Eliseos Vagenas, membro del CC del Partito Comunista di Grecia (KKE), responsabile della Sezione Relazioni Internazionali del KKE
traduzione di Giaime Ugliano
Introduzione
Fin dal primo momento, il KKE ha sottolineato il carattere imperialista della guerra in Ucraina, che viene condotta dalle classi borghesi nel quadro del capitalismo monopolistico, spinte dalla sete di profitti dei capitalisti.
L’Ucraina è un vero e proprio tesoro per il capitale, grazie alle sue importanti ricchezze minerarie e alle vaste aree coltivabili, alle sviluppate infrastrutture tecnologiche (12 centrali termiche, 6 centrali idroelettriche, 5 centrali nucleari, 6 grandi oleodotti, un’enorme rete di decine di chilometri di gasdotti per il trasporto del gas russo verso i Paesi europei, 8 raffinerie), alle decine di grandi impianti industriali, come quelli per la lavorazione del legno e dei metalli, per la produzione di alimenti, per l’industria chimica, per l’industria della difesa e per i cantieri navali, insieme a una grande forza lavoro. Tutto ciò, oltre alla sua posizione geostrategica, in particolare l’accesso al Mar Nero e al Mar d’Azov, la trasforma in un moderno “pomo della discordia” tra gli imperialisti del blocco euro-atlantico (USA, NATO, UE) da un lato e la Russia capitalista e l’emergente blocco eurasiatico guidato dalla Cina dall’altro.
La corretta valutazione del carattere imperialista della guerra e l’approccio di classe che rivela la natura anti-popolare delle forze di classe che stanno conducendo questa guerra da entrambe le parti, non hanno in alcun modo impedito al KKE di organizzare lotte contro la NATO, di cui la Grecia è un membro attivo. Lo stesso vale per la lotta del KKE contro gli Stati Uniti, con cui i governi borghesi di destra, di sinistra e di centro hanno firmato un “accordo strategico” (Mutual Defense Cooperation Agreement) e per la lotta contro il coinvolgimento del nostro Paese nella guerra.
Dallo scoppio della guerra, il KKE ha attraversato la Grecia, organizzando centinaia di manifestazioni contro la guerra e contro l’imperialismo: mobilitazioni di massa presso le basi statunitensi, i porti e gli aeroporti di importanza strategica per il rifornimento di armi euro-atlantiche, come il porto di Alexandroupolis, nonché blocchi simbolici delle forze NATO, condannando la guerra imperialista e chiedendo la fine della partecipazione della Grecia ai piani avventuristici dell’imperialismo euro-atlantico in Ucraina. Il KKE ha votato contro il sostegno con armi e denaro al governo reazionario di Zelenskij sia nel parlamento greco che in quello europeo; anche quando il presidente dell’Ucraina ha tenuto un discorso nel parlamento greco il gruppo parlamentare del KKE è stato l’unico a rifiutarsi collettivamente di partecipare.
Il KKE ha informato il popolo sulle cause della guerra, rifiutando i pretesti usati da entrambe le parti, e ha invitato il popolo a non scegliere un campo tra gli imperialisti, come, purtroppo, è avvenuto con alcuni PC, che hanno accettato questi falsi pretesti e ne hanno creati di nuovi in nome dell’“antimperialismo”.
A prescindere dagli sviluppi del conflitto militare, riteniamo che sia ancora necessario concentrarsi sullo smascheramento, all’interno delle file del movimento comunista internazionale, delle vere ragioni della guerra imperialista, e questo è lo scopo di questo articolo.
La Russia è stata costretta a reagire all’espansione della NATO per imporre la “smilitarizzazione” dell’Ucraina.
Questo è un argomento chiave che V. Putin ha utilizzato nel suo discorso di annuncio dell’operazione militare in Ucraina.1 La verità, tuttavia, è che le relazioni della Russia borghese con la NATO sono iniziate prima. La borghesia russa era grata agli Stati Uniti e alla NATO, che avevano sostenuto in ogni modo la restaurazione del capitalismo in Russia. Il famigerato Boris Eltsin, nel 1992, parlando al Congresso degli Stati Uniti, giurò che insieme sarebbero riusciti a “seppellire l’idolo del comunismo una volta per tutte” e concluse il suo discorso augurando “Dio benedica l’America”.2 Nel frattempo, la Russia capitalista si univa al cosiddetto “Partenariato per la pace”, veniva istituito il Consiglio “NATO-Russia”, si scambiavano ambasciatori, l’uno invitava l’altro alle esercitazioni militari, la Russia sosteneva l’intervento statunitense in Afghanistan e, come ha rivelato V. Putin, anche un anno dopo che la NATO aveva bombardato la Jugoslavia, la Russia non vedeva l’ora di unirsi ad essa.3
È caratteristico che la borghesia russa abbia taciuto sia sul primo allargamento della NATO, avvenuto nel 1999 dopo la dissoluzione dell’URSS (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca), sia sul secondo nel 2004 (Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Estonia).
