Sarebbero non meno di 6402 i civili innocenti abbattuti dall’esercito regolare tra il 2002 e il 2008 in Colombia. Così viene segnalato in una recente relazione presentata dalla Giurisdizione speciale per la pace (JEP) sull’inchiesta che riguarda i casi dei “falsi positivi”, vale a dire, la pratica in cui i soldati colombiani uccidono civili estranei al conflitto e li fanno passare per guerriglieri abbattuti, in modo da riscuotere premi economici, onorificenze militari, permessi e vacanze. La cifra presentata dalla JEP è il doppio di quella segnalata dalle organizzazioni per i diritti umani e il triplo di quella segnalata dalla procura colombiana e mette in luce che il 78% delle vittime di questo atroce modo di operare si è registrato durante il governo di Álvaro Uribe (2002-2010), uomo di fiducia di Washington nella regione in quegli anni e fervente oppositore al processo di pace con le guerriglie.
Secondo la JEP, sono quasi 1800 i militari coinvolti. Militari che erano perfettamente coscienti di stare uccidendo dei civili innocenti. Militari —di tutti i ranghi— appartenenti a un esercito che è partner regionale della NATO e il cui governo è l’alleato più fedele degli USA in Sudamerica.
Per arrivare a questa cifra (ancora preliminare) la JEP ha analizzato i dati della Procura, del Centro nazionale di memoria storica, del Coordinamento Colombia-Stati Uniti-Unione Europea e di oltre 285 organizzazioni per i diritti umani e raccolto testimonianze di familiari delle vittime così come di ufficiali dell’esercito.
“Ci chiedevano litri di sangue”
Uno dei militari interpellati dalla JEP è il colonnello congedato Gabriel Rincón Amado, all’epoca capo della Brigata di operazioni mobili 15 e imputato (reo confesso) per i “Morti di Soacha”, un caso di falsi positivi in cui 17 ragazzi vennero portati via dalle loro case nel municipio di Soacha con false promesse di lavoro, trasportati in camion dell’esercito a oltre 600 chilometri di distanza e infine uccisi a sangue freddo dai soldati, per poi presentare i loro corpi come “sovversivi” caduti in combattimento.
Rincón accusa direttamente il comandante capo dell’Esercito tra il 2006 e il 2008, il Generale Mario Montoya: «Il Generale Montoya ci diceva per radio che servivano “litri di sangue. Cisterne di sangue”». «Spesso i nostri superiori ci rimproveravano perché facevamo prigionieri o presentavamo sovversivi feriti. “E lei perché mi presenta dei feriti?”, ci dicevano. “A me servono morti in combattimento e litri di sangue!”».1
Sempre davanti alla JEP, Rincón ha raccontato come funzionavano le “scadenze” per presentare combattenti abbattuti: «Non potevano trascorrere più di 30 giorni senza che le unità presentassero risultati tangibili (guerriglieri morti). Non era permesso. Se un battaglione non presentava risultati entro quel periodo, il suo comandante veniva congedato».
Da documenti filtrati emerge che esistevano “quote” di “sovversivi” morti per riscuotere onorificenze e premi economici. Così, se un’unità presentava 6 o più abbattuti in una singola azione, veniva premiata con 30 milioni di pesos, mentre per ricevere un’onorificenza per servizi distinti a una brigata servivano 150 morti, a una divisione 300 e ai singoli comandanti 15. 2 3 4
Le responsabilità di Uribe
Di Álvaro Uribe Vélez abbiamo già parlato in precedenza. Oltre a essere l’ideatore dei gruppi paramilitari di estrema destra, l’ex presidente viene segnalato come il principale responsabile dei “falsi positivi”. Fu infatti durante il suo governo che si emise il decreto 029 dove si introducevano gli incentivi per i soldati a seconda dei loro “risultati tangibili”, seppur “falsi positivi” e “esecuzioni extragiudiziarie” erano una pratica già ben radicata e consolidata del terrorismo statale e paramilitare.
Uribe, da parte sua, respinge quanto affermato dalla JEP e ha tacciato la relazione presentata come “parziale” e mirata a “screditarlo” poiché si concentra esclusivamente sui suoi primi 6 anni di governo. D’altro canto, però, questo modo di lavorare della JEP non è che un normale bias metodologico, considerando che 4 casi su 5 si collocano temporalmente negli anni della sua presidenza. Non solo: un caso ogni quattro si registra nel dipartimento di Antioquia, di cui Uribe è stato governatore e dove si trova la sua roccaforte politico-elettorale, nonché luogo di nascita dei principali gruppi paramilitari, sotto il patrocinio dell’ex-governatore ed ex-presidente.
Uribe —principale oppositore degli accordi di pace con le FARC-EP — si è espresso più volte per lo scioglimento della JEP, sostenendo che non garantirebbe le pene dei “carnefici”. Istituita nell’ambito degli ormai traditi e stracciati accordi di pace, la JEP doveva esser una sorta di istituzione giudiziaria terza alle parti in conflitto ma nella realtà si è trasformato in un “diritto penale del nemico” (nelle parole di J. Santrich) senza garanzia alcuna per i combattenti delle FARC-EP. Al di là delle sue affermazioni, quindi, la principale paura di Uribe in realtà è, come si è visto dal susseguirsi di avvenimenti, che possano venire alla luce altri crimini che lo coinvolgono, sia come capo di stato che come promotore di gruppi paramilitari.
