Dall’Unione Comunista Rivoluzionaria della Gioventù (bolscevica) (RKSM(b))
4 marzo 2025
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Questo articolo si propone di descrivere il ruolo delle Filippine nel conflitto tra Stati Uniti e Cina attraverso la lente della disputa territoriale relativa all’arcipelago delle Spratly, le azioni e i preparativi per un confronto aperto tra le parti in conflitto e le reazioni dei filippini in generale e dei Partiti Comunisti locali in particolare.
L’analisi affronta le seguenti domande:
- Come è iniziato il conflitto con la Cina per questo territorio
- Lo stato attuale degli sviluppi e delle relazioni tra le parti
- Reazioni agli eventi da parte dei filippini e dei Partiti Comunisti locali
Un po’ di storia
Come sappiamo, la storia della Cina risale a diversi millenni fa, quindi non scaveremo in questo articolo in profondità nei secoli. Ma le Filippine (nome ufficiale – Repubblica delle Filippine), chiamate così in onore del re spagnolo Filippo II, hanno iniziato la loro storia in tempi relativamente recenti. Lo Stato ha ottenuto l’indipendenza dalla Spagna attraverso gli Stati Uniti nel 1898, ma non dagli Stati Uniti stessi. Essendo state governate prima da un’amministrazione militare e poi da un governo civile, le Filippine rimasero sotto il controllo degli Stati Uniti. L’autonomia fu concessa solo nel 1916: la legge sull’indipendenza delle Filippine fu approvata solo nel 1934, ma sarebbe entrata in vigore 12 anni dopo, nel 1946.
Il piano era solido, ma intervenne la Seconda Guerra Mondiale. Il Giappone imperialista attaccò numerosi paesi vicini e nel 1941 si impadronì delle Isole Filippine (subito dopo il bombardamento di Pearl Harbor); queste furono liberate solo alla fine della guerra. In seguito, nel 1946 le Filippine ottennero ufficialmente l’indipendenza con un decreto speciale. Nello stesso anno apparvero i primi presupposti della crisi odierna….
Analisi dell’oggetto della controversia
Diversi siti nel Mar Cinese Meridionale (SCS, South China Sea) sono attualmente oggetto di disputa: le Isole Paracelso, le Isole Pratas, la secca di Scarborough e l’area del Golfo del Tonchino. La Repubblica Popolare Cinese e le Filippine non possono accettare la condivisione delle isole dell’arcipelago delle Spratly: anche Taiwan, Vietnam, Malesia e Brunei sono coinvolti in questa disputa territoriale. Pure il loro coinvolgimento e il loro ruolo sono degni di nota, ma questo è un argomento da trattare a parte.
Il principale punto di contesa è dunque l’arcipelago delle Spratly (Nansha Qundao in cinese o Kalayaana in filippino). Si tratta di un arcipelago del Mar Cinese Meridionale composto da oltre 230 piccole isole, scogli, rocce, banchi e atolli. Si trova nella parte sud-occidentale del Mar Cinese Meridionale, tra i territori di Vietnam, Filippine e Malesia, a quasi 500 chilometri a sud dell’arcipelago delle Paracelso. Il centro dell’area si trova a circa 400 km a nord-est della costa settentrionale dell’isola filippina di Palawan e a 500 km dalla costa meridionale del Vietnam. La distanza tra le isole Spratly e le isole Paracelso è di 700 chilometri, mentre tra le isole Spratly e l’isola di Hainan (il territorio più meridionale della RPC) è di 1.000 chilometri (vedi mappa sotto).
Storia del conflitto per l’arcipelago
L’arcipelago è rimasto a lungo di nessuno, nessuno lo ha annesso o occupato. Prima dell’esplorazione e dell’uso attivo degli idrocarburi, non aveva molto senso, e nessuno impediva la pesca in questi luoghi: non rientravano nemmeno nel dominio delle Filippine liberate. L’articolo 3 del Trattato ispano-americano, firmato nel dicembre 1898 a Parigi, stabiliva che il confine occidentale delle Filippine corre lungo il meridiano 118°.
