La raccolta rifiuti in Calabria: disagio per i cittadini, clientelismo e sfruttamento degli operatori ecologici
La gestione della raccolta rifiuti nella Regione Calabria è emblematica del disagio a carico di lavoratori (gli operatori ecologici) e popolazione locale creato da diversi fattori quali i conflitti di interesse della politica locale con i gestori privati, la negligenza generale degli amministratori in tema di tutela ecologica del territorio e lo sfruttamento perpetrato dalle aziende di smaltimento nei confronti dei dipendenti.
Il quadro generale della gestione dei rifiuti riflette il classico meccanismo di scarica barile fra le diverse strutture istituzionali.
All’inizio del 2019 la convenzione fra le Comunità d’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) dei comuni calabresi (comunità responsabili, in teoria, della gestione del ciclo rifiuti) e la Regione aveva stabilito che i comuni potevano ancora delegare alla Regione Calabria le funzioni amministrative relative alla gestione del servizio di trattamento. La delega non avrebbe potuto protrarsi, però, oltre il 31 dicembre 2019. La scadenza del termine e l’impreparazione degli ATO regionali (con molti comuni richiamati dalla Regione per inadempienza riguardo i pagamenti relativi al servizio delegato e alla implementazione del piano regionale rifiuti del 2016) hanno reso insostenibile la già precaria situazione concernente la raccolta. L’ATO di Cosenza per questi motivi è oggi commissariato.
Va ricordato, infatti, come recita la stessa convenzione firmata lo scorso anno, che «il sistema impiantistico regionale pubblico di trattamento/smaltimento RU (Rifiuti Urbani, nda), ereditato dal Commissario Delegato per la gestione dell’emergenza nel settore dei rifiuti urbani in Calabria, è risultato sin da subito inidoneo a trattare la totalità dei rifiuti prodotti dai comuni calabresi; tale inidoneità accomuna tutti gli ATO, tant’è vero che la Regione Calabria ha dovuto fare ricorso all’uso di impianti privati per la gestione degli RSU (Rifiuti Solidi Urbani, nda) e della FORD (Frazione Organica da Raccolta Differenziata, nda), nonché alla successiva emanazione di più ordinanze presidenziali per consentire il funzionamento degli impianti pubblici sprovvisti di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale, è il provvedimento che autorizza l’esercizio di un impianto trattamento rifiuti, nda)».
Le radici di queste condizioni endemiche sono da ricercarsi nella mancanza di una pianificazione centrale volta alla costruzione di impianti totalmente pubblici finalizzati al riciclo dei rifiuti, mancanza connessa alla necessità della politica locale di non inimicarsi i piccoli centri di potere imprenditoriale privato responsabile della gestione attuale della raccolta e dello smaltimento rifiuti (oltre che delle discariche, sempre in odor di ‘ndrangheta).
Non è una sorpresa, dunque, trovare periodicamente mucchi di rifiuti accatastati in centri come Reggio Calabria o Cosenza o passare attraverso periodi emergenziali che si susseguono ormai da decenni.
Per quanto riguarda la provincia di Vibo Valentia, unica in Calabria a non avere affatto impianti, i sindaci a inizio gennaio hanno delegato la presidente dell’ATO, Maria Limardo, sindaco di Vibo, a stipulare una convenzione con l’impresa Ecocall per la continuazione, per altri due mesi, del servizio, al costo di 140 euro a tonnellata per l’umido, in attesa che venga fatto un bando per l’affidamento. In questi mesi si sono, dunque, elaborati bandi per dare in appalto la raccolta rifiuti, in gestione ora all’ATO. In generale, gli impianti presenti nella provincia di Catanzaro ai quali si sta facendo riferimento sono obsoleti e danno la priorità ai rifiuti provenienti dalle zone interne alla provincia prima di lavorare quelli provenienti da Vibo Valentia. I rifiuti del vibonese oggi passano tutti da Lamezia Terme, dagli impianti di trattamento ex Ameco, e ciò che resta va in discarica, mentre i termovalorizzatori non sono previsti dalla legge regionale. Inoltre i comuni della provincia tirrenica continuano a dimostrarsi morosi nei confronti dell’ATO di Catanzaro, dalla quale dipendono per i motivi accennati.
