Test d’ingresso a Medicina: proteste in tutta Italia contro il numero chiuso
Nella giornata di ieri 3 settembre si sono svolti i test a numero chiuso per l’ingresso a Medicina a cui hanno partecipato ben 66.000 studenti per poco più di 13.000 posti. In tutta Italia, nelle sedi di svolgimento, il Fronte della Gioventù Comunista ha portato avanti la sua protesta, gridando ovunque gli slogan: “la pandemia lo ha dimostrato, il numero chiuso va abrogato” e “salviamo il sistema sanitario nazionale”. Tra i presidi Roma, Torino, Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Padova, Genova, Salerno, Verona, Bari, Foggia, Catanzaro, Cosenza, Siena, Ancona e l’elenco continua.
“Vogliamo che il test a numero chiuso venga abrogato, continueremo a lottare per l’istruzione e una sanità universale e accessibile“, spiega Gabriele Lisarelli, responsabile università del FGC Torino.
«Il governo crede davvero che aggiungendo 5.000 posti solo per quest’anno, si risolverà il problema di un SSN al collasso? I lavoratori della sanità in questi mesi hanno sostenuto il peso di anni di tagli e le carenze di organico moltiplicando i turni e la fatica. Prima tutti li hanno chiamati eroi, ma oggi il sistema del numero chiuso resta in piedi. Non si tratta di cento o mille posti in più, ma di eliminare questa selezione di classe e salvare davvero il SSN», dichiara a Roma Lorenzo Lang, segretario generale del FGC.
Da Bologna Lorenzo Soli, segretario provinciale continua: «Da tempo si denuncia la mancanza di almeno 50.000 infermieri e di decine di migliaia di medici, tagli sistematici al SSN e sostegno alle cliniche private che lucrano sulla salute e di fronte al virus hanno fatto finta di niente. Proprio il numero chiuso per la facoltà di medicina è una di quelle misure che hanno distrutto la sanità pubblica, tagliando il numero di lavoratori in corsia per favorire la speculazione sulla salute della popolazione intera. Il disastro di questi mesi ci ha dimostrato che serve una sanità davvero pubblica, gratuita e accessibile a tutti».
Vale la pena ragionare brevemente sul numero chiuso e la sua funzione.
Il problema non è tanto il numero chiuso in quanto tale, quanto la funzione che il numero chiuso svolge. Del resto non sarebbe concepibile una società in cui chiunque fa il medico, e la pianificazione del numero di accesso a determinate professioni non è intrinsecamente sbagliata.
Tuttavia, all’interno del contesto attuale, la società capitalistica nella quale viviamo, il numero chiuso svolge una duplice funzione: da un lato barriera di classe, dall’altro strumento utile a portare avanti tagli e privatizzazioni.
Nel primo caso la selezione viene spesso svolta a monte dal tipo di scuola frequentato (istituto o liceo, fortemente legato alle capacità economiche familiari), dalla possibilità di non lavorare e dedicarsi solo allo studio prima dei test – possibilità spesso negata a molti giovani delle classi popolari -, dall’accesso ai costosi corsi di preparazione (i cui prezzi si aggirano sui 1000/2000 euro), ma anche dalla disponibilità economica necessaria a fare ricorso, fattore che alcuni anni fa si è rivelato per molti decisivo. A questo si aggiungono poi i costi dello studio una volta passato il test, tra libri affitti e tasse per ben sei anni, capace di scoraggiare i giovani al principio. Come si può vedere la tanto sbandierata “meritocrazia” ad un’analisi appena più che superficiale evapora come neve al sole delle condizioni reali della gioventù nel paese.
Nel secondo caso invece si parla di numero chiuso quale strumento atto a privatizzare e tagliare silenziosamente la sanità pubblica. Le gravi carenze nell’organico del sistema sanitario nazionale già citate prima erano un enorme problema già prima della pandemia. Non è certo un’esagerazione affermare che la severità del lockdown necessaria nel paese sia la diretta conseguenza di questo vulnus, a livello sia di personale che di strutture: basti pensare ai posti letto, ridotti a un terzo rispetto a trent’anni fa. Ma anche i turni massacranti a cui medici e infermieri sono stati costretti.
Vale la pena ricordare al riguardo che il numero chiuso è stato introdotto nel 1999 per uniformare il paese alle norme dell’allora CEE (Comunità Economica Europea, oggi Unione Europea) sulla libera circolazione dei medici sul territorio, col risultato di aver messo in competizione i medici e portando poi nel corso degli anni a un blocco delle assunzioni.
Il numero chiuso è quindi fortemente legato alle privatizzazioni portate avanti dal capitale europeo e italiano, ed è, oltre che una barriera di classe, uno strumento fondamentale nella svendita del SSN.