Questa posizione ha a che fare con l’equilibrio di forze tra le classi borghesi dei Paesi della NATO e della Russia in quel particolare momento storico. È significativo che la Russia abbia sollevato la questione dell’allargamento della NATO solo a partire dal minaccioso discorso di V. Putin a Monaco (nel 2007), quando ha ricordato che gli Stati Uniti avevano fornito a Gorbaciov alcune garanzie verbali di non espandere la NATO, ecc.4 La borghesia russa ha cominciato a sentire di aver consolidato il proprio potere, di dover rivendicare spazio per i propri monopoli e di creare a sua volta le proprie unioni capitalistiche nei territori dell’ex URSS, cosa che l’allargamento della NATO stava impedendo. Un allargamento che aveva un piano per accerchiare la Russia, con nuove basi, nuove truppe, nuove esercitazioni dirette contro la Russia. Questo allargamento e tutti i piani della NATO contro la Russia, che stavano accumulando una polveriera, avevano lo scopo di dimostrare alla Russia che la NATO, in quanto braccio militare dei monopoli UE-USA, non avrebbe permesso a interessi rivali di sfidare la supremazia dei propri monopoli. Questo vale anche per l’Ucraina, che svolge un ruolo critico per gli interessi dei capitalisti sia dell’euro-atlantismo che della Russia.
Oggi sappiamo che l’invasione russa dell’Ucraina non solo non ha fermato, ma ha anche accelerato l’allargamento della NATO, con l’adesione di Svezia e Finlandia all’alleanza NATO.
Né, ovviamente, ha fermato la militarizzazione dell’Ucraina. Migliaia di armi sono state concentrate e utilizzate nel conflitto in Ucraina. La Russia sostiene che la NATO intendeva piazzare missili in Ucraina, che avrebbero impedito alla Russia di rispondere in caso di primo attacco nucleare. È chiaro che ogni classe borghese cerca di aumentare il proprio potere non solo economico, ma anche politico e militare. In questa direzione, costruisce nuove armi e sviluppa i propri armamenti. Il numero di armamenti ha ormai raggiunto un livello record in tutto il mondo.
Gli Stati Uniti e la Russia possiedono attualmente il più grande arsenale nucleare, in grado di distruggere il nostro pianeta. Esiste il cosiddetto “equilibrio del terrore”: una potenza sa che sarà distrutta dall’altra se userà per prima le armi nucleari contro l’avversario durante un conflitto.
La NATO si sta espandendo e parla della possibilità di un “primo colpo nucleare”. Anche la Russia ha abbandonato la “dottrina” nucleare dell’URSS, che prevedeva l’impegno a non usare le armi nucleari in nessun caso. In generale, ogni potenza sta cercando di invertire questo “equilibrio del terrore” e di ottenere un vantaggio strategico. Ad esempio, la Russia ha sviluppato missili con una velocità di Mach 9 che attualmente non possono essere abbattuti da nessun sistema di difesa aerea e sono in grado di trasportare armi nucleari, mentre gli Stati Uniti mirano a installare sistemi antimissile molto vicini ai confini russi per evitare che rispondano massicciamente a un primo attacco nucleare.
La Russia sostiene che proteggere i propri confini da una simile eventualità è una questione di “vita o di morte” e può farlo o ottenendo la smilitarizzazione dell’Ucraina oppure occupando alcuni dei suoi territori, che fungerebbero da “zona cuscinetto” o addirittura verrebbero annessi alla Federazione Russa. Tanto più che diverse risoluzioni dell’OSCE sottolineano che “il rafforzamento della difesa di uno Stato non può avvenire a spese della sicurezza di un altro”.5 Quindi la Russia ritiene di intervenire militarmente a buon diritto per fermare questo sviluppo.
Quanto detto sopra è una mezza verità. Non solo perché il diritto internazionale e l’OSCE menzionano anche altre cose, come l’inviolabilità dei confini e l’integrità territoriale dei Paesi,6 ma anche perché la verità è che questa argomentazione della Russia può essere applicata non solo all’Ucraina, ma anche a Lettonia, Lituania, Estonia e Finlandia. Se osserviamo la distanza in linea retta da Kharkiv a Mosca su una mappa, vedremo che è circa la stessa che separa Riga o Tallinn da Mosca, mentre quella da Helsinki a Leningrado è ancora più breve. È evidente che la Russia ha un approccio diverso nei confronti dell’Ucraina, il che significa che, dopo tutto, le ragioni dell’invasione russa dell’Ucraina sono diverse dalla smilitarizzazione.