Nonostante pare sia in fieri uno studio di fattibilità per la realizzazione a S. Onofrio di un nuovo impianto di trattamento, la Calabria presenta una situazione arretrata per quanto riguarda la gestione dei rifiuti. Una situazione che, oltre che dai fattori già accennati, dipende anche dai noti vincoli di spesa che gravano sugli enti locali, i quali trasferiscono questi disagi alle ditte di raccolta e smaltimento che li scaricano direttamente sui dipendenti.
Per osservare più da vicino gli effetti dello strapotere delle ditte private sulla qualità del lavoro degli operatori ecologici, abbiamo incontrato Nazzareno Piperno, segretario provinciale dello Slai Cobas di Vibo Valentia, protagonista da anni di dure battaglie locali nonostante un contesto fortemente arretrato e impermeabile alla denuncia sociale.
«Noi siamo radicati soprattutto, oltre che nel vibonese, nel versante della Locride e nell’area di Motta San Giovanni. In particolare, gli operai concentrati in questa zona hanno dovuto subire un ritardo sui pagamenti pari a 11 mensilità; alcune prerogative dei contratti collettivi neanche le conoscevano perché i confederali non avevano mai pensato di comunicargliele. Nella zona di Vibo, dove siamo più radicati e forse solo perché abbiamo a che fare con una ditta più grande che bada di meno a lesinare su ogni voce di spesa, perlomeno siamo riusciti a far rispettare i minimi contrattuali e a far fare controlli nei capannoni.
Nelle zone più periferiche e dove operano aziende minori, come l’Ecoshark nella zona di Capo Vaticano e Tropea, invece, la tutela sanitaria è virtualmente inesistente; i lavoratori sono meno sindacalizzati e non possiedono spogliatoi, docce, armadietti. Operano con mezzi fatiscenti, a volte mancano persino le divise per poter lavorare.
Noi abbiamo denunciato più volte le loro condizioni, ma amministrazioni e ditte puntano sul risparmio (offerte al massimo ribasso) e i dipendenti, soprattutto, hanno l’assoluto timore di parlare perché anche in questo caso le assunzioni si basano su fattori clientelari. Nonostante ci siano molti nostri iscritti tra le loro fila, i lavoratori tendono a “delegare” e sono poco propensi alla lotta sul territorio, perciò non siamo riusciti a evitare che essi siano penalizzati nonostante numerose denunce all’Asp (Azienda sanitaria provinciale)».
La necessità della creazione di una ditta totalmente pubblica e centralizzata, controllata dalla classe lavoratrice, viene resa evidente non solo dai meccanismi clientelari di assunzione che vigono a maggior ragione nelle aziende private (connesse senza alcun controllo al politico di riferimento) o dall’inefficienza di realtà che lucrano sul ribasso dei costi, ma anche dal tema delicato delle proteste e degli scioperi all’interno di quello che è un servizio essenziale.
«È difficile fare lo sciopero in questo settore: la commissione di garanzia ti taglia le gambe e, tenendo in considerazione le regole sulle procedure di raffreddamento e i giorni di anticipo per la proclamazione dello sciopero, diviene evidente che, se hai un problema oggi, potrai protestare tra 15 giorni se va bene. Il tutto sempre ammesso che tu riesca a rendere lo sciopero efficace, visto che ci sono sempre lavoratori non sindacalizzati. La soluzione più immediata sarebbe l’intervento delle amministrazioni comunali per far almeno rispettare le regole agli appaltatori».
Tra le ultime denunce dello Slai Cobas di Vibo riportiamo quella sul mobbing aziendale indiretto che grava sui dipendenti della Dusty, la ditta che si occupa del comune di Vibo Valentia:
«assistiamo sbigottiti e preoccupati all’immane massa di procedimenti disciplinari che l’azienda ha pensato di aprire nei confronti di tutti i lavoratori. Procedimenti solo in rari casi conclusi con sanzioni significative. A fronte di 55 dipendenti complessivi, ad oggi sono ben 86 le contestazioni disciplinari sollevate ai soli operai, con una media di quasi due procedimenti a testa e picchi di quattro o cinque per alcuni operai più ‘fortunati’. Solo una minima parte di tali contestazioni si è tradotta in sanzioni, comunque molto blande. In tale reiterato comportamento aziendale vi è senza dubbio da ravvisare una vera e propria strategia occulta mirante a mettere i lavoratori in uno stato di timore perenne e di soggezione psicologica continua, onde ottenere da loro qualcosa in più di quello cui gli stessi sono contrattualmente tenuti, con una prima conseguenza diretta nell’esponenziale aumento delle assenze per malattie e infortuni che lo stress determina nei lavoratori»[1].
