Un esempio di repressione anticomunista in Russia
L’anniversario della Rivoluzione d’Ottobre è sempre stata ed è una data importante per i tanti partiti nel mondo che, richiamandosi a quell’esperienza e ai principi del marxismo-leninismo, perseguono il riscatto delle classi popolari dei propri paesi, una data salutata non col solo intento commemorativo ma con l’obiettivo di riflettere una volta di più sul presente e sui compiti che hanno davanti i partiti comunisti di tutto il mondo. Non fa eccezione la Russia, nella quale nella città di Tyumen’ per il 7 novembre era stata programmata dal Partito Comunista Operaio Russo, sezione del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCOR-PCUS) una manifestazione per celebrare il 103° anniversario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre. La richiesta d’autorizzazione e il percorso del corteo erano stati trasmessi per tempo e in ottemperanza alla legislazione della Federazione Russa alle autorità cittadine, che, tuttavia, negavano l’autorizzazione con decisione personale del sindaco Kukharuk R.N., ignorando le norme di legge che tutelano il diritto di manifestare e ben sapendo che i lavoratori avrebbero ugualmente celebrato l’importante ricorrenza. Adducendo a pretesto le misure anti-Covid19, per altro non applicate ad altre manifestazioni pubbliche, le autorità hanno colto l’occasione per scatenare la repressione anticomunista.
Alla partenza del corteo, la strada è stata bloccata e i manifestanti sono stati aggrediti dalla polizia.
In particolare, il Segretario del Comitato Centrale del PCOR-PCUS, Aleksandr K. Cherepanov, appena dimissionato dall’ospedale dopo una grave polmonite bilaterale con lesioni al 64% dei polmoni, veniva gettato a terra, trascinato, gettato faccia a terra sul pavimento del cellulare e tenuto a lungo immobilizzato in quella posizione, in stato d’arresto. Colto da un malore cardiaco, veniva soccorso dalla moglie T.N. Cherepanova e da S.M. Tselykh, Segretario del Comitato Regionale del PCOR-PCUS, ai quali la polizia impediva con violenza di prestare la necessaria assistenza, immobilizzando e arrestando anche loro e, quindi, portando tutti e tre al 5° Distretto di Polizia di Tyumen’, dove venivano loro contestati i reati di turbativa dell’ordine pubblico e resistenza.
Intanto, dopo l’arresto, la polizia rimasta sul posto cercava prima di disperdere la manifestazione, poi di sequestrare striscioni e bandiere, ma la ferma determinazione dei lavoratori e dei cittadini di Tyumen’ la faceva desistere e ritirarsi. La manifestazione si è quindi tenuta ugualmente, con tutte le bandiere rosse e gli striscioni con la simbologia di partito. Durante il comizio finale, dopo la deposizione di una corona di fiori ai piedi del monumento a V.I. Lenin, i manifestanti venivano a conoscenza delle imputazioni di aggressione alle forze dell’ordine, contestate ai compagni arrestati e smentite da un video, qui riportato https://vk.com/video-23230678_456240104, che aveva ripreso questa esibizione di arbitrio poliziesco.
Sotto pressione degli attivisti e dei simpatizzanti del PCOR-PCUS, nel frattempo radunatisi presso il distretto di polizia, quest’ultima comunicava l’intenzione di rilasciare gli arrestati. Nel frattempo, il Segretario Cherepanov aveva un nuovo malore e, alla richiesta della moglie di chiamare un’ambulanza, veniva con l’inganno fatto uscire da una porta sul retro del distretto “per prendere una boccata d’aria fresca”, costretto a salire su una vettura e trasportato alla Direzione Investigativa della regione di Tyumen’. Grazie al risoluto intervento dei comunisti e dei simpatizzanti, raggruppati in gran numero sotto gli uffici della Direzione Investigativa, Aleksandr K. Cherepanov veniva finalmente rilasciato dopo oltre 7 ore di fermo illegale. Questo succedeva il 7 novembre.
Il 13 novembre veniva avviato un procedimento penale contro il Segretario del PCOR-PCUS con la falsa accusa di avere aggredito e pestato il vicecomandante della polizia della regione di Tyumen’, Volkovitsky V.S., notificato all’interessato solo il 20 novembre. Il giudice inquirente, A.S. Shafigullina, rifiutava di mostrare al compagno Cherepanov i materiali dell’inchiesta a suo carico, tranne i risultati di una perizia d’accertamento (soltanto mostrata all’accusato, ma non rilasciata in copia) dei danni fisici subiti dalla presunta vittima. Guarda caso, il perito incaricato è il figlio dell’ex-comandante della polizia della regione di Tyumen’, Y. Altynov, attualmente ai domiciliari per corruzione, il che fa legittimamente dubitare dell’obiettività del perito e della perizia. Inoltre, durante gli interrogatori, avvenuti il 23 e 24 novembre, il giudice inquirente ha fatto verbalizzare solo le testimonianze dell’accusa, non quelle della difesa. Il procedimento penale nei confronti dei tre militanti è ancora aperto, nonostante la richiesta d’archiviazione, inoltrata da Cherepanov al Procuratore della regione di Tyumen’ e la contro-denuncia, fatta dalla moglie a carico del vicecomandante Volkovitsky.
Questo non è che un esempio tra i tanti di come viene gestita la “giustizia” nella Russia borghese, dove l’apparato repressivo dello Stato, asservito agli interessi dell’oligarchia finanziaria, agisce con l’arbitrio più totale, nell’impunità e nella più sfacciata violazione delle stesse leggi borghesi, dove i diritti costituzionali dei cittadini sono calpestati impunemente ogniqualvolta disturbano il potere del capitale, dove le rivendicazioni dei lavoratori vengono liquidate a colpi di “democratizzatore”, nome ironico con cui i russi chiamano il manganello della polizia.
La vicenda che ha coinvolto il PCOR-PCUS in occasione della manifestazione del 7 novembre è esemplificativa del doppio binario di azione che la borghesia russa e le istituzioni continuano ad avere nei confronti del ricordo della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, dell’Unione Sovietica e delle sue conquiste: da un lato, nella narrazione istituzionale, essa viene declinata in chiave nazionalista e svuotata del suo contenuto di classe; dall’altro, i partiti che insistono sulla necessità di rivendicare quell’esperienza storica per procedere verso l’abbattimento del dominio della borghesia in Russia subiscono la repressione anche in spregio alle norme democratiche del sistema statale russo.