La Russia combatte contro il nazismo in Ucraina
Il pretesto di cui sopra è utilizzato ufficialmente anche dalla classe borghese russa per giustificare la sua invasione, sostenendo che sta “de-nazificando” l’Ucraina. È vero che, a differenza della classe borghese ucraina che ha scelto di rivendicare i fascisti e i loro collaboratori che hanno combattuto contro l’URSS, la classe borghese russa sta strumentalizzando i sentimenti antifascisti del popolo russo. Questo, tuttavia, non protegge in alcun modo i bambini delle scuole russe dall’essere “contaminati” con il veleno dell’anticomunismo, ad esempio del noto antisovietico Solzhenitsyn, che era solito giustificare i collaborazionisti russi dei nazisti, ammirare Franco e sostenere Pinochet. I programmi dei media pubblici e privati sono infarciti di anticomunismo e persino la vittoria sulla Germania fascista viene presentata come una vittoria ottenuta presumibilmente senza, e talvolta nonostante, l’azione del Partito bolscevico. Organizzazioni paramilitari nazionaliste, come i cosacchi, stanno assumendo la responsabilità delle forze di sicurezza nelle zone di confine. La festa pubblica della Rivoluzione d’Ottobre (7/11) è stata eliminata e sostituita da una festa nazionalista (4/11), un giorno di “unità nazionale” di molti anni fa. Lo stesso V. Putin dichiara pubblicamente di studiare e raccomandare ai giovani le opere di Ivan Ilyin, ideologo russo del fascismo: ha visitato e deposto fiori sulla sua tomba.
Possiamo quindi dedurre che la classe borghese al potere in Russia sta di fatto cercando di approfittare della Vittoria antifascista e dei sentimenti antifascisti e filosovietici del popolo russo.
Inoltre, la rinascita delle idee fasciste in Ucraina non è stata un atto unico, non è avvenuta una volta per tutte. È durato anni, con la reintroduzione delle idee di Goebbels sul “genocidio”.
Cosa ha fatto l’attuale leadership russa in tutti questi anni per evitare questo sviluppo inaccettabile? Ha fatto affari, con V. Putin che si è vantato: “nel 2011 il fatturato del commercio bilaterale ha superato i 50 miliardi di dollari”.7 Mentre la propaganda di Goebbels veniva riproposta in Ucraina, la Russia forniva all’Ucraina, come ha detto V. Putin, “sostegno materiale” e solo dal 1991 al 2013 (cioè nel periodo in cui le idee fasciste stavano prendendo piede) il bilancio ucraino ha beneficiato di circa 250 miliardi di dollari grazie ai prestiti privilegiati della Russia e ai prezzi speciali per l’energia russa. Anche gli obblighi di prestito dell’Ucraina risalenti all’epoca dell’URSS sono stati completamente soddisfatti dalla Russia. L’Occidente è dunque l’unico responsabile della rinascita della propaganda fascista e nazista in Ucraina? Non è forse responsabile anche la classe borghese russa? Con chi hanno collaborato? Chi hanno finanziato in tutti questi anni?
Infine, non dobbiamo dimenticare che il fascismo è una creazione del sistema di sfruttamento, una scelta della classe borghese, che mira a imporre una forma più dura di oppressione contro il movimento operaio e popolare che funge da “punta di diamante”, privando questo movimento di qualsiasi forma legittima di azione al fine di mantenere lo sfruttamento capitalistico, cioè il sistema borghese. È quindi contro la ragione rivoluzionaria credere, come fanno alcuni PC, che la classe borghese, anche di un altro Paese, possa effettivamente puntare a liberarsi del fascismo, sostenendo allo stesso tempo con tutti i mezzi il “grembo” che lo fa nascere, cioè il sistema capitalista. Nessuna dittatura del capitale può condurre una vera lotta antifascista, compresa quella della Russia. Non è un caso che in entrambi i Paesi i diritti dei lavoratori e dei sindacati siano sospesi, le voci contro la guerra siano soppresse e i comunisti e gli altri progressisti che mettono in discussione le scelte dei governi borghesi siano perseguitati.
La Russia sta difendendo i suoi cittadini
Un altro pretesto è che la Russia è stata costretta a difendere i cittadini russi e i russofoni del Donbass, che stavano subendo un genocidio da parte del regime di Kiev.
È vero che milioni di russi e di russofoni, dopo la dissoluzione dell’URSS, si sono ritrovati fuori dai confini della Federazione Russa, ad esempio nelle regioni della Crimea e del Donbass.