I primi episodi di espansione si verificarono nella primavera del 1933: l’arcipelago fu dichiarato territorio della Francia e incluso in una delle sue colonie in Indocina. Non ci furono obiezioni da parte di nessuno.
Nel 1939, le truppe giapponesi occuparono tutte le isole del Mare del Sud, di cui mantennero il controllo fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Con la firma del trattato di pace, il Giappone rinunciò alle sue rivendicazioni sugli ex possedimenti, comprese le Spratly, ma non specificò a favore di chi. La questione della proprietà rimase aperta.
Così nel luglio 1946 fu dichiarata l’indipendenza delle Filippine. A dicembre, approfittando delle difficoltà della Francia, il governo cinese inviò spedizioni navali nelle isole Spratly e Paracelso e le occupò. Nel 1947 il Kuomintang inserì queste isole nelle sue mappe come parte del territorio cinese. Anche in questo caso, non ci furono obiezioni da parte di nessuno.
Negli anni Cinquanta, dopo la vittoria del Partito Comunista Cinese nella guerra civile, il governo del Kuomintang si rifugiò a Taiwan: le unità taiwanesi cominciarono a sbarcare sulle isole contese, aumentando costantemente la loro guarnigione.
Nel 1968 entrarono in gioco le Filippine: le loro truppe sbarcarono su tre isole con il pretesto di proteggere gli abitanti locali. Nel 1972 le isole furono unite alla provincia di Palawan. Le rivendicazioni territoriali sono state definitivamente formulate nel 1978, poi nel 1982 tutte le parti in causa hanno firmato la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che impone alle parti di finalizzare le loro rivendicazioni entro il 2009.
Va notato che le Filippine non rivendicano l’intero arcipelago. Sono interessate solo a una parte delle isole Spratly settentrionali, che sono le più vicine al territorio delle Filippine stesse. Ma l’appetito della Cina è tutt’altro che moderato: la Cina ha definito le proprie acque territoriali, che comprendono anche l’arcipelago delle Spratly (si veda la mappa sottostante).
Nel 1987, la Cina ha iniziato il pattugliamento marittimo dell’arcipelago e successivamente vi ha stabilito una base navale permanente. Già nel 1994 si è verificato un conflitto tra Cina e Filippine con arresti ed espulsioni reciproche di pescatori di entrambi i Paesi.
Nel 2008 le Filippine hanno dichiarato che avrebbero “combattuto fino all’ultimo soldato e marinaio” per le isole Spratly.
Poi è arrivato il 2009. Filippine, Vietnam e Malesia hanno presentato alle Nazioni Unite le loro richieste di zone economiche speciali (ZES) e di confini della piattaforma continentale. La Cina si è opposta, rivendicando tutte le isole del Mar Cinese Meridionale e l’80% delle sue acque.
Nel 2014, Shanghai ha ospitato la Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia. Durante l’incontro, Xi Jinping ha proposto di risolvere i problemi all’interno della regione del Mar Cinese Meridionale solo con le forze delle parti interessate, senza coinvolgere altri Paesi (leggi “occidentali”). Naturalmente, per l’attore più forte della regione è vantaggioso risolvere tutto a stretto giro, costringendo i vicini ad accettare le sue richieste con promesse e/o minacce.
Le Filippine non sono rimaste soddisfatte di questi sviluppi. Il 12 luglio 2016, in seguito al loro ricorso, un tribunale internazionale dell’Aia ha stabilito che la Cina non ha diritti storici sui territori contesi. Pechino ha rifiutato di riconoscere le argomentazioni del tribunale, definendole politicizzate. La posizione ufficiale della Cina è più o meno questa: siamo stati i primi a scoprire e a dare un nome, siamo stati i primi a utilizzare le risorse, e gli altri Paesi lo riconoscono. La posizione filippina è un po’ più concreta: le isole settentrionali dell’arcipelago sono vicine, ci appartengono per ragioni di sicurezza e sono economicamente vitali.