Chi ha dato l’ordine?
Non appena pubblicata la relazione, Juan Manuel Santos —presidente tra il 2010 e il 2018 e Premio Nobel per la Pace— ha colto l’occasione per vantarsi del netto calo di esecuzioni extragiudiziarie registrato durante il suo governo, affermando che durante la sua presidenza si è indagato e posto fine ai “falsi positivi”. Secondo questi dati, infatti, dal 2009 in poi si registrò un calo dei casi di quasi il 700% rispetto agli anni precedenti. Santos però dimentica che fu ministro della difesa durante il governo Uribe proprio tra gli anni 2006 e 2009, quando il numero di casi raggiunse il suo picco massimo. Tra le altre cose, fu proprio lui ad aver dato il criminale ordine di fucilare a sangue a freddo il comandante insorgente delle FARC-EP, Alfonso Cano, il 4 novembre del 2011, mentre era già catturato e sotto custodia dell’esercito, inerme, disarmato e ferito: «Mi hanno detto che avevano localizzato Cano, obiettivo che perseguivamo da anni»…; «Ho deciso di eliminarlo ed è stato fatto»; «Ho ordinato la sua morte perché eravamo in guerra e siamo ancora in guerra», se ne vanterà vilmente in un comizio elettorale a Bogotà nel 2014.5 6
Nel suo ultimo libro, Santos afferma che l’esistenza dei “falsi positivi” si è dovuta a “incentivi perversi” che portarono “persone senza morale” a compiere atrocità per avere benefici economici. In poche parole, si torna alla vecchia logica delle mele marce, degli elementi deviati e dei casi isolati.
Ma le cifre parlano chiaro: più di 20 morti a settimana per 6 anni non possono collegarsi a semplici casi isolati commessi da mele marce, ma hanno bisogno della complicità e del via libera delle autorità militari e politiche; che la procura colombiana abbia dato cifre che sono tre volte inferiori a quelle presentate dalla JEP non è riconducibile a un semplice errore metodologico o a una scarsità di indagine, ma a un chiaro tentativo di insabbiamento della vicenda e dei suoi responsabili; che certi ufficiali sospettati di aver ordinato e commesso esecuzioni di innocenti siano stati recentemente promossi di rango, non è una semplice svista all’interno dell’appartato militare, ma un chiaro segnale che il modo di operare dell’esercito colombiano è quello.
Le vittime erano nella totalità dei casi giovani appartenenti alle classi popolari (operai delle periferie o contadini poveri) i quali venivano ingannati dai militari con promesse di lavoro. Considerando il contesto socio-economico di provenienza, le loro sparizioni non avrebbero destato maggiore scalpore tra le autorità. Questo modo di operare diventava quindi una sorta di “pulizia sociale” tra gli strati meno abbienti.
In un paese come la Colombia, dove il soffocamento delle classi popolari con il piombo non è l’eccezione ma la regola, i “falsi positivi” rappresentano una delle forme della sistematica pratica delle esecuzioni extragiudiziarie, che mirano a colpire e reprimere preventivamente gli strati più poveri della società, gli attivisti sociali e militanti politici, nella guerra contro-insurrezionale e anticomunista contro il popolo e la conseguente insorgenza armata guerrigliera, in modo da perpetuare il potere borghese e il sistema di sfruttamento capitalista. Assassini politici, esecuzioni extragiudiziarie, sono infatti tutt’ora all’ordine del giorno con il governo reazionario di Duque che, in linea con l’uribismo, continua a soffocare nel sangue la lotta del proletariato e delle classi oppresse colombiane, stracciando nei fatti l’Accordo di Pace: dal 2016, infatti, più di 900 militanti popolari, tra cui oltre 255 ex guerriglieri e molti sindacalisti affiliati alla FSM, sono stati uccisi.
E mentre in Colombia vanno avanti pratiche criminali come queste, l’imperialismo statunitense e quello europeo non disdegnano di stringere accordi economici e partnership militari con lo stato borghese colombiano, soprattutto in ottica anti-venezuelana. Ricordiamo che la Colombia è partner globale della NATO (l’unico in America Latina)7 e il principale alleato militare degli Stati Uniti nella regione (riceve più aiuti militari da parte degli USA che tutti gli altri paesi latinoamericani messi insieme)8, inoltre è la rampa di lancio per tutte le incursioni contro il Venezuela.
Solo pochi giorni dopo la pubblicazione della relazione da parte della JEP, è arrivata in Colombia la ministra degli esteri spagnola Arancha Gonzalez Laya, la quale ha visitato Cucuta (frontiera col Venezuela) insieme al presidente colombiano, l’uribista Ivan Duque, in un chiaro segno di provocazione.9
Inti Vásquez
Fonti:
Testo della relazione: https://twitter.com/JEP_Colombia/status/1362366120737591301
https://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-56119174
https://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-50797861
https://www.youtube.com/watch?v=g3zbcqrP-Ug
https://www.youtube.com/watch?v=6nEPNy_22vM&ab_channel=Ah%C3%ADlesVa
https://www.youtube.com/watch?v=_pSjn3wVirQ
1 https://noticias.caracoltv.com/colombia/a-mi-me-tienen-que-dar-son-muertos-el-testimonio-contra-gral-mario-montoya-en-la-jep
4 https://www.hrw.org/es/news/2018/11/12/como-funcionaban-los-incentivos-perversos-detras-de-los-falsos-positivos