Le forze controrivoluzionarie russe, mentre smantellavano l’URSS, si sono forse poste il problema dei diritti di queste persone, di quale paese avrebbero fatto parte le regioni in cui vivevano, da quel momento in poi? Certo che no!
Come furono trattate queste popolazioni? La neonata borghesia russa le trattava come “pedine” dei suoi piani geopolitici nei territori dell’ex URSS. La Russia si aspettava che in ogni caso avrebbero sostenuto i vari partiti russi o filo-russi che si stavano formando in alcune di queste ex Repubbliche sovietiche e che questi, a loro volta, sarebbero stati i “pilastri” dell’esercizio della politica russa in questi Paesi, sostenendo le varie unioni e organizzazioni capitaliste che promuoveva.
Questa è stata la politica seguita dallo Stato russo nei confronti dei russi e dei russofoni in Ucraina fino al 2014, quando è diventato chiaro che la borghesia ucraina avrebbe usato mezzi repressivi per “ucrainizzare” violentemente le popolazioni dell’Ucraina orientale, il che ha portato alla reazione e persino alla rivolta di una parte di queste popolazioni. La borghesia russa ha approfittato di questa giustificata reazione delle popolazioni russe e russofone, che si sono opposte all’oppressione etnica e linguistica, per promuovere i propri piani. Ha quindi isolato e annesso la Crimea, annettendo così tre quarti della ZEE (zone economiche esclusive) che l’Ucraina aveva nel Mar d’Azov e nel Mar Nero. Ha isolato parte della regione del Donbass mentre oggi, dopo l’invasione, controlla quasi tutta la regione del Donbass, così come quella di Kherson, che comprende una parte significativa della base industriale e delle terre coltivabili dell’Ucraina.
L’interesse dei capitalisti russi per i loro compatrioti fuori dai confini, “travestito” con lo slogan del “Mondo russo” e della sua riunificazione, è puramente orientato al profitto. Pensano che con questi milioni di persone aumenteranno la forza lavoro che sfruttano, utilizzandoli per “mettere piede” nella base industriale e nei territori di un altro Paese, abbattendo i suoi confini e annettendo territori che nel 1991, quando hanno smantellato l’URSS, avevano deciso di non possedere.
Il fatto è che le minoranze etniche, religiose e linguistiche dovrebbero godere del diritto di avere la propria lingua, la propria religione, i propri usi e costumi, e queste peculiarità potrebbero essere pilastri dell’amicizia tra i popoli, non uno “strumento” per smembrare i Paesi. Perché questo porta a diffusi spargimenti di sangue, come è avvenuto in varie regioni, come i Balcani, dove possiamo vedere come le classi borghesi hanno utilizzato e continuano a utilizzare tali questioni.
Inoltre, i comunisti si sono sempre opposti alle annessioni di territori con il pretesto della “protezione delle minoranze etniche”.
In pratica, la superiorità dello Stato federale multietnico dell’URSS nell’affrontare le questioni dell’oppressione etnica e delle minoranze è stata dimostrata sia con la creazione di territori nazionali, con un’estesa autonomia e autogoverno, sia con il rispetto delle caratteristiche peculiari che costituivano ciascuna identità etnico-culturale, preservando e coltivando la lingua, la scrittura, i costumi e le tradizioni, la letteratura, la poesia di ogni nazione e gruppo etnico. Le accuse della leadership russa, secondo cui Lenin avrebbe piazzato una “bomba a orologeria sulle fondamenta dell’URSS” con la politica nazionale seguita dai bolscevichi, sono totalmente infondate e inaccettabili.
La “guerra di civiltà”: il “miliardo d’oro” contro il “mondo russo”
Secondo questo approccio disorientante e che fa astrazione dalle classi sociali, il “miliardo d’oro”, che include arbitrariamente gli Stati Uniti e i Paesi loro alleati, è osteggiato dal cosiddetto “mondo russo”.
Questo concetto, condiviso anche dai partiti comunisti russi, si basa su un presunto approccio culturale, geopolitico e religioso alla realtà internazionale. Nasce dall’idea che il mondo sia diviso in civiltà, che si scontrano tra loro per stabilire quale prevarrà e quale assimilerà l’altra.
Su questa base, viene dato pieno sostegno alla politica estera della classe dirigente russa, per la creazione, tra l’altro, delle unioni capitalistiche transnazionali che la Russia sta promuovendo nei territori dell’ex URSS, come l’Unione Economica Eurasiatica e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO). Inoltre, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, è emersa anche la tesi che non esiste una nazione ucraina, che è una costruzione bolscevica, come l’Ucraina stessa, basata sul concetto di cui sopra. In questo modo si giustificano l’annessione del territorio ucraino alla Russia e la guerra imperialista.
