Metalmeccanici per il rinnovo del CCNL: il 5 novembre sarà sciopero
Per il prossimo 5 Novembre è stato indetto lo sciopero generale dei metalmeccanici per il rinnovo del CCNL, contro il mancato rinnovo del contratto di categoria che punta a disarticolare l’impianto dei contratti collettivi tutti e segnare un altro passo verso la precarizzazione definitiva del lavoro dipendente. Si tratta di un attacco frontale scagliato da Federmeccanica in linea con i toni e la strategia del nuovo presidente di Confindustria Bonomi, talmente spudorati da creare malumori in alcuni elementi della stessa compagine padronale, preoccupati che possano portare a compattare il mondo del lavoro.
Ma se i suoi toni segnano un salto di qualità, la natura dell’attacco rappresenta invece la logica conseguenza della resa sindacale degli ultimi anni (FIOM inclusa), della firma dell’ultimo impresentabile CCNL di categoria e dello scellerato Patto di Fabbrica del 2018. I suoi frutti però sono così avvelenati che le stesse dirigenze sindacali (addirittura FILM e UILM) sono costrette a reagire. I lavoratori metalmeccanici sono tra quelli che hanno sofferto di più non solo la crisi sanitaria, ma anche quella economica, tra licenziamenti dei precari (presenti in massa anche in questo settore), cassa integrazione (che alcuni stanno ancora aspettando!) e la minaccia di ulteriori licenziamenti appena verrà tolto il blocco. I confederali avrebbero davvero perso la faccia se non avessero risposto all’arroganza di chi ha avuto il coraggio di rinfacciargli addirittura il costo delle mascherine e che non vuole sborsare un centesimo di aumento dopo tutti i sacrifici fatti dai lavoratori.
Oggi però scioperare sembra tanto ovvio e necessario quanto difficile e lontano. C’è salario da recuperare, paura di perdere quel poco che si ha, la sensazione comunque di essere fortunati in mezzo a tanta disperazione e la voglia che tutto torni alla normalità. I sindacati complici di questo stesso disastro non hanno di certo l’autorevolezza necessaria per chiedere ai lavoratori di fare qualcosa per risolverlo adesso. E così, questa volta indirettamente, contribuiscono ancora ad aggravarlo.
Per questo ne va della riuscita stessa di questo sciopero il fatto che esso si inserisca a pieno nelle contraddizioni politiche ed economiche della fase.
Che la categoria si senta sostenuta e investita di un compito che va anche oltre i propri interessi immediati, che scioperare non venga vissuto come un gesto irresponsabile – come lo presenteranno industriali, stampa e politica – ma come un messaggio di riscatto all’intero mondo del lavoro e del non lavoro.
Teniamolo infatti bene a mente: le aziende metalmeccaniche sono quelle che creano il grosso del valore di questo paese. Sono quelle che rendono l’Italia non una “colonia della Germania”, come vorrebbe il vittimismo piccolo-borghese che purtroppo fa breccia pure a sinistra, ma la seconda potenza industriale d’Europa. Sono quelle che Confindustria voleva aperte a tutti i costi. E il governo l’ha ascoltata, ritardando quelle misure che avrebbero evitato migliaia di morti in Lombardia e disposizioni ancora più drastiche in tutto il paese. Ma i metalmeccanici non sono solo le vittime di un gigantesco meccanismo che li sfrutta e li schiaccia, sono anche capaci di incepparlo. Sono coloro che hanno rifiutato di farsi mandare al macello a marzo e aprile e che con una serie scioperi, per lo più spontanei, hanno portato alla definizione di un protocollo sanitario e alla chiusura di molte aziende non essenziali.
Se oggi le loro mobilitazioni fossero capaci di coinvolgere anche le altre categorie che sono in procinto di rinnovi difficili e controversi (alimentare, tessile, legno, igiene ambientale, ecc.), insieme al resto del mondo del lavoro dipendente e non solo, lo “scontro sociale” potrebbe davvero cambiare di intensità e di qualità.
Per questi motivi bisogna sostenere l’iniziativa messa in campo dall’Assemblea Nazionale dei Lavoratori Combattivi, per informare e sostenere gli scioperi in tutte le fabbriche dov’è in grado di arrivare, indipendentemente dalla presenza dei sindacati che l’hanno indetto, con lo sguardo sempre teso agli interessi del movimento nel suo complesso.
Oggi si sciopera, domani si continua.