È la mattina presto di mercoledì 9 dicembre all’Interporto e, nonostante la pioggia, i lavoratori bloccano i magazzini:
Lo sciopero è iniziato il 25 novembre, la giornata contro la violenza sulle donne. Uno sciopero nei magazzini in appalto a YOOX dove il 90% del personale è composto di facchine donne.
In questo magazzino nello specifico ci sono un centinaio di persone, ma in tutto l’Interporto, per l’indotto collegato a YOOX e GEODIS, trovano impiego circa 1200 persone, tra determinati e indeterminati. Lo sciopero impiega un’azienda che si chiama LIS group” ci spiega Eleonora, responsabile sindacale del SI Cobas per la vertenza.
Lis Group è entrata in quest’appalto a gennaio, intervenendo dopo Mr. Job, l’azienda che stava da 10 anni su questo appalto e che nel 2014 fu al centro di un primo sciopero delle lavoratrici del magazzino, con una lotta che durò diversi mesi. Oltre al continuo sfruttamento, emerse infatti anche un problema di molestie esercitate dal capetto della cooperativa: in cambio di lavoro dovevano essere “piacevoli” con lui. Su questa vicenda c’è stato anche un processo che ha portato ad una condanna per violenza privata in primo grado contro la quale si è fatto ricorso alla Corte d’appello. Questi episodi, tuttavia, non hanno in alcun modo spinto Yoox a interrompere i rapporti con la cooperativa Mr.Job, che fino al suo fallimento è rimasta interna a Yoox.
Niente di più lontano dall’immagine che Yoox ha in questi anni accuratamente costruito tra social, dichiarazioni e articoli. Il racconto è quello di un’azienda vicina alle donne e ai dipendenti, un’azienda smart e sensibile alle esigenze della sua comunità, come ripete nelle interviste il suo fondatore, Federico Marchetti, bocconiano e cavaliere del lavoro nel 2017. La prima notizia su Google cercando Yoox è quella della “collezione ecosostenibile” disegnata insieme al principe Carlo, mentre la pagina di Wikipedia riporta che l’azienda ha fatturato 2,1 miliardi di euro nel 2017 e pare aver raddoppiato le sue vendite durante il lockdown.
A dicembre 2019 Mr. Job fallisce. Va tenuto conto che tutti gli operai, per lavorare, trattandosi del vecchio modello delle cooperative, dovevano mettere una quota sociale di 3000 ciascuno, sostanzialmente un pizzo che veniva trattenuto tutti i mesi dalla busta paga, con 50 o 100 euro.
Continua Eleonora – “questi soldi delle quote sociali sono poi ovviamente persi, perché le cooperative falliscono, durano circa uno, due anni, con un po’ di fortuna tre. Parliamo quindi di un bel tesoretto visto che si tratta di 150 persone, ma ci sono anche cooperative che impiegavano fino a 1000 di persone; i TFR sono bloccati, non vengono pagate le ultime spettanze, quattordicesima, ecc. YOOX interviene ma solo parzialmente”.
Lo stesso giorno del cambio appalto, la nuova azienda fa riunione insieme ai sindacati confederali e rende chiare le proprie intenzioni: “riformulare l’organizzazione del lavoro”, ovvero cambiare completamente i turni entro tre mesi, introducendo orari che inizino alle 5:30 del mattino, e un secondo turno alla sera. Alle lavoratrici che, avendo figli, pongono dei problemi rispetto all’organizzazione della vita viene semplicemente detto che è un loro problema e che chi non vuole accettare la riorganizzazione si può licenziare, così molte di loro sono costrette a cedere.
A marzo con l’arrivo della pandemia si presenta l’occasione perfetta per l’azienda per accelerare questa riorganizzazione e dopo un breve periodo di cassa integrazione si riapre con i turni nuovi. I protocolli sanitari firmati dalle parti sociali prevedono la possibilità di riorganizzare la turnazione in modo da non tenere le persone assembrate. “Noi chiediamo incontri su questo, chiediamo una garanzia che al termine dell’emergenza sanitaria si ritorni ai turni vecchi, loro ci dicono fondamentalmente di no, stesso diniego sui buoni pasto perché a lor dire sarebbero in crisi. Un altro esempio di questa riorganizzazione è la riduzione delle pause: in otto ore le lavoratrici hanno solo due quarti d’ora separati.