Il lettore attento potrebbe ricordare che la Cina non è l’unica a giustificare le proprie rivendicazioni territoriali con migliaia di anni di storia.
Le vere cause delle controversie
In realtà, le motivazioni dell’imperialismo sono molto più prosaiche. Secondo l’Energy Information Administration statunitense, nelle acque del Mar cinese meridionale si trovano grandi depositi di idrocarburi. Le riserve totali ammontano a circa 11 miliardi di barili di petrolio e 190 mila miliardi di metri cubi di gas naturale: e questo secondo le stime più modeste degli specialisti americani. I loro omologhi cinesi suggeriscono 125 miliardi di barili di petrolio e 500 mila miliardi di metri cubi di gas naturale. Oltre al fatto che le acque poco profonde sono ricche di pesce, quasi tutti gli atolli e gli isolotti hanno depositi significativi di fosfati (guano di uccelli), che vengono utilizzati come fertilizzanti – economici, semplici ed ecologici.
Il mare è importante anche come arteria di trasporto – la via più breve dall’Oceano Indiano all’Oceano Pacifico. È una delle rotte marittime più trafficate al mondo e rappresenta oltre il 50% del tonnellaggio annuo di merci trasportate. Per la Cina è anche l’unico modo per vendere merci in Europa, Africa e Medio Oriente.
Tutto ciò implica anche il valore strategico-militare dell’arcipelago. Pertanto, la Cina non è disposta a cedere quest’area o a condividerla con nessuno. L’espansione di Pechino spaventa sia i Paesi membri dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico) sia gli Stati Uniti, impegnati in una guerra economica con la Cina.
Attualmente, la RPC controlla 70 isole, il Vietnam 21, le Filippine 10, la Malesia 3 e Taiwan solo una, ma la più grande. Quasi la metà di queste isole sono occupate da contingenti militari di questi Paesi, con quello cinese che è il più grande. La presenza di caserme, magazzini, radar, moli e pattuglie di navi da guerra indica chiaramente che le parti sono pronte a difendere i propri interessi fino in fondo.
Naturalmente, un simile sviluppo sarebbe pericoloso per le più deboli Filippine: dopo tutto, uno Stato relativamente debole non è in grado di affrontare la Cina da solo. È questo il momento di ricordare il vecchio e fedele partner, gli Stati Uniti, sempre pronti a fornire una forte spalla economica ed i marines.
Storia delle relazioni con gli Stati Uniti
Dopo l’indipendenza, nel 1951 le Filippine hanno stipulato un trattato di mutua difesa con gli Stati Uniti, creando la più antica alleanza di difesa degli Stati Uniti in Asia. Il trattato prevedeva l’assistenza militare di Washington in caso di attacco all’alleato asiatico.
Gli Stati Uniti mantennero una presenza militare permanente fino all’inizio degli anni ’90, poi con la caduta dell’URSS, la “minaccia comunista” non incombeva più sul “mondo libero”. Il governo degli Stati Uniti ha avviato un percorso per il ritiro generalizzato delle sue basi. Tuttavia, ecco apparire nuove sfide: il terrorismo internazionale e il rafforzamento della Cina hanno costretto Washington a rinforzare i legami con gli alleati asiatici, tra cui le Filippine. Così, nel 2011, è stata firmata la Dichiarazione di Manila, che estende il trattato del 1951.
Da allora, le Filippine hanno gradualmente accolto il ritorno delle truppe statunitensi. Ad esempio, nel 2014, con Obama e il presidente delle Filippine Noynoy Aquino, le Filippine hanno firmato l’Accordo di Cooperazione Rafforzata sulla Difesa (EDCA). L’accordo prevede l’accesso degli Stati Uniti alle basi filippine per l’addestramento congiunto, il dispiegamento di attrezzature e la costruzione di varie strutture: piste di atterraggio, depositi di carburante e alloggi.