Si tratta di un approccio che ignora l’esistenza delle classi sociali, che non tiene conto e anzi nasconde il carattere di classe del sistema sociale capitalista, della classe al potere e degli interessi dominanti. Da questo punto di vista, non solo è un approccio non scientifico, ma anche molto pericoloso perché accomuna gli interessi dei lavoratori a quelli degli industriali, in nome della “guerra di civiltà”.
La Russia fa parte di un “asse antimperialista” che combatte l’imperialismo
C’è un’opinione secondo la quale la Russia, dal momento che si confronta con gli Stati Uniti, che sono “la principale potenza dell’imperialismo”, è una potenza antimperialista e gli altri Paesi che hanno un problema con gli Stati Uniti si stringono attorno ad essa. In altre parole, da un lato c’è l’asse dell’imperialismo, rappresentato dagli Stati Uniti e dagli altri alleati, e dall’altro le forze dell’“antimperialismo”.
Si tratta di un approccio molto problematico e arbitrario, perché tratta l’imperialismo come una mera politica aggressiva e non sulla base dei criteri leninisti e del concetto fondamentale secondo cui l’imperialismo è un capitalismo monopolistico, un capitalismo in cui dominano i monopoli. Questo approccio non tiene conto del fatto che ogni Paese capitalista, a prescindere dalle particolarità del suo sistema politico, è integrato nel mercato capitalistico globale, il sistema imperialista globale, con relazioni di interdipendenza diseguali, che possono essere paragonate a una “piramide” imperialista.
Aprendo una parentesi, vorremmo aggiungere che alcuni circoli opportunisti stanno cercando di diffamare il nostro partito, distorcendo l’approccio leninista all’imperialismo che il nostro partito segue. Così, sostengono che la posizione del KKE accomuni tutti i Paesi che oggi hanno raggiunto il livello del capitalismo monopolistico, cioè dell’imperialismo; che noi consideriamo che “tutti i Paesi sono imperialisti, quindi tutti i Paesi sono uguali, ad esempio che Russia, Stati Uniti, Serbia, Burkina Faso e così via sono uguali”. Questo è solo uno stupido trucco contro il KKE, poiché il partito ha messo sempre in chiaro che ogni Paese capitalista gioca un ruolo diverso e occupa una posizione diversa nel sistema imperialista globale, sulla base del suo potere economico, politico e militare.
In pratica, l’approccio errato di cui sopra riduce l’imperialismo agli Stati Uniti e questo pone grandi problemi. Questo approccio caratterizza tutti gli altri Paesi capitalisti, che non hanno la potenza degli USA, come vassalli degli USA e arriva a considerare “potenze antimperialiste” quelle che si scontrano temporalmente o si oppongono agli USA o alle loro scelte. Questo approccio arriva a fantasticare un “asse antimperialista” composto da Stati capitalisti!
Si tratta di un approccio molto pericoloso, che rifiuta i criteri di classe per analizzare la realtà e non tiene conto del ruolo delle classi borghesi. Non solo porta a conclusioni politiche sbagliate sulle contraddizioni che si sviluppano nel sistema imperialista globale, ma “spinge” anche i lavoratori a scegliere da che parte stare tra i “ladri”, dimenticando quale classe è al potere e quali interessi di classe vengono serviti in ogni momento. Questo approccio può portare a idee sbagliate, come ad esempio quella promossa dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che qualche anno fa ha dichiarato in modo fuorviante: “In Occidente non mi amano perché sono antimperialista!”.
La Russia è imperialista, ma “immatura”, e conduce una guerra difensiva contro il “fascismo liberale” e il “fascismo di esportazione”.
È diffusa anche la presentazione della Russia come uno Stato imperialista “debole” e “dipendente”, che gli altri “Paesi imperialisti più forti” si rifiutano di trattare come un “partner paritario”. Su questa base, la guerra in Ucraina viene interpretata come una reazione “difensiva” e “giustificata” della Russia contro le potenze imperialiste più forti.