Dalla zona di Vibo a quella del reggino, la situazione non cambia. Uno scenario molto simile è raccontato da Giuseppe Valentino, segretario della Filcams Cgil Calabria, protagonista da mesi di un tentativo di organizzazione tra i lavoratori del settore:
«Seguo il settore Multiservizi, che funziona con contratto privato: noi per provare a unire i lavoratori abbiamo creato il coordinamento “Igiene e Servizio Ambiente”, in modo tale da unire ciò che il mercato ha diviso. Il coordinamento copre la zona di Gioia Tauro e attualmente comprende diverse aziende del settore. La situazione è oggi complicatissima per via dell’emergenza e per le problematiche ataviche calabresi. C’è sicuramente un mix di responsabilità tra amministrazioni, ATO provinciali e aziende private. La tendenza, quando ti trovi a discutere di un bando di gara con le amministrazioni, è sempre quella di minimizzare il costo del lavoro, al punto che i bandi spesso non rispettano neanche i criteri minimi del servizio per il quale si chiede l’affido. La logica del primo cittadino è spesso “io devo risparmiare perché i miei cittadini devono avere una tariffa inferiore”, e questo oltretutto porta ad una minore qualità del servizio e a continue vertenze per mancato pagamento dei salari ordinari.
Spesso un appalto con un personale adatto a malapena al porta a porta deve espletare servizi come cura del verde, spazzamento, eccetera. Noi stiamo provando a fare un’azione preventiva dove vediamo i bandi in scadenza, rendendoci conto che i bandi spesso non sono conformi, e cerchiamo di fare pressione sulle amministrazioni (e non dimentichiamo un altro problema endemico della nostra zona: quello delle deroghe). Abbiamo fatto anche tavoli con i comuni e le prefetture, ma quando c’è stato il rischio di perdere il posto di lavoro siamo riusciti a utilizzare mezzi quali lo sciopero, il sit-in e la mobilitazione.
Ora stiamo provando a chiudere bene una vicenda che riguarda il cantiere spazzamento e raccolta rifiuti di Rosarno perché l’azienda ha licenziato 11 lavoratori che a febbraio si sono fermati lamentando carenze nella sicurezza, non accettando le giustificazioni per l’assenza. Abbiamo fatto un tavolo in prefettura e rimarcato che i lavoratori erano in sciopero!»
Il quadro appena descritto non sembra avviarsi ad una rapida conclusione. Le ultime dichiarazioni da parte dell’amministrazione regionale calabrese e della presidente Santelli consistono nei soliti annunci e in soluzioni temporanee e forse dannose.
Sergio De Caprio, conosciuto come Capitano Ultimo, attuale assessore all’Ambiente della Regione Calabria, ha riportato a inizio luglio di star lavorando per adottare provvedimenti urgenti, efficaci, che consentano di liberare le strade dal pattume e di presentare un piano di gestione rifiuti e di impiantistica definitivo. Nell’ultimo provvedimento della Regione, con il quale la governatrice intende superare la gestione degli ATO provinciali, si vuole inoltre predisporre il trasferimento dei rifiuti relativi agli scarti di lavorazione in impianti extraregionali “in via d’urgenza e per un periodo non superiore a 90 giorni”.
Un ennesimo cambiamento di modello che sarà un cambiamento solo apparente se non si decide politicamente di pianificare una filiera ecologica completa della raccolta rifiuti, dallo spazzamento al porta a porta fino al riciclo, che sia totalmente gestita e controllata dal settore pubblico in maniera trasparente e che renda parte del passato l’aziendalismo clientelistico dell’affidamento ai privati.
[1] https://www.ilvibonese.it/ambiente/10630-rifiuti-vibo-slai-cobas-dusty-comune-amministrazione/