La situazione attuale
Recentemente, la tendenza al riavvicinamento si è intensificata. Dopo l’elezione di Ferdinand Marcos Jr, figlio dell’ex dittatore F. Marcos, alla fine del 2022, la situazione si è fatta sempre più incandescente. Dall’inizio del 2023 si sono verificati i seguenti eventi:
- Marcos e Xi Jinping concordano di stabilire legami tra i ministeri degli Esteri sul Mar Cinese Meridionale.
- Le Filippine concedono agli Stati Uniti l’accesso ad altre 4 basi militari (oltre alle 5 già esistenti) nell’ambito dell’accordo EDCA.
- Marcos ha incontrato Biden alla Casa Bianca per chiarire i termini del trattato militare tra i Paesi.
- Esercitazioni della Guardia Costiera di Stati Uniti, Giappone e Filippine nel Mar Cinese Meridionale.
- La Cina ha chiesto di demolire tutte le strutture filippine nelle sue ZES nei territori contesi e di risarcire i danni.
- Pattugliamenti congiunti di Stati Uniti e Filippine nel Mar Cinese Meridionale, mentre la Cina fa lo stesso con la sua Marina e la sua Aeronautica nelle acque contese.
- Estensione dell’accordo EDCA alla Guardia Costiera, la Cina ha protestato.
Inoltre, ci sono stati scontri tra navi cinesi e della guardia costiera filippina nell’agosto 2023, marzo, aprile e giugno 2024: gli scontri sono sempre più frequenti. L’accordo EDCA, aggiornato dopo la visita del Segretario di Stato Blinken a Manila nel marzo 2024, è particolarmente importante, ora si estende anche alla Guardia Costiera. Dopo questo, diventa estremamente difficile percepire le notizie sugli scontri in mare come qualcosa di diverso da delle provocazioni.
L’esercitazione annuale Balikatan (Spalla a Spalla) non lascia dubbi sulla serietà degli Stati Uniti e dei loro sostenitori. L’ultima esercitazione del 2024 ha coinvolto Australia e Francia (con Regno Unito, Germania, India, Canada e Giappone come osservatori). La Cina ha condannato le azioni degli Stati Uniti e del governo filippino e ha osservato che questo è un percorso di escalation.
Atteggiamento dei filippini e dei Partiti Comunisti
Il popolo filippino ha la posizione maggioritaria di non aderire a nessuna delle due parti della guerra economica; ha già abbastanza problemi per conto suo: povertà, corruzione, debito estero, borghesia compradora, ecc.
Fortunatamente, le Filippine hanno ben due partiti comunisti che perseguono questa aspirazione, ma ognuno a modo suo. Il Partito Comunista delle Filippine (PKP-1930) e il Partito Comunista delle Filippine-Nuovo Esercito Popolare (CPP-NPA) traggono le loro origini da un’unica organizzazione, il Partito Comunista delle Filippine, fondato nel 1930. Il nome di uno dei partiti (PKP-1930) riflette il fatto che è l’unico erede legale del partito originale. Il secondo partito (CPP-NPA) si è separato dal primo nel 1968 a causa della “natura rinnegata e revisionista dei suoi leader”.
Entrambe le parti ritengono che l’attuale governo di Marcos Jr. sia neocoloniale, un governo fantoccio, controllato dagli Stati Uniti e che agisca esclusivamente nel loro interesse, senza prestare attenzione o curarsi dei bisogni della popolazione. L’unica differenza tra le organizzazioni sta nel loro approccio per porre rimedio alla situazione e nel modo in cui combattono.
Ad esempio, il CPP-NPA si posiziona come erede delle idee di Mao (il suo nome era persino presente nel titolo). Seguendo le idee del Grande Timoniere, il partito ha analizzato la situazione e ha scoperto che il Paese aveva “grandi problemi economici e di politica interna, nonché tendenze al deterioramento”. Da ciò concluse che il terreno era fertile per la crescita e l’avanzamento di una rivoluzione democratica popolare attraverso una guerra popolare di lunga durata. Per porre rimedio alla situazione, si propone di iniziare con il rovesciamento delle forze di oppressione imperialista e feudale degli Stati Uniti. Ciò richiede “la continuazione della lotta armata (contro le forze armate statunitensi, i gruppi armati locali)”. Il Nuovo Esercito Popolare, organo militante del partito, ne è responsabile dell’attuazione. Ma questa non è l’unica attività del partito, cerca di diffondere le sue idee anche con metodi legali: sviluppando alleanze tra contadini e operai, creando alleanze con organizzazioni democratiche locali, ecc. Ma la direzione principale dell’applicazione delle forze è la lotta armata.