Chi fa queste affermazioni, tuttavia, non tiene conto del fatto che le relazioni tra i Paesi imperialisti sono caratterizzate da disuguaglianza e interdipendenza. Non è solo la Russia capitalista ad essere trattata come un “partner diseguale”. Inoltre, la Russia è la seconda potenza militare del mondo, l’unico Paese capitalista che oggi può minacciare con la distruzione nucleare la più forte potenza imperialista del pianeta, gli Stati Uniti; un Paese con monopoli molto forti: è al 5° posto per numero di miliardari nel mondo, da un lato è all’11° posto per quota nominale del PIL mondiale e al 5° posto per quota del PIL mondiale reale, nonché per produzione industriale nel mondo. Ha la capacità di portare avanti la propria politica estera esercitando il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La realtà dimostra che la Russia occupa una delle posizioni più importanti in questa “piramide” imperialista, come conseguenza delle sue capacità economiche, politiche e militari. Enfatizzare eccessivamente il fatto che un importante orientamento dell’economia russa sia l’estrazione di materie prime, ignorando altri campi scientifici avanzati in cui la Russia è leader mondiale (costruzione di centrali nucleari, missioni spaziali, commercio di armi moderne, vaccini, ecc.) è fuorviante. Sulla base di questa distorta comprensione della posizione della Russia e del mondo moderno, alcuni utilizzano a proprio piacimento la citazione di Lenin sul “pugno di Paesi” – scritta quando tre quarti del pianeta erano ancora colonie – e finiscono per accettare la concezione senza classi dei Paesi del cosiddetto “miliardo d’oro” (da cui sono stati rimossi potenti Paesi capitalisti come Cina e Russia).
Il dannoso approccio del “fascismo di esportazione”, che caratterizza gli Stati Uniti e l’UE come “fascismo liberale”, o li descrive come “fascisti” o come “esportatori di fascismo”, va nella stessa direzione della giustificazione della guerra imperialista dal punto di vista della borghesia russa.
Questa divisione degli Stati del sistema imperialista internazionale in Stati favorevoli al fascismo e alla guerra e Stati che non lo sono, di fatto, oscura la causa dell’ascesa e del consolidamento della corrente fascista, che si trova nel capitalismo monopolistico stesso e all’interno di ogni Paese. Questa divisione delle forze imperialiste in “cattive” (“fasciste”, “neofasciste”) e “buone” porta ad appellarsi alla creazione di “fronti antifascisti” in direzione non classista, cioè alleanze senza criteri sociali e di classe, anche con forze borghesi, e a schierarsi al fianco dei cosiddetti “Stati antifascisti”.
Questa concezione porta il movimento comunista e la classe operaia a disarmarsi, ad abbandonare la sua missione storica e a formare una linea di presunta “purificazione” dell’imperialismo eliminando le “forze fasciste”, in collaborazione con le forze borghesi, che sfruttano la classe operaia e usano tutti i mezzi per opporsi alla causa del socialismo. In pratica, in nome della lotta al fascismo, si apre la strada alla collaborazione con l’opportunismo, la socialdemocrazia e le forze politiche borghesi, a settori della borghesia. Si apre la strada alla scelta tra gli imperialisti. Per questo motivo, nel conflitto armato imperialista in Ucraina, il movimento comunista è chiamato a sostenere specifiche potenze imperialiste con il pretesto che le altre sono “fasciste”.
Un argomento fondamentale della visione del “fascismo di esportazione” è che gli Stati Uniti violano il diritto internazionale nell’esercizio della loro politica estera. Non si tiene conto del fatto che gli accordi che costituiscono il diritto internazionale sono il prodotto dell’equilibrio delle forze e come tali sono diventati molto più reazionari negli ultimi anni dopo i rovesciamenti controrivoluzionari.
La Russia è capitalista, ma è nello stesso blocco della Cina socialista (paragone con la coalizione anti-hitleriana).
Questo concetto riconosce da un lato che la Russia è un Paese capitalista, ma sostiene che non è imperialista e che agisce in coordinamento con la Cina “socialista”. Infatti, la cosiddetta “Piattaforma Mondiale Antimperialista”, che è uno dei sostenitori di questo approccio, sostiene che “questi sono Paesi che non vivono di supersfruttamento o saccheggio del mondo”.
È come se la Cina e la Russia non partecipassero ai vertici del G20, le riunioni dei 20 Stati capitalisti più potenti del mondo, insieme a Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Francia, ecc. È come se i monopoli cinesi e russi non esportassero capitali in altri Paesi, puntando al profitto che deriva dallo sfruttamento della forza lavoro non solo dei lavoratori del proprio Paese, ma anche di molti altri Paesi in Europa, Asia, Africa, America, ovunque si sviluppino i loro monopoli. È come se l’esercito privato russo “Wagner” fosse dispiegato in Africa per motivi caritatevoli e non per difendere gli interessi dei monopoli russi che vi operano. È come se la Cina non si muovesse più in una direzione simile per salvaguardare con mezzi militari la Belt and Road Initiative, che attraversa decine di Paesi. È degno di nota che questa iniziativa includa il piccolo ma importantissimo in termini geografici Stato di Gibuti – il cui debito con la Cina ammonta al 43% del suo reddito nazionale lordo – dove nel 2017 è stata inaugurata la prima base militare cinese al di fuori dei suoi confini.