Le nostre rivendicazioni sono: risolvere il problema dei turni, aumentare le pause e la richiesta dei buoni pasto; anche per la riduzione delle pause viene utilizzata la contingenza del COVID: quale sia il filo logico non ci è dato sapere ma è chiaro che loro approfittano di questo momento, e puntano sulle lavoratrici, la parte più sindacalizzata e più presente, con dei diritti acquisiti. Lo scopo è di spingerle al licenziamento, evitando così il blocco imposto per la crisi sanitaria, e sostituirle con personale precario e maggiormente ricattabile. E da qui il 25 comincia lo sciopero”.
Dopo aver parlato con Eleonora, abbiamo avuto occasione di intervistare una delle lavoratrici della YOOX, Liuba, iscritta al SI Cobas e alla testa delle proteste.
Bene Liuba, innanzitutto spiegaci la vostra situazione, qual è il lavoro che svolgete, con quale contratto siete inquadrate?
Dunque, io lavoro da 12 anni per la YOOX. La mia mansione è il controllo qualità dell’abbigliamento, ma in passato ho fatto anche la fotografa, attaccato i cartellini, preparato e imballato le scatole, oltre che carico e scarico della merce. In questo momento con la LIS Group SRL facciamo solo il controllo qualità.
Siamo inquadrati come operai a tempo indeterminato, abbiamo fatto il passaggio dalla cooperativa assieme a quello che abbiamo guadagnato grazie ad anni di lotte come la paga oraria, dei livelli un po’ più alti del primo, degli scatti di anzianità. In maggioranza siamo immigrate, e abbiamo fatto tanti sacrifici per stare in questi magazzini, c’è chi è qui da 15 anni da quando ha aperto YOOX, siamo i primi lavoratori.
La nostra è una situazione difficile e il mio caso è uno dei più disperati fra le lavoratrici madri che lavorano qui dentro. Sono una di quelle che ha lottato in passato, nel 2014-15 per migliorare le nostre buste paga, le condizioni di lavoro, per i tanti diritti che non avevamo. Oggi dopo tutti questi anni ci ritroviamo di nuovo qui perché si sono inventati il modo per liberarsi di noi, perché quando abbiamo iniziato avevamo venti, trent’anni, ed eravamo a loro completa disposizione, facevamo straordinari e via dicendo, ora che siamo madri non gli andiamo più bene: primo perché abbiamo una vita fuori da questi magazzini e dobbiamo curare i nostri figli, secondo perché ovviamente essendo qui da più tempo abbiamo lottato per arrivare a questi miserabili 1200 euro. Loro quindi si sono inventati il modo di poter fare fuori i lavoratori più anziani e prenderne di nuovi, innanzitutto da agenzie interinali, così non gli fanno nemmeno contratti diretti. Si tratta di lavoratori più giovani con contratti a tempo determinato in modo che l’azienda possa liberarsi di loro quando vuole, mentre con noi è più difficile, per questo si sono inventati i nuovi turni. Siamo circa cento lavoratori nella LIS SRL, di cui settanta sono lavoratrici madri e grazie ai nuovi orari dobbiamo iniziare il primo turno alle 5.30 del mattino e finire alle 13.30, il secondo dalle 14.30 e finisce alle 22.30. Nel mio caso, essendo anche separata, sono la prima a rischiare il posto di lavoro.
A causa dei nuovi orari avete difficoltà a coniugare la cura dei figli con il lavoro?
Certo, ci sono madri che tornano alle 23:00 e, avendo un compagno che torna alle 20.00, non riescono a far fare i compiti ai figli, che hanno bisogno sempre di essere seguiti.
Addirittura una madre è stata chiamata da scuola per sapere cosa stesse succedendo alla bambina e lei ovviamente ha dovuto dire che per una settimana, quando ha il turno di mattina, poteva vederla, ma quando aveva il secondo turno, la sera, non aveva proprio modo di passare del tempo con lei; e ovviamente non poteva svegliarla alle 23 per i compiti. Quindi i nostri figli sono abbandonati a sé stessi.