Quanto è efficace questo percorso? Sarebbe molto presuntuoso pensare che i gruppi di guerriglieri di una nazione insulare possano superare un esercito regolare sostenuto dalla macchina militare statunitense, tanto meno realizzare la rivoluzione. Tuttavia, possono creare problemi all’attuale governo. Come ha dichiarato il Comitato centrale del CPP al congresso del 2023: “il governo guidato da Marcos Jr… è gravemente ostacolato dalle attività armate dell’NPA, non c’è stabilità e non c’è il pieno controllo del territorio. Marcos cerca quindi di tornare ai negoziati per indurre i ribelli a deporre le armi, ma questo piano non funzionerà. Il partito si impegna a guidare la lotta delle forze popolari rivoluzionarie, per farle ulteriormente ‘germogliare’ nelle masse”.
Il PKP-1930 ha scelto una strada completamente diversa: il suo percorso prevede esclusivamente metodi di lotta legali. Il PKP-1930 si affida alla classe operaia delle Filippine, per cui stabilisce una cooperazione con i sindacati, anche in ambito internazionale. Partecipa alle elezioni nominando i propri rappresentanti, utilizzando questo palco per agitare e propagare le proprie idee. Per quanto riguarda la questione del Mar Cinese Meridionale, il partito sostiene una soluzione basata sul concetto di ZES, in conformità con la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, ed è favorevole a una risoluzione pacifica della questione che coinvolga tutte le parti interessate.
Allo stesso tempo, il partito non solo non è al governo, ma non è nemmeno rappresentato in parlamento. In questa situazione, è possibile ottenere un cambiamento di rotta con l’aiuto di appelli e proclami e tenere il Paese lontano dal conflitto emergente tra le superpotenze? Il tempo ce lo dirà… Ma mantenere una posizione di principio, soprattutto in condizioni ostili, è degno di rispetto. Seguire un percorso collaudato è più affidabile che agitarsi, stringere alleanze sconsiderate o sostenere la propria borghesia.
Conclusioni
L’escalation del conflitto tra Cina e Stati Uniti verso una dimensione militare minaccia di coinvolgere nuovi partecipanti in una guerra mondiale. In questo contesto, la disputa territoriale, che è stata relativamente pacifica per diversi decenni, potrebbe diventare un fattore scatenante. E non che questo sia l’unico esito possibile: ad oggi, ci sono due documenti firmati sia dalla RPC che dalle Filippine che dovrebbero contribuire a una risoluzione pacifica della disputa. Si tratta della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 e della “Dichiarazione dell’ASEAN e della Repubblica Popolare Cinese sulla condotta delle parti nell’area del Mar Cinese Meridionale” del 2002. Tuttavia, nella pratica, tali accordi non funzionano bene, soprattutto quando una parte è molto più forte dell’altra. Perché negoziare quando si può prendere con la forza?
Di conseguenza, c’è un altro fronte della guerra imperialista in corso altrove e in arrivo da quelle parti. La disputa territoriale, che avrebbe potuto essere risolta pacificamente, viene sfruttata per il profitto di poche decine di capitalisti: cinesi, americani e filippini. Nulla può scuotere la loro determinazione a costringere milioni di persone a lavorare in condizioni disumane, a lasciarle senza casa e senza cibo e a dare la vita, alla fine, per il capitale di qualcun altro. C’è solo un mezzo per opporsi a loro, solo una cosa che temono: la solidarietà internazionale dei lavoratori.