Le affermazioni sui Paesi “che non mettono altri Paesi in schiavitù militare, tecnologica o del debito” si riferiscono a Stati che svolgono un ruolo particolare nel commercio di armi e sono attualmente Paesi creditori, come la Cina, che è tra i principali Paesi creditori del mondo.
Questo concetto nasconde accuratamente il fatto che sia in Cina che in Russia le classi borghesi, i monopoli, sono al comando, trattano e si scontrano con i monopoli degli Stati Uniti, dell’UE e di altri Stati capitalisti e tra di loro. La Cina sfida persino direttamente la supremazia degli Stati Uniti nel sistema imperialista. Come ha sottolineato Lenin, quando gli avvoltoi imperialisti si scontrano, il lato giusto della storia non è quello di scegliere il lato dell’avvoltoio più debole in modo che possa prendere il posto di quello più potente. Il lato giusto della storia è scegliere la parte dei popoli contro il campo dei capitalisti, che a volte guadagnano dalla pace e a volte dalla guerra, versando il sangue della classe operaia e dei popoli.
Infine, questa posizione si riferisce all’atteggiamento dei Paesi capitalisti della “coalizione anti-Hitler”, che cooperò con l’URSS durante la Seconda Guerra Mondiale: il paragone che si cerca di creare è ovvio. Ma come abbiamo mostrato sopra, la Cina di oggi non può essere paragonata all’URSS durante la Seconda Guerra Mondiale, perché ha un carattere di classe diverso. Inoltre, dobbiamo sottolineare che la Seconda Guerra Mondiale è stata una guerra imperialista e ingiusta, sia per i Paesi fascisti che per quelli capitalisti “democratici”. La Seconda Guerra Mondiale è stata giusta solo per l’URSS, dove si è affermato il potere operaio, e per i movimenti partigiani dei Paesi sotto occupazione. Questi paragoni sono in malafede e fuorvianti.
La Russia deve essere sostenuta nella guerra per creare un mondo giusto e multipolare.
Le posizioni che sostengono che attraverso l’invasione russa dell’Ucraina si stia creando un mondo moderno e pacifico (capitalista) con una diversa “architettura internazionale”, un “mondo multipolare giusto”, in cui “la sovranità di ogni Paese sarà rispettata”, sono irrealistici e gettano il fumo negli occhi dei popoli.
Dobbiamo notare che non è la prima volta che emergono opinioni di questo tipo. Sulla base di opinioni simili, vari partiti di “sinistra” hanno accolto con favore il rovesciamento dei regimi socialisti, sostenendo che in questo modo il mondo può essere unito e che si possono formare molti poli. Hanno invitato i popoli a sostenere la CEE e la sua trasformazione in UE come “nuovo polo internazionale”, che avrebbe fatto da “contrappeso” agli Stati Uniti a livello globale.
Oggi si ripropone l’approccio sbagliato di un “mondo multipolare”, in cui alcuni grandi Paesi presumibilmente “amanti della pace” (Cina, Russia, ecc.) “domeranno” l’aggressività degli Stati Uniti e delle altre potenze imperialiste, senza dover rovesciare il capitalismo.
Tuttavia, come l’UE non può svolgere il ruolo di “contrappeso” agli USA, così i nuovi potenti Stati capitalisti o le unioni che essi formano e in cui svolgono un ruolo di primo piano, non saranno in grado di “contenere” e “dissuadere” le contraddizioni imperialiste di cui sono parte integrante, ma solo di esprimere alcuni spostamenti nella posizione dei Paesi che si trovano al vertice della piramide imperialista mondiale.
Il falso dilemma tra un mondo “unipolare” e uno “multipolare” porta al disarmo della classe operaia, annulla la lotta indipendente dei lavoratori e dei popoli contro gli sfruttatori e pone i popoli sotto una “falsa bandiera”, anche con pretesti che affermano che “non esistono lotte antimperialiste pure e piani socialisti puri” e che è necessaria una “alleanza di forze antimperialiste e progressiste”, comprese le forze politiche borghesi, gli Stati capitalisti e le alleanze in nome della difesa della “sovranità” e di relazioni interstatali paritarie.
Ma il multipolarismo non abolisce la disuguaglianza tra gli Stati capitalisti, né gli interventi degli Stati capitalisti più forti negli affari interni degli altri Stati borghesi, le cui classi borghesi sono disposte a cedere diritti sovrani per preservare e rafforzare il loro dominio. La soppressione della rivolta popolare in Kazakistan nel 2021 da parte della Russia e dei suoi alleati con il consenso dell’“Occidente” è un esempio molto istruttivo.