Avendo un bimbo sotto i 3 anni ho chiesto all’azienda la possibilità di essere agevolata in qualche modo e mi hanno solo detto che al massimo mi avrebbero fatto passare dal full-time al part-time, facendomi cioè fare 4 ore di lavoro mentre le altre quattro me le “presterebbero” loro oggi, per poi in futuro togliermele dalla busta paga, ovviamente tutto a voce senza farmi firmare nulla. Al che io ho chiesto quale fosse la ragione, perché non togliermi tutto adesso e farmi morire di fame già da ora e loro mi hanno riso in faccia, a loro evidentemente fa ridere giocare con la vita delle persone.
Non riesco ad organizzarmi con un figlio piccolo, ma a loro non importa nulla, da quando sono entrati in vigore i nuovi turni, nonostante il part-time, mio figlio l’ho dovuto ugualmente mandare dalle vicine di casa, addirittura lo svegliavo alle quattro del mattino, lo portavo dalla vicina per poi essere alle 5.30 in magazzino. Abbiamo avuto una riunione con tutte le settanta lavoratrici madri in difficoltà per dire loro che non riuscivamo ad organizzarci con i figli e la “capa” venuta dall’ufficio a discutere ci ha risposto: “Prendetevi delle babysitter”.
Con 1200 euro al mese, per tutte le ore che dovrebbe stare con mio figlio dovrei dargliene minimo 1000, è impossibile; poi hanno anche detto: “i vostri mariti devono aiutarvi”, nel mio caso non c’è, e perfino le donne che invece il compagno ce l’hanno non riescono comunque ad organizzarsi, perché magari il marito è arrivato anche lui da un turno in notturno. È difficile trovare delle baby-sitter che vengono a casa alle quattro del mattino, così molte lavoratrici si sono licenziate sin da subito, altre si stanno licenziando una alla volta. Così con decine di colleghe abbiamo preso coraggio e siamo qui fuori a manifestare e protestare perché non è giusto che la YOOX tratti i lavoratori come fossero cose usa e getta. Quando hanno avuto bisogno noi ci siamo sempre stati perché è sulle nostre spalle che si è potuta sollevare questa azienda, perché quando hanno iniziato erano piccoli e adesso che sono diventati magazzini di lusso grazie a noi, passati dodici anni, non gli serviamo più. Ma noi non glielo permetteremo, perché devono esistere i diritti per tutti i lavoratori e devono esistere i diritti per le madri con figli; non possono usarci e poi buttarci via.
Hai detto che il capo è una donna?
No, quella è una “capa” che mandano di solito a parlare con noi
ma di capi ne abbiamo talmente tanti che non abbiamo capito chi è il capo, chi il direttore, chi gestisce cosa. Ad ogni modo è una donna quella che ci mandano dall’ufficio, poi c’è il direttore, e ci sono anche altri capi, superiori.
Oltre al problema dei turni tra le vostre richieste ci sono anche i buoni pasto?
I buoni pasto sono un altro nostro problema, siamo fuori anche per questo. Sotto YOOX ci sono circa mille lavoratori, fra cooperative o azienda direttamente, e hanno tutti i buoni pasto, gli unici a non averne siamo noi cento lavoratori della LIS.
Quando abbiamo domandato alla nostra “capa” del perché gli altri possono avere i buoni pasto mentre noi no, la risposta è stata: “Ve li dovete guadagnare”. Le abbiamo chiesto cosa intendesse, ci ha risposto: “Non guardate cos’hanno i vostri vicini, voi ve li dovete guadagnare”. Ma è giusto che anche noi possiamo avere i buoni pasto.
Quali sono i sindacati presenti nell’azienda e che rapporti avete o avete avuto con i sindacati confederali?
Noi iscritti al SI Cobas siamo trentadue, poi ci sono lavoratori con CGIL e con la CISL. Le scelte di queste ultime sigle sindacali ci hanno messo in questa situazione perché purtroppo non sono mai dalla parte dei lavoratori.
Al contrario, aiutano sempre l’azienda a metterci i bastoni fra le ruote, a farci perdere il lavoro e a sfruttarci il più possibile. Se siamo arrivati a scioperare disperatamente qui fuori è grazie anche alla CGIL che ha appoggiato l’azienda, volevano firmare il patto sui nuovi turni. Non è la prima volta che la CGIL favorisce l’azienda contro noi lavoratori, è capitato che firmassero senza informarci e dopo aver firmato venissero nel magazzino a dirci “è così, è stato firmato” e noi dovevamo accettare senza nemmeno saper nulla.
Quali sono state le varie forme di lotta, le modalità di sciopero che avete intrapreso?
Stiamo facendo manifestazioni, scioperi, picchetti e sabato 12 dicembre faremo una manifestazione in centro a Bologna.
Al primo sciopero che abbiamo fatto, nel modo più pacifico possibile, è arrivato un capo della YOOX fuori e ha detto “potete stare qua fuori quanto vi pare, tanto per me siete invisibili, non vi voglio vedere né sentire”. Queste sono le risposte dei nostri capi della YOOX.
Tu hai detto prima che siete arrivati a 1200 euro di stipendio grazie alle varie lotte condotte negli anni, che avete ottenuto una serie di garanzie e di diritti. Com’era invece la situazione all’inizio, quando hai cominciato a lavorare?
All’inizio eravamo dei veri schiavi. Nonostante i contratti a tempo indeterminato, con noi facevano quel che volevano.
Per esempio, nel mio contratto all’inizio prevedeva 39 ore settimanali, ma io dovevo stare a casa quando mi diceva il capo e aspettare una sua chiamata in qualsiasi momento per venire a lavorare.
Lavoravamo al freddo, facendo i pezzi – i capi d’abbigliamento da lavorare – che chiedevano loro, c’era una quota precisa da raggiungere stabilita, un quantitativo disumano, non arrivavamo mai alla fine. Il capo diceva: “Quella che riesce a finire i pezzi sarà chiamata quando cala il lavoro, altrimenti starete a casa”. Nonostante io fossi una di quelle che raggiungeva la quota dei pezzi da produrre, quando calava il lavoro non mi chiamavano e prendevo buste paga da 200 euro aspettando che mi chiamassero. Quando arrivavamo ad 800 euro al mese ci sentivamo ricche. Se avessi aperto la bocca, saresti stata punita. Stessa cosa se si rivendicavano o si parlava dei propri diritti, e se non raggiungevi i pezzi che chiedevano ti potevano anche lasciare a casa per mesi. Una delle mie colleghe ha ricevuto buste paga da 0 euro, hanno avuto anche il coraggio di inviargliela. E ovviamente dopo mesi senza lavoro le madri disperate si licenziavano.
In passato, la vicenda risale al 2014, avevamo anche un capo che abbiamo denunciato per molestie. Si comportava veramente male con le ragazze, molte hanno perso il lavoro per questo.
Io in passato ho avuto il coraggio di andare alla CGIL per lamentarmi dei comportamenti dell’azienda nel magazzino e la CGIL ha risolto il problema mandandomi via, spostandomi in un magazzino molto più lontano. Per fare un esempio, un giorno lavoravo a Reggio Emilia, l’indomani magari a Modena, oppure in un altro paesino dove avevano i magazzini.
Per concludere, una maggiore combattività ha via via portato a dei risultati?
Io ho sempre detto e dirò sempre che è grazie all’intervento di SI Cobas se siamo riusciti ad ottenere qualcosa, se avessimo dovuto aspettare la CGIL…
Quelli non fanno altro che toglierci diritti e farci perdere il lavoro. È grazie al SI Cobas che prendiamo coraggio per poter scioperare. I diritti che abbiamo conquistato in passato sono sempre stati grazie al SI Cobas e anche oggi che scioperiamo per i nostri diritti siamo supportati dal sindacato. Con questa consapevolezza lotteremo e ci mobiliteremo affinché l’azienda e tutte le istituzioni ci guardino, ci ascoltino e non facciano perdere il posto di lavoro a delle lavoratrici che col proprio lavoro hanno fatto la fortuna di un’azienda che ora vorrebbe disfarsi di loro.