolmente il principio della solidarietà di classe.
Citiamo dal documento dell’Unione Sindacale di Base le maggiori rivendicazioni in questione:
«Per reagire a questa condizione, la proposta presentata si incentra senza mezzi termini sulla richiesta di stabilizzazione dei tirocinanti, attraverso un inquadramento regolare sotto contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, che riconoscano le opportune categorie (A, B, C e D) al pari del CCNL degli enti locali. Riteniamo che tutte le nuove assunzioni a tempo pieno dovranno prevedere il diritto di precedenza del personale tirocinante già occupato nelle unità operative; malattia e infortunio dovranno essere retribuiti al 100% sin dal primo giorno fino al loro termine. Infine, si richiede il riconoscimento delle prerogative dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori precedenti alle riforme del Jobs Act, elezioni libere delle RSU, senza la quota riservata a chi li ha resi “precari a vita” e l’abolizione tout court del tirocinio come forma di precariato e lavoro nero legalizzato».[1]
Delle proposte sindacali giuste e forti, all’alba di una nuova stagione di lotte che si aprirà necessariamente molto presto, soprattutto a partire dall’autunno, e che dovrà andare anche oltre, mettendo necessariamente in discussione l’intero sistema di gestione delle attività pubbliche e private. Un’occasione per dimostrare che l’unità dei lavoratori sfruttati, sia dal settore privato che da quello pubblico, è una necessità impellente e l’unica strategia possibile per rovesciare il sistema di valori economici odierno.
Note
[1] https://www.lanuovacalabria.it/post/lusb-di-vibo-valentia-chiediamo-la-stabilizzazione-dei-tirocinanti-della-pubblica-amministrazione