Il multipolarismo non è altro che l’esistenza di diversi centri imperialisti, che non solo non creano condizioni di equilibrio e di pace, ma al contrario acuiscono la competizione tra di loro e portano a guerre locali causate dalle contraddizioni inter-imperialiste in un determinato Paese o regione. Inoltre, l’esistenza di centri imperialisti concorrenti comporta il rischio di una conflagrazione anche tra i Paesi imperialisti di vertice.
In sostanza, il concetto di multipolarità ha molto in comune con i punti di vista del periodo della cosiddetta “perestrojka”, del “nuovo pensiero sul mondo” di Gorbaciov o, ancor prima, della “coesistenza pacifica e della competizione tra socialismo e capitalismo”, dei “sistemi di sicurezza regionali”, della “transizione pacifica”, punti di vista che hanno prevalso nel PC dell’Unione Sovietica a partire dal suo XX e XXII Congresso e che hanno avuto un effetto catalizzatore, portando alla degenerazione di molti PC a Est e a Ovest.
Opinioni simili oggi invitano la classe operaia e gli strati popolari a rinunciare ai propri interessi o a identificarli con quelli delle classi borghesi e dei centri imperialisti che competono con l’imperialismo statunitense per il controllo delle risorse e dei mercati che producono ricchezza.
Conclusioni
Oggi i pretesti utilizzati dai capitalisti e dagli opportunisti per allineare la classe operaia con l’una o l’altra potenza imperialista nel confronto imperialista si arricchiscono costantemente.
Il loro smascheramento e confutazione ideologica e politica è un compito importante per qualsiasi PC che difenda il marxismo-leninismo, e in particolare la concezione leninista dell’imperialismo e della guerra. Lenin ha sottolineato che la guerra è uno “stadio inevitabile del capitalismo, una forma legittima del modo di produzione capitalista tanto quanto lo è la pace”. Tale è la guerra in Ucraina. Le precondizioni per questa guerra sono state poste dalla regressione storica della controrivoluzione nel 1989-1991, quando il processo controrivoluzionario di rovesciamento del socialismo è stato completato, l’URSS è stata smantellata, i mezzi di produzione, le fabbriche, le ricchezze minerarie, la forza lavoro sono tornati ad essere una merce e il capitalismo e lo sfruttamento di classe sono tornati a dominare.
La nostra lotta contro gli Stati Uniti e la NATO continua a essere un compito rivoluzionario attuale e necessario. Non affideremo questo compito rivoluzionario a varie organizzazioni reazionarie di tipo talebano, legate a “mille fili” agli imperialisti, né a regimi borghesi nati da processi controrivoluzionari, come quello di Putin nella Russia di oggi, né ovviamente al miliardario ex presidente degli Stati Uniti, D. Trump, che parla anche di smantellare la NATO. Perché questo compito, dal punto di vista degli interessi del popolo contro gli Stati Uniti, la NATO, l’UE e tutti i tipi di centri, alleanze e unioni imperialiste, è legato al nostro obiettivo strategico di rovesciare il capitalismo e costruire la nuova società socialista-comunista sganciandosi da tutte le alleanze imperialiste.
Oggi il movimento comunista internazionale, per essere in grado di rispondere alle esigenze di questa lotta ideologica e politica, deve trarre le conclusioni dalla sua storia, difendendo le conquiste dell’URSS, il contributo storico dell’Internazionale Comunista e, allo stesso tempo, studiando con occhio critico gli errori, le debolezze e gli approcci problematici che ancora oggi influenzano le sue fila.
1 – Discorso del Presidente della Federazione Russa, V. Putin, 24/02/22, http://en.kremlin.ru/events/president/news/67843
2 – Discorso del Presidente della Federazione Russa, B. Eltsin, al Congresso degli Stati Uniti, 17/06/1992, https://www.govinfo.gov/content/pkg/GPO-CRECB-1992-pt11/pdf/GPO-CRECB-1992-pt11-4-2.pdf
3 – Intervista di V. Putin a Tucker Carlson, http://en.kremlin.ru/events/president/news/73411
4 – Discorso di V. Putin e successiva discussione alla Conferenza di Monaco sulla politica di sicurezza, http://en.kremlin.ru/events/president/transcripts/24034
5 – Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), Carta per la sicurezza europea, Istanbul novembre 1999, https://www.osce.org/mc/17502
6 – Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), Atto finale di Helsinki, 1975, https://www.osce.org/helsinki-final-act
7 – “Putin prevede che il fatturato commerciale tra Russia e Ucraina raggiunga i 50 miliardi di dollari entro la fine dell’anno”, Agenzia di stampa russa TASS, 18/10/2011, https://tass.ru/politika